Quotidiano di Cultura diretto e fondato da Stefano Duranti Poccetti nel 2011

Assonanze: racconti musicali di musica dal vivo – la Quarta Sinfonia di Beethoven

Data:

La Quarta Sinfonia di Beethoven, Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, Auditorium di Milano, Largo Mahler, 18-19-21 Novembre 2021

Diciamo più che altro che questo è un discorso a cui mi lascio andare volentieri, un racconto musicale ispirato dall’ascolto che faccio senza problemi.

La colonna sonora di Fight Club è una vera figata. Ma ormai è tardi. Avrei dovuto pensarci prima. C’è Booty Swing, da un po’ di tempo, Cinnamon Girl di Neil Young nella versione dei Loop, The American Metaphysical Circus, dei The United States Of America….Broken Face, Pixies! Ed è anche uscito il nuovo disco di Tori Amos.

Prima di uscire ascolto Clothes Line Saga da The Basement Tapes, un album di Bob Dylan. Anche Brian Ferry ha fatto un disco di covers di Bob Dylan, nel 2007, Dylanesque. Ma mentre ascolto Clothes Line Saga da The Basement Tapes e guardo la copertina del disco, mi appare Syd Barrett a Cambridge quasi come in un sogno, come una presenza solida, soddisfatta, compatta. E non ho ancora smesso di farmi domande a riguardo. Syd Barrett era lì e non riuscivo a capire perchè. Nel complesso il disco è molto bello, ma pare che sia postdatato. E noi ora ci occuperemo di musica classica.

Questa è la Quarta Sinfonia di Ludovico van Beethoven. E parafrasando Schumann, citando un adagio storico, ma conseguente, entra in scena la donzelletta che vien dalla campagna.

La composizione non è uno scherzo, in tutti i sensi; anche se da sempre viene un po’ ridimensionata e ripensata nel suo andamento poetico/naturalistico, felice e sereno, che verrà reso trionfale col senso della VI (in programma nella seconda parte della stagione, presentata in presenza dell’Assessore Alla Cultura Di Milano il 16 Novembre 2021).

Potrebbe essere il sabato del villaggio, dicevamo, sulle note di una solenne spensieratezza. Ma è un adagio innamorato, il racconto musicale di questa sinfonia. Detto che Leopardi era un eccentrico tanto quanto Beethoven e nella stessa misura in cui come D’Annunzio tenderà poi verso un’ipotesi, una soluzione finale trascendentale, anche se non immateriale.

La Sinfonia, ad ogni modo ha uno slancio verso gli affetti, innanzitutto, è molto mondana, pagana, si potrebbe dire. Vive nell’attesa e nel desiderio dell’incontro di due corpi e nel suo ricordo si prostra a immagini felici, ai momenti cari degli affetti personali da almanacco. Ma d’altra parte è così sul serio. Non poteva che essere così. Se la musica non raggiunge nessuno, muore lei, lo spartito e tutto quello che c’è dentro, che ci racconta. Muoiono i personaggi. E il killer è sempre lo stesso: lo spettatore che sale sul palco e ne decreta la fine indelebile – o il successo sacro.

La Quarta Sinfonia di Beethoven, diretta da Xian Zhang, Direttore Emerito dell’Orchestra Verdi di cui è stata Direttore Musicale dal 2009 al 2016, è un momento grazioso nella vasta e celebrata produzione musicale di Ludwig van Beethoven. Parlandone mi viene in mente Anyone’s Daughter, Deep Purple, Fireball. Che pezzo è Anyone’s Daughter? E che album non è Fireball ? (coi Deep Purple eseguiti all’interno di un programma speciale del cartellone dell”Orchestra Verdi, sempre nella seconda parte del programma annuale, stagionale).

Come in un ripensamento distratto e involontario, mi dico che dei Deep Purple è uscito un nuovo disco, un disco di covers, ma lo abbiamo comunque già detto. E che in scaletta c’è un pezzo dei Cream anche. È che poi mi parte un flash su Black Satin di Miles Davis e mi scappa di distrarmi ancora una volta. E subito dopo ci sono i Camel, Live at Coston Hall, e poi Atlantic City. E questi erano i miei pensieri, i miei ritornelli; quelli di tutte le mie false partenze, di quando ogni giorno mi dicevo che oggi avrei capito tutto. Ma ho ancora bisogno di ripetizioni, invece. E che qualcuno mi aiuti, pliz. Adesso l’Audi si compra tutto il gruppo McLaren. Gesù quanto tempo passa troppo in fretta. Erano Prost e Mansell i miei preferiti. Ora sono grande. Moody River. Vado ai concerti di musica classica. Holidays In The Sun: quante cose sono importanti oggi come allora. E penso: che ne sarà di tutte le gioconde minchiate di questo nostro astuto presente tra oltre trent’anni. Boh. Magari sono io a sbagliarmi. Ma poi c’è Paranoid Android, nella versione di Brad Mehldau, del 2002, su Largo, che ci introduce per impareggiabile grandezza all’encomiabile For All I Care dei The Bad Plus del 2008 (la Verdi ha in programma i Metallica, quest’anno) e tutto comincia ad assumere un senso di tranquilla e precisa contiguità. La quarta di Beethoven – Love Letters In The Sand, Pat Boone. Proviamoci mi ripeto, alla fine.

Se non sbaglio, all’Auditorium quest’anno in programma ci sono anche la III, la V e la VI, sempre di Beethoven, sempre nel corso della seconda parte della stagione, in un florilegio napoleonico quasi senza freni; ma è proprio questa, la IV, una partitura musicale contemporanea alla caduta del Sacro Romano Impero dopo quasi mille anni. È l’apogeo napoleonico, appunto. I francesi sono sul confine tedesco. L’andamento è cadenzato. Il principio è scuro. Non tira una buona aria. Comunque l’evento è funesto. L’attesa, in qualche misura l’ansia, al di là del sentimento d’amore dell’autore intingono gli argini di apertura con un’infinitesimale attenzione ai tempi storici e in contrapposizione con la compattezza del già accaduto della sinfonia successiva, la quinta: una devota colonna di accoglienza.

Oltre a Beethoven le tre serate del 18, del 19, del 21 novembre 2021, propongono di William Grant Still, Mother and Child; di Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges, Concerto per violino e orchestra n. 1 in Do maggiore op. 5; e di Ludwig van Beethoven, appunto, la Sinfonia n. 4 in Si bemolle maggiore op. 60, eseguite dall’ Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, con Marc Bouchkov al Violino, e Zhang Xian Direttore, nel tentativo di mettere, all’Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, in contatto due mondi lontani dal consueto euro-centrismo: quello di William Grant Still musicista afroamericano e “decano della sua generazione”, attivo nell’America di Bernstein e Gershwin, e Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges. Quest’ultimo era originario delle Antille francesi ed era giunto a Parigi in giovane età. Abile fiorettista, musicista di grandissimo valore, soprannominato il “Mozart nero” per la carnagione mulatta, Boulogne si distinse per lo straordinario valore musicale nella Parigi della seconda metà del Settecento – e tra un dubbio, un ripensamento e l’altro, finisce quà questa nostra prima puntata con la musica classica.

Un giorno vi parleremo di The Last Comic Book On The Left, robaccia splatter, underground, ma forse oggi si dice borderline, tratto da The Last Podcast On The Left (Last Podcast Network) e di Alice In Sunderland (il sublime), e dei Playmobil Ghostbusters, anche se non ho alcun dubbio che sarebbe più interessante un discorso sulla produzione in programma per la Apple da parte di Martin Scorsese sui Grateful Dead, o uno sulla cover degli Acoustic Syndicate di un pezzo dei Velvet Underground, memore del celebre Picking On Pink Floyd. Boh…. comunque si vedrà. Cominciamo a vederci un altro concerto di classica e a seguire le nuove direzioni di alcuni dei nostri nuovi pensieri musicali.

In chiusura la Sinfonia si compie in tempi di Romanticismo pieno. La struttura non ammicca minimamente alla statica serenità neoclassica, ma a uno stato sereno derivato per contrappunti dinamici, per chiaroscuri, e per l’ottemperante audacia ondivaga dei movimenti in costante dialogo reciproco.

Si parla molto dell’innamoramento dell’artista. Ma è l’Europa che si apre a una nuova storia. È solo l’inizio. Il racconto sembra quasi introduttivo. La contiguità con la quinta fa da corridoio, le da un senso nuovo. È l’inizio dell’amore di una nuova storia per l’Europa scritto di getto mentre lavorava alla quinta. E la felice discrezione di questo prodotto si coglie negli applausi che sfumano la serata.

È il 1806. Beethoven si innamora di una nuova epoca storica. Cade il Primo Reich. Queste sono le sue prime impressioni: l’attesa e il fermento. L’attesa o l’esitazione caratterizzano l’apertura del brano. Che però si lascia subito andare in un battente abbraccio orchestrale. Ed è subito fermento. Il primo movimento è bellissimo. È felicissimo. Si apre quasi subito e in qualche misura ti apre. Apre al secondo più riflessivo, discorsivo e molto meno emozionale.

La Sinfonia è stata composta nell’estate del 1806. Quando Napoleone esplode in tutta la sua grandezza. E quando Beethoven si innamora. Sono questi allora due momenti concomitanti le cui emozioni si accavallano. Diventano personali ed espressioni del sentire di una nazione. Il quarto movimento è un tripudio emozionante. La Quarta Sinfonia di Beethoven è davvero un gioiellino parecchio sgargiante e ambizioso.

Fonte: Ufficio Stampa e sito internet dell’Orchestra Verdi.
Foto a cura di Angelica Concari.

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