Firenze, 26 ottobre 2021 – Mercoledì 27 ottobre ore 20, il maestro Zubin Mehta e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dopo il penultimo concerto del “Ciclo Beethoven” del 15 ottobre 2021, di nuovo sul palcoscenico del Teatro del Maggio, per un appuntamento particolare: la Sinfonia in do maggiore D. 944, Die Grosse, di Franz Schubert, spiegata al pubblico.
Il maestro Mehta, direttore onorario a vita del Maggio, uno dei più acclamati della scena mondiale e fra i più importanti interpreti di Schubert, sarà sul podio per condividere con gli spettatori i dettagli di quella che è considerata una delle più belle composizioni sinfoniche del compositore austriaco. Per il pubblico dunque un’occasione doppiamente speciale: in primo luogo per poter assistere, in modo diverso dal solito, al lavoro svolto da Zubin Mehta alla guida della sua Orchestra e poi per poter ascoltare la spiegazione di quello che è senza dubbio una delle più importanti composizioni del repertorio di Schubert e del repertorio romantico in generale. La sinfonia Die Grosse è inoltre prevista nella prima tappa dell’imminente tournée europea del Maggio che partirà il 30 ottobre da Amburgo per poi concludersi il 7 novembre a Dortmund.
I prezzi dei posti disponibili partono dai 15 € (con visibilità limitata), galleria 20 €, palchi A e B: 25 € 45 €, ai quattro settori della platea: Platea4: 25 € – Platea3: 30 €- Platea2: 45 € – Platea1: 60 €
Sinfonia n. 9 in do maggiore “La grande”
Che Schubert desiderasse cimentarsi con un lavoro sinfonico di grande respiro – alla maniera di Beethoven per intendersi – era cosa risaputa. Dopo le sinfonie composte in gioventù, una sorta di apprendistato nel genere strumentale più alto, Schubert si sente pronto per una sinfonia in grande stile e nel 1828 firma la Sinfonia in do maggiore detta, appunto, La grande. Offerta alla Società degli amici della musica di Vienna, la nuova composizione sarebbe stata eseguita ufficialmente in quello stesso anno se la complessità e la lunghezza di alcuni passaggi non avessero spaventato l’orchestra che, giudicandola troppo difficile, si rifiutò di eseguirla. La sinfonia venne così rimandata al mittente, che la ripose, come già accaduto per altri suoi preziosi gioielli musicali, in un cassetto. Solo anni dopo la morte di Schubert, Robert Schumann la scoprì per caso durante una visita al fratello del musicista scomparso e si prodigò per inviarla a Mendelssohn a Lipsia, dove quel capolavoro fino ad allora sconosciuto riacquistò nuova vita nella prima esecuzione del 1839. La Sinfonia n. 9 in do maggiore deve il suo appellativo non solo all’ampliamento dell’organico, con tre tromboni aggiunti, ma anche al linguaggio già teso verso soluzioni tardo romantiche. Pur attenendosi alle regole costruttive classiche, Schubert ne modifica gli equilibri interni smorzando la contrapposizione tematica classica in favore di una continua espansione dei materiali melodici impiegati, secondo una logica narrativa interna alla composizione dilatata e digressiva, definita da Schumann ‘divina lunghezza’.