Corriere dello Spettacolo

“L’ultimo desiderio” di Pietro Favari (terza puntata)

A voi la terza puntata del romanzo di Pietro Favari.

TERZA PUNTATA

12

Suo padre ormai aveva abbondantemente oltrepassato i limiti. Sfacciatamente, cinicamente. Sponsorizzare una trasmissione del genere di L’ultimo desiderio era davvero di cattivo gusto, ma con suo padre Pierfrancesco – lui Diego lo sapeva già – non c’era niente da fare, soprattutto quando il padre si metteva in testa una cosa.

Pierfrancesco Aver negli affari era stato abile, quello non si poteva obiettare. Cominciando da una piccola e malvista agenzia funebre aveva creato un impero, del quale lui, suo figlio Diego, non aveva mai voluto interessarsi.

Da bambino lo chiamavano tutti “il figlio del cassamortaro”, e la gente lo trattava come se intorno a lui aleggiasse qualcosa di nefasto. Al suo passaggio in molti facevano perfino le corna di nascosto, il cui segnale inequivocabile era quando si infilavano prontamente la mano in tasca. Lui abbassava la testa, evitando perfino di salutare. Quella gente aveva ragione.

Fino all’adolescenza i complessi e la vergogna non gli avevano dato tregua, poi un bel giorno scomparvero: aveva deciso che non sarebbe stato “il figlio del cassamortaro” per sempre. Finalmente aveva diciotto anni e un diploma, due cose sufficienti a riempire un trolley e scappare da un destino già segnato. Di diventare prima il rampollo e poi l’erede di una famiglia di cassamortari non se ne parlava proprio.

Qualsiasi posto andava bene pur di non sentir più parlare di casse, sepolture e cremazioni. E il fatto che quando era piccolo e andava in ufficio con i suoi lo mettessero addirittura a dormire nelle bare era qualcosa che prima o poi gli avrebbe fatto pagare. Lui dopo aver fatto i compiti crollava dal sonno, e i suoi erano talmente avvezzi alle casse che per loro un letto e una cassa erano la stessa cosa. A ripensarci oggi gli veniva da ridere, ma allora era un bambino, e ci voleva un po’ di riguardo nei suoi confronti.

Diego Aver se n’era andato a Londra, dove aveva frequentato l’università e si era laureato in discipline motorie ed educazione fisica. Tutto con le sue sole forze, lavorando come cameriere nei pub e facendo servizi fotografici per qualche agenzia di moda. I soldi della sua famiglia non li voleva: era immorale campare sul dolore altrui.

A venticinque anni aveva un fisico invidiabile, scolpito da ore di allenamento intenso. Grazie alla conoscenza teorica sapeva come ottenere il massimo dal suo corpo e dai suoi muscoli, e come farlo lavorare al meglio per garantirsi il risultato giusto. Un corpo perfetto, bello, sano ed efficiente, si contrapponeva perfettamente alla morte. Lo si poteva ammirare, ed era impensabile che si deteriorasse. Un corpo come il suo poteva sembrare immortale, al pari di un’antica statua greca o romana.

Fino a quel momento era andato tutto bene, ma adesso anche a Londra cominciavano a chiedergli se fosse un parente di quell’Aver. La fama di suo padre aveva varcato i confini. Pierfrancesco non si limitava a costruire bare e a fornire i servizi funebri di rito, ma aveva fatto della morte una vera industria a livello internazionale.

La Momentum Supremum acquistava pezzi di terreno per farci cimiteri privati, dove era possibile seppellire i propri cari evitando l’assillo delle pratiche burocratiche. Piccoli cimiteri dalla capienza minima di due posti a quella massima di cinquanta posti, che la gente era disposta a pagare a caro prezzo. Nei cimiteri della Momentum Supremum le luci non si spegnevano mai, e nessuno rischiava di essere spostato e buttato chissà dove. Agli ospiti era garantito il sonno eterno senza essere disturbati, e le loro famiglie avevano la chiave dei cancelli per potersi recare a casa dei loro cari estinti a qualsiasi ora volevano, senza limiti di orario e di tempo. I fiori crescevano direttamente nelle aiuole, curatissimi, ed erano sempre pronti per essere raccolti e posati sulla tomba.

Ogni cimitero era dotato di uno spazio di ritrovo arredato lussuosamente e perfino allegro, dove i parenti potevano riunirsi per festeggiare i compleanni di chi non c’era più, oltre ad altre ricorrenze significative. Nei cimiteri della Momentum Supremum si accorciavano le distanze tra chi era rimasto sulla terra e chi era andato altrove. Vivi e morti così si avvicinavano, e quelli non dovevano sembrare cimiteri, ma solo sale d’attesa dove si aveva la sensazione che il caro estinto fosse ancora vivo e che tornasse da un momento all’altro.

I Waiting Points della Momentum Supremum erano diventati famosi in tutto il mondo. Pierfrancesco Aver li aveva disseminati ovunque, finché la politica e la mafia non avevano cominciato a reclamare la loro parte, la prima frapponendogli ostacoli burocratici insormontabili, e la seconda danneggiando alcuni spazi. Lui non si era dato per vinto e aveva chiesto l’intervento del Papa, la cui intercessione aveva sistemato tutto. Un mese dopo la Momentum Supremum era quotata in borsa, ed era la prima volta nella storia che un’impresa funebre diventava una società per azioni.

Dopo i punti d’attesa Pierfrancesco Aver aveva avuto un’altra idea: i “Punti di genere”. Negli Specific Points erano raggruppate, sempre alla debita distanza, persone che erano decedute per lo stesso motivo, cosicché i parenti più prossimi formassero una sorta di gruppo terapeutico con il supporto di uno psicologo.

I premi e i riconoscimenti alla carriera si sprecavano. La Momentum Supremum non era solo un’azienda leader, ma l’azienda che aveva trasformato la morte in un prolungamento della vita, quasi che ne fosse una banale appendice. Pierfrancesco Aver aveva capito qual era l’aspetto fondamentale di tutta la faccenda. Se la principale causa di dolore quando si verificava una perdita era il distacco bastava accorciare la distanza per affievolire il dolore, e diluirlo con quello altrui. Gli Waiting Points e gli Specific Points si erano rivelate scelte azzeccate che riuscivano perfettamente nell’intento.

13

Diego si svegliò con fatica. Cercò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano come incollate alle pupille. Si sfregò il viso con le mani ma si accorse di essere ammanettato.

<<E’ un incubo. Sono ancora addormentato>> pensò.

<<La sera precedente devo aver bevuto troppo>>.

Provò a muovere le mani ma inutilmente. Si svegliò del tutto e vide di aver davvero i polsi imprigionati.

Si guardò intorno, sconvolto. Era seduto in un piccolo aereo.

Urlò. <<Chi mi ha fatto questo scherzo! Liberatemi subito!>>.

Si aprì la porta della cabina e uscirono due uomini.

<<Sono due poliziotti>> pensò Diego. <<Uno è bianco e l’altro è nero. Come nei film americani, per far vedere che la polizia non è razzista. Chissà se uno fa il buono e l’altro il cattivo…>>.

<<Siete poliziotti? Che ho fatto? O piuttosto siete due rapitori!>> chiese Diego spaventato.

<<Né l’uno né l’altro>> disse il nero. <<Siamo i tuoi angeli custodi e ti stiamo portando da tua madre…>>.

<<Mia madre è morta nel darmi alla luce! Volete farmi credere che sono morto anch’io?>> proruppe Diego.

<<Tu non sei morto ma anche tua madre è viva. Quando hanno divorziato tuo padre ha fatto credere che lei era morta. Invece è una grande scrittrice e vuole abbracciarti. Io mi chiamo Steve>> disse il bianco.

<<E io Virdiam>> aggiunse il nero.

<<E io sono Diego. Ora che abbiamo fatto le presentazioni mi liberate e mi dite dove stiamo andando?>>.

Virdiam liberò dalle manette Diego, che si massaggiò i polsi.

<<Te le abbiamo messe per farti stare tranquillo, perché non volevi salire sull’aereo>> spiegò il nero. <<Stiamo andando nella campagna inglese, dove vive tua madre. E’ una scrittrice famosa>>.

<<Famosa e ricca. Anche perché paga poco i suoi collaboratori>> aggiunse il bianco. <<E questo è il suo aereo privato>>.

<<Mia madre è inglese?>>.

<<No. Ma vuol far credere di essere imparentata con la famiglia reale>> rivelò Virdiam.

<<Gliel’ho suggerito io. Gratis>> chiarì Steve.

L’aereo incominciò l’atterraggio su un ampio prato davanti a una sontuosa villa. Diego era emozionato dall’idea di conoscere finalmente la madre creduta morta.

Anche Rosalynde – nome d’arte – era emozionata mentre aspettava Diego. Aveva sempre seguito la vita del figlio, ma da lontano. Non voleva rischiare l’ingerenza di Pierfrancesco e delle sue casse da morto.

Diego scese dall’aereo e subito fu abbracciato da una signora matura ma ancora attraente che lo avvolse tra le braccia stringendolo forte e lo inumidì di lacrime.

Diego non sapeva cosa fare. Rispose all’abbraccio ma non riusciva a credere che quella donna fosse davvero sua madre.

Rosalynde fece entrare Diego e gli mostrò la villa.

<<Figlio adorato! Tu non sai nulla di me ma io invece ti ho frequentato da lontano ma sempre! Ora anche tu imparerai a conoscermi. Ti costringerò anche a leggere i miei libri. So che non ne hai letto neanche uno… Ti interrogherò>>.

<<Ti interrogo io invece! Perché sei sparita e non ti sei mai fatta viva in tutti questi anni? Ho davvero creduto che tu fossi morta…>>.

Diego era indeciso se liberare le sue emozioni e amare la madre che gli era mancata in tutti quegli anni oppure odiarla per quella mancanza, per lui così dolorosa.

<<Perché mi hai abbandonato appena nato? Perché mi hai fatto credere di essere morta di parto? Sono cresciuto con il senso di colpa di averti uccisa con la mia nascita!>>.

Rosalynde era commossa. Forse ci poteva venir fuori un altro romanzo. Molto bello e commovente. E molto redditizio. I suoi lettori, ma soprattutto le sue lettrici, tutti commossi dal fatto che lei avesse dovuto rinunciare a vivere le emozioni offerte dalla pienezza della sua maternità.

Roba forte. Roba degna di una tragedia greca. Una madre costretta a fingere con suo figlio di essere morta!

Pensava già di parlarne con Steve, il suo ghost writer.

<<Caro, è colpa di tuo padre. Sono stata ricattata da lui! E dalle sue casse da morto. Ha dimostrato di voler più bene a loro che a noi due! Se fossi rimasta con lui avrei dovuto rinunciare a scrivere romanzi e mi avrebbe costretto a occuparmi della sua amata azienda, mortifera quanto redditizia.

<<Ho deciso di lasciare che fossi tu, da grande, a scegliere liberamente cosa fare della tua vita.

<<Ho capito che hai altre volontà e non vuoi fare il cassamortaro. Così ora è venuto il tempo di rivelarmi e di aiutarti a diventare un uomo libero.

<<Per giunta ho un’altra grande notizia da darti…>>.

Sempre più frastornato, Diego chiese quale fosse l’altra novità.

<<Oggi non hai trovato solo una madre, ma anche una sorella!

<<Non è mia figlia. Tuo padre non sa niente di lei. Ha messo incinta una donna africana. Io l’ho saputo da suore italiane missionarie che mi hanno scritto un telegramma. La madre è morta. Dobbiamo cercare tua sorella…>>.

Un altro bel romanzo.

Doveva proprio parlarne con Steve!

14

Entra in trasmissione il primo concorrente di L’ultimo desiderio: un uomo qualsiasi, un Signor Ognuno come i protagonisti dei morality play medievali.

<<Buonasera>>.

<<Buonasera a lei>>.

Sullo schermo vengono proiettati radiografie ed elettrocardiogrammi del concorrente.

<<Ecco la regia che intanto manda in onda i referti medici del nostro concorrente. Quanti mesi di vita le hanno diagnosticato?>>.

<<Non più di cinque o sei>>-

Entusiasmo di Eva. <<Cinque o sei! Pensate, il nostro primo concorrente non sarà in grado neppure di assistere all’ultima puntata della nostra trasmissione, che ci auguriamo – non se ne abbia a male il nostro amico – avrà una vita più lunga della sua. Un bell’applauso per il nostro concorrente!>>.

Applausi.

<<Grazie>>.

<<Cosa si prova a sapere di avere ancora pochi mesi di vita?>>.

<<Mah, non saprei… Un certo risentimento per quelli che restano, timore per quello che devo affrontare, rimpianto perché non posso più fare progetti per l’avvenire>>.

Interviene Eva.

<<Però questo, mi consenta, è anche un bel sollievo: niente più angosce per il futuro. A lei che importa dell’effetto serra o del buco nell’ozono, se la Borsa sale o scende, della crisi economica, di chi vincerà il campionato? Tutte preoccupazioni che lascia a noi. Su con la vita!>>.

Applausi.

<<E ora ci dica la materia per cui si presenta>>.

<<Le ultime parole famose>>.

<<Benissimo, un’ottima scelta: le frasi che personaggi illustri hanno pronunciato in punto di morte. E lei ha già pensato alle sue ultime parole?>>.

<<Veramente ancora no>>.

<<E invece ci deve pensare, perché sono sicura che anche lei diventerà famoso con la nostra trasmissione. Nel caso le posso consigliare di pronunciare in punto di morte questa frase: “Voglio essere seppellito in una bara Momentum Supremum!”. Ma incominciamo con la prima domanda>>.

Eva apre una busta. Il concorrente entra in una cabina a forma di bara trasparente accompagnato da una valletta.

<<E’ pronto per la prima domanda?>>.

<<Sì>>.

<<Faccia attenzione. Chi disse in punto di morte: “Monsieur, vogliate scusarmi. Non l’ho fatto apposta” e perché?>>.

<<Maria Antonietta, dopo aver pestato un piede al suo boia>>.

<<Esatto!>>.

Applausi.

<<Una vera signora, Maria Antonietta. Noblesse oblige, d’altronde. Seconda domanda: Che cosa disse prima di esalare l’ultimo respiro un altro regnante, Faruk, re d’Egitto?>>.

<<Dopo di me resteranno soltanto cinque re: quello d’Inghilterra, quello di spade, di denari, di coppe, di bastoni>>.

<<Ancora esatto! Terza domanda. A chi sono attribuite queste ultime parole: “Adesso che sono tutto unto tenete lontani i topi?”>>.

<<Lo disse Pietro Aretino dopo aver ricevuto l’estrema unzione>>.

<<Ancora una risposta giusta! Complimenti. E passiamo alla quarta domanda. “Quale frase il letterato purista Basilio Puoti pronunciò sul letto di morte rivolto ai figli?”>>.

<<Figli miei, io me ne vado, ma si può dire anche “io me ne vò”>>.

<<Benissimo! Ultima domanda. Stia bene attento, se risponde esattamente fa l’en plein e vince il diritto a veder realizzato il suo ultimo desiderio. Ricorda la frase di commiato di Cesare Borgia, colpito da una lancia all’assedio del castello di Viana nel 1507?>>.

<<Muoio impreparato!>>.

Il concorrente esce dalla cabina bara tra gli applausi.

<<Esatto! Felicitazioni! Lei è il nostro primo vincitore! E perché nessuno debba ripetere la frase di Cesare Borgia, ricordate di pensare per tempo a rivolgervi alla Momentum Supremum. Non fate come il Borgia, non fatevi cogliere impreparati! Si conclude così la prima parte del nostro programma dedicata al quiz!>>.

Applausi.

Eva si rivolge al concorrente. <<Adesso siamo tutti curiosi di conoscere il suo ultimo desiderio>>.

Pietro Favari

Exit mobile version