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ANALISI PSICO-LETTERARIA DI 4 DONNE PER “INTELLETTO D’AMORE” CON LA COSTA AL VITTORIA

Data:

Dal 30 novembre al 5 dicembre 2021 al Teatro Vittoria di Roma

Non poteva mancare sul finire dell’anno dantesco in occasione del settecentesimo anniversario della sua morte la messa a fuoco delle sue opere principali da parte d’una stupenda attrice, madre di tre figlie ed a cui il passare degli anni non sembra togliere la voglia di recitare e la brillante lucidità mentale, qual è Lella Costa che con Gabriele Vacis ha scritto un bellissimo testo “ Intelletto d’amore” in cui compie una valorizzazione critica della “Vita Nova” e del capolavoro teologico – filosofico “ La Divina Commedia”, così definita dal Boccaccio e che dalla maggior parte degli studiosi è considerata la massima OPERA DELLA Letteratura Italiana. Partendo dal prosimetro della prima composizione ricorda l’incontro con Beatrice Portinari nella chiesa di San Rocco che fu per lui una celestiale folgorazione che l’avrebbe segnato per tutta la vita e che fu per lui l’ispirazione fondamentale, fino a diventare la prima guida nel Paradiso mandata da Santa Lucia simbolo della luce divina che celebreremo lunedì da quando le giornate cominciano a riallungarsi. Dopo 9 anni lui la rivide in un cerchio di amiche e lei non ricambiò il suo saluto pensando che l’avesse dimenticata ed invece non era così e nemmeno lo fu quando ella ancora giovane morì, restituendo pace alla moglie Gemma Donati appartenente a quella famiglia che con i Cerchi era alla testa dei Guelfi bianchi e questo costò a Dante l’esilio con l’accusa di baratteria nel 1302 al ritorno da Roma dove era stato in ambasceria dal Papa. Meravigliosa è la scioltezza linguistica, il didascalico e garbato monologare della protagonista che con notevole e vivace brio si sposta tra i dieci leggii luminosi, impostando il suo recital sull’esporre prima le delicate situazioni ed i differenti tratti psicologici con i dati anagrafici dei personaggi e quindi leggere i vari canti. Si sofferma per maggior tempo sul V Canto dell’Inferno con i lussuriosi Paolo e Francesca che preferisce farsi chiamare da Rimini e non da Ravenna in quanto la promessa degli sponsali allora equivaleva al matrimonio, precisando che avrebbe scelto l’amante come coniuge se l’avesse incontrato prima dello storpio e deforme Gianciotto implacabile nella sua vendetta e perciò l’attende la zona Caina dei traditori. Altri canti della dannazione elaborati dalla Costa sono il XVIII ed il XXVI in cui esamina nel primo la figura di Taide che era un’etera, nella classicità il mondo delle prostitute come ce le presenta la commedia “nea” di Menandro ed ora assimilabile alle “geisha” nipponiche, che difese un’ancella mandatale dall’aristocratico Trasone per ingraziarsela e sottrarla ad un eunuco di diverso padrone che dà il titolo ad una commedia socio – psichica di Terenzio. Ne fa un quadro esemplare e spiega che questo fu il canto che una dotta supplente di Lettere le fece gustare pienamente con perspicace ingegno accentuato dalla suscitata passione per l’universo dantesco, mentre il ritorno della docente titolare riportò la tediosa noia della retorica lettura di rito. Nel Canto di Ulisse sottolinea la fedeltà matrimoniale della moglie Penelope che con furbizia tenne testa all’insidie dei Proci, che in seguito al rientro ad Itaca il prode Nessuno annientò prima di ripartire nella versione del padre della lingua italiana per lo spirito di scoperta ed incremento del proprio sapere che deve caratterizzare l’individuo non destinato a viver come bruto bensì per seguire virtute e conoscenza secondo il motto socratico “ sappi di non sapere”. L’individuo, però, non è soltanto ragione, ma pure cuore che è il muscolo che insieme al cervello lo fa vivere e palpitare con emozioni e sensazioni forti e pertanto la straordinaria Lella Costa trascina all’entusiasmo la sala, sottolineato da applausi a scena aperta, raccomandando ai giovani ed al pubblico in generale di non dimenticare la forza vitale del primo amore, che non si scorda mai in base ad un famoso motivo canoro e viene affermato esaurientemente dalla produzione letteraria di J. Conrad ed Elsa Morante. La “Star” meneghina del palcoscenico a tal proposito chiede quanti abbiano sposato il primo amore che ha schiuso un’esistenza gioiosa e felice, tuttavia solo poche mani si sono alzate e ciò vuol significare che molti hanno preferito fare tutte l’esperienze possibili ed avere un più ampio orizzonte di cuori infranti su cui scegliere. Veramente una gradita chicca per terminare alla grande la rievocazione dell’incomparabile genio glottologico ed umanistico nazionale curata con perfetta dottrina dallo stesso Vacis nei panni del regista, mentre l’incantevole scenografia fonica e luminosa è stata realizzata da Roberto Tarasco.

Giancarlo Lungarini

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