Corriere dello Spettacolo

Don Juan in Soho al teatro Bellini di Napoli con un Daniele Russo in splendida forma

Dal 20 ottobre al 7 novembre 2021

Gabriele Russo firma l’allestimento di Don Juan in Soho, la commedia in cui Patrick Marber (candidato all’Oscar per la sceneggiatura di Closer ), partendo dal Don Giovanni di Moliere, racconta le vicende dello spregiudicato DJ, (interpretato da Daniele Russo) un Don Giovanni contemporaneo, antieroe fascinoso, amorale e ambiguo, ma al tempo stesso sfacciatamente autentico, che si muove tra le mille luci di Soho, il quartiere della trasgressione londinese. Intorno a lui, ruotano un caleidoscopio di tipi umani: l’escort, l’arrivista, la radical chic e una Elvira attivista ecologista, impegnata nella difesa di un ecosistema sostenibile, che il regista immagina come una Carola Rakete dei nostri giorni.

Nonostante quasi 16 mesi di chiusura dei teatri di tutto il mondo, Daniele Russo è in più forma che mai ed è perfetto nei panni del Don Giovanni. La figura è nota a tutti: un uomo avido ed avaro, nichilista, egocentrico e pieno di se, cosi occupato a cercare il proprio piacere, prendendo dagli altri, in questo caso dalle altre, centinaia e centinaia di ragazze che si innamorano di lui e cadono ai suoi piedi, coscienti di essere vittime del proprio “carnefice” ma è ugualmente un piacere troppo grande per rinunciarvi.

In tutto questo Don Juan non riesce a trovare la sua redenzione, incapace di chiedere scusa perché intento a burlarsi del prossimo quasi a sembrare che più che il piacere fisico della carne, egli cerchi un piacere quasi ai limiti del masochismo di ferire gli altri.  L’uomo ferisce il padre, la neomoglie e i parenti di lei e persino il suo fedele servo ma questo non lo scalfisce affatto, anzi di scena in scena vediamo alimentare il suo lato masochista come in un vortice di emozioni che vanno a costruire un climax crescente …

Di certo il Don Giovanni cerca e sceglie le sue vittime con accurata cura, trovando persone deboli e che in qualche modo sono assoggettate a lui e per un motivo o per un altro non si possono ribellare al padrone.  Juan riesce a creare una rete di dipendenza e la sfrutta a suo favore, sposando una donna che prima di conoscerlo era vergine e questa lo fa legare in maniera maniacale a lui e per questo la donna ne muore alla coscienza dei ripetuti tradimenti del marito, il padre invece è mosso dai sensi di colpa per come è venuto su il figlio, mentre l’assistente ha una dipendenza di tipo economico.

Don Juan tratta le donne come oggetti, cosi come quando a inizio spettacolo ironizza sul fatto che le “manca” una donna eschimese da aggiungere alla sua lista di conquiste ed è anche disposto a partire l’indomani per soddisfare il suo capriccio, va spesso con prostitute e inganna le donne per portarle a letto millantando amore come forse sanno fare solo i poeti, tradisce e fa tradire e niente sembra poterlo fermare, forse.

Don Juan usa sfrutta la sua indubbia bellezza, la prestanza fisica e l’arma più potente che ha a disposizione ossia il suo corpo per avere tutto ciò che vuole e non si parla solo di donne, ma il discorso va ben oltre: distruggere i sentimenti altrui per averne un piacere, quasi orgiastico. Non sembra conoscere coscienza anche e persino quando viene messo alle strette.

 Alla fine tutto questo a cosa porta? Da nessuna parte se non si decide di redimere la propria anima e chiedere scusa a chi si è ferito e difficilmente una persona piena di sé avrà il coraggio di chiedere scusa. Se non si impara questo, non ci sarà mai nulla di buono attorno a sé ma si raccoglierà sempre e soltanto tempesta.

Marco Assante

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