Assonanze: il racconto di un disco – Delta Kream, The Black Keys, 2021

Sono usciti due grandissimi dischi anche quest’anno. Il primo di Charles Lloyd con Bill Frisel, Tone Poem, 2021; il secondo dei The Black Keys, Delta Kream, sempre 2021, appunto. E sono due dischi che sgorgano dal cuore della musica contemporanea come oro colato – a noi ora interessa il secondo, Delta Kream, ma c’è ne sarebbe un terzo, un tributo ai Grateful Dead della Blue Note che abbiamo però già visto.

Sangue, sudore e lacrime: una storia tutta da sublimare – E qui cominciamo col dire che, come quando la chiacchiera e la diceria, la falsa credenza così osteggiata dalla psichiatria, ma fondamentalmente senza risultati, praticamente, prendono il sopravvento sulla realtà e sui fatti, allora anche io sono un black, e di black music continuerò a parlare; lasciando che la chiacchiera e la diceria vadano avanti da sole per la loro strada deleteria, violenta, ignorante e distruttiva, con chi, rovinato e mobbizzato e condizionato nel suo stesso salotto, e non vi dico da chi o da cosa, non ha i nervi saldi e la testa a posto, ed è disposto a scassarti tipo Taxi Driver ad ogni sua giusta intuizione, paranoia o idea fissa. E di certo poi, per queste sue azioni non finirà in carico ai servizi sociali con tutte le sue premurose e paranoico-schizzinose fobie; e, come dice il poeta … quello si volta ti vede ha paura e …. ma io non posso farci niente. Sono disarmato. Ma tu lascia stare. Lascia che il veleno del sospetto e della paranoia illumini le loro menti. Vedrai che altri daranno addosso a qualche piccola e innocente insofferenza e perderanno di vista tutto il resto, trovandosi vent’anni dopo nella vera miseria della storia per poi patire per sempre il giudizio e il biasimo della storia in persona. E a voi non resterà altro da stringere tra le vostre mani che il cadavere di un uomo maltrattato e il brusio maleducato e volgare della satira, perchè siete comici fondamentalmente, pacchiana di una situazione kafkiana. Son pensieri difficili da sopportare ma pare che oltre il fondo delle bottiglie di whiskey, la vita sia proprio questa. Anche se per me una volta la vita era e doveva essere altrove.

Si son fatti largo a suon di bombe e prigionieri. E impareranno anche loro a non farsi travolgere dalle loro paure. La pagliuzza e l’elefante; la cruna dell’ago: io comincerei a crederci davvero. Il Cristianesimo è una storia di successo, d’altronde. E come il tipo-uomo rimbumbumbambito, possiamo solo continuare a subire fino al giorno della nostra morte dettata da un sistema formalmente gonzo – amen.

Troppo Burroughs, troppo Joyce, un po’ di Shakespeare, tra le lacrime di Danimarca: si che lo so che lo stile scelto per questa narrazione non vi piace e vi preoccupa, vi da da pensare. E adesso cheffate, oh patrioti, mi uccidete o me lo mettete nel naso? Comunque sia, se non tutto giusto, niente era sbagliato, proseguendo col poeta, e questo è il nucleo tematico principale delle belle canzoni che andiamo ora a illustrare.

Delta Kream è infatti un disco innanzitutto in cui riconoscersi e in cui sono riconoscibili le nostre radici musicali; e in cui, anche, far risuonare l’eleganza di una ricostruzione archeologica delle radici dei suoni delle nostre musiche preferite, che languono sopite sopra ogni nostra lacrima pianta al cielo e al vento dei destini cospiratori e invadenti; suoni delle musiche subliminali di ogni nostra tristezza, quando chiusi nello sgabbuzzo siamo in attesa di cominciare a servire – sotto con la musica, allora.

Queste le tracce, quindi, e i loro compositori, così come c’è li consegna wikipedia: Crawling Kingsnake, John Lee Hooker, Bernard Besman; Louise, Mississippi Fred McDowell; Poor Boy A Long Way From Home, R. L. Burnside; Stay All Night, Junior Kimbrough; Going Down South, R. L. Burnside; Coal Black Mattie, Ranie Burnette; Do The Romp, Junior Kimbrough; Sad Days, Lonely Nights, Junior Kimbrough; Walk With Me, Junior Kimbrough; Mellow Peaches, Big Joe Williams; Come On And Go With Me, Junior Kimbrough. Digital bonus track: Crawling Kingsnake (edit), John Lee Hooker, Bernard Besman.

Il Delta Blues, la cui prima incisione del 1920 è però di Chicago, da cui il blues storico di Chicago trae le sue radici occulte, raccoglie l’eredità folk orale delle comunità afro-americane del Delta del Mississippi. È musica del Sud degli Stati Uniti d’America. Da qui i Cream hanno tratto i primi movimenti dell’Hard Rock.

Senza fare a pugni, questo disco dei The Black Keys, tra l’altro un duo di chitarra/voce e batteria, potrebbe essere il disco dell’anno per l’encomiabile calco di storiografia della musica, per aver ricostruito con successo e grazia il percorso sonoro che dalla tradizione afro-americana porta dritto dritto ai giorni nostri e felici. È un disco da ascoltare per valutare l’attualità di certe posture culturali e antiche che parlano il linguaggio del mainstream culturale-musicale contemporaneo. È in una parola un disco da favola. E la favola è quella della tradizione e delle sue innumerevoli metamorfosi. C’è tutto il tempo per pensarci sopra. Ma questa è roba solo da ascoltare.

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