Assonanze: racconti musicali di musica dal vivo – la Sinfonia n. 1 di Tchaikovsky, Sogni D’Inverno
L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presenta di Petr Il’ič Čajkovskij, Concerto per violino e orchestra in Re maggiore op. 35; e sempre di Petr Il’ič Čajkovskij, Sinfonia n. 1 in Sol minore op. 13 “Sogni d’Inverno”; Alëna Baeva, Violino; Jaume Santonja, Direttore. 16, 17, 19 Dicembre 2021
Una bella novità potrebbe essere che è appena uscito An Orchestrated Song Book di Paul Weller, una raccolta delle più toccanti melodie di Paul Weller, riarrangiate e registrate con la BBC Symphony Orchestra condotta da Jules Buckley, contenente tra le altre Wild Wood con Celeste; You’re The Best Thing, con Boy George; Broken Stones, con James Morrison; e You Do Something To Me.
Quello che però ora conta è che nella sua ricerca e proposta di un terreno popolare per le sue composizioni musicali, al primo tentativo con la prima sinfonia Tchaikovsky ci descrive un panorama tipico invernale russo, quasi da cartolina nel primo movimento, e desolato, nel suo complesso, abbandonato dalla luce, nel secondo movimento. E che rimbalzando sul terzo movimento chiude sul quarto con un mixage di canzoni popolari russe.
Le sonorità di Tchaikovsky fanno parte del corredo genetico dei Professori dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Basti pensare alla Serenata per Archi in Do maggiore, composizione che fece parte del primo concerto assoluto di questa compagine, nel lontano 1993. O all’incisione dell’integrale delle sinfonie, sempre sotto la direzione del leggendario Vladimir Delman. E ancora, la proposizione della Quarta, la Quinta e la Sesta sul portale streaming durante i primi mesi del 2020, sotto la direzione di Michael Sanderling e di Claus Peter Flor.
Sogni d’inverno è anche il titolo di una novella di Scott Fitzgerald, del 22: una storia d’amore lunga tutta una vita.
Datata 1866, la Prima Sinfonia rappresenta invece quasi una descrizione naturalistica di un ambiguo e misterioso paesaggio russo. Nel primo movimento – dal sottotitolo «Sogni di un viaggio d’inverno» – il tema principale è affidato a flauto e fagotto su un tremolo di archi. Quell’aspetto coloristico, così importante nel lavoro, è ancora più evidenziato nel secondo tempo «Terra desolata, terra nebbiosa». Sempre al flauto viene affidata l’anticipazione di un tema ‘profondamente’ russo poi sviluppato dall’oboe. Il movimento si chiude con il pizzicato degli archi, per passare allo Scherzo di carattere lieve e giocoso, «un balletto di fiocchi di neve, per evidenziare la somiglianza timbrica e strutturale che accomuna questo movimento al finale primo dello Schiaccianoci. Con il Finale, Čajkovskij vuole invece portare in quest’inverno una boccata d’ossigeno e di vitalità attraverso l’inserzione di alcuni temi popolareschi.
Ma prima Alëna Baeva debutta all’Auditorium di Milano offrendo al pubblico una pietra miliare del repertorio violinistico di tutti i tempi, il Concerto per violino per antonomasia. Una solista eccezionale, “Una presenza magnetica, il cui suono pieno è caratterizzato da un’intonazione meravigliosamente precisa”, come è stato detto di lei dal New York Classical Review. Per l’occasione è affiancata da Jaume Santonja, altro astro nascente del mondo della musica classica, la cui ottima tecnica direttoriale lascia stupiti se si pensa alla giovane età. I due saranno insieme in questo grande omaggio a un compositore immensamente caro all’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi.
Wikipedia poi riporta da: Čajkovskij. Un autoritratto, di Alexandra Orlova, della faticosa salita al trono dei concerti di violino, di questa opera fondamentale. Mostrando il libro infatti, come riportato su wikipedia, un articolo giornalistico di un critico musicale di fine ottocento; e relativamente al concerto per violino, di fatto è possibile leggere che soprattutto nel finale il concerto evocherebbe immagini immonde di festacce tra ubriaconi con le facce tutte trasfigurate dalla vodka.
Ma qui forse c’è un bias negativo nei confronti del compositore russo, da parte del critico austro ungarico che ha firmato l”impress giornalistica, che risale alla guerra di Crimea tra le tante cose in ballo, e che tradisce un minimo di embargo nei confronti della cultura russa. Ma in ogni caso parole di fuoco e pesante malevolenza Tchaikovsky le subiva anche da parte del gruppo connazionale dei cinque, di cui Mussorgsky faceva parte, che gli rimproveravano uno scarso attaccamento alla bandiera – secondo i loro canoni patriottici, perchè in Tchaikovsky c’è comunque molta Russia tradizionale.
Alla fine la storia darà ragione a Tchaikovsky che diventerà tra i più celebri compositori russi e tra i padri del balletto contemporaneo. E forse possiamo pure dire che queste esposizioni campanilistiche resero sordi e ciechi tutti quanti – come sempre, d’altra parte, senza andare a fare le pulci tra i secolari (e a quanto pare contemporanei) rapporti della Russia con le potenze continentali.
Ma forse il mio ragionamento è del tutto sballato a fronte dei successi del Concerto per violino di Tchaikovsky subito dopo a Londra.
Io non sono un critico musicale. Men che meno sono un critico di musica classica. Con la colonnina Assonanze ci limitiamo a dar voce ai pensieri che a cascata si aggrappano all’ascolto, cercando all’occasione di farci trovare preparati, limitandomi a fare dei temini da ascoltatore citando le fonti delle nostre informazioni.
L’esecuzione da parte dell’Orchestra Verdi mi è quindi apparsa eclatante nella reverenza allo spartito e sbalorditiva per la passione esecutiva. La serata si è conclusa in un trionfo.
Per quel che riguarda il Concerto ho come avuto la sensazione che il giovane direttore d’orchestra si sia lasciato sopraffare dall’intrigo della partitura e dall’abilità della giovane e talentuosa solista, che si è esibita anche in un prezioso assolo per acclamazione con finger picking a intermittenza. E per quel che riguarda il violino possiamo dire come disse il critico austroungarico che il violino ruggisce, ma in questo caso è affatto un complimento. Lei è una vera leonessa.
La Sinfonia, invece, il suo secondo movimento è delizioso e soave; e trionfale ed energetico il quarto col suo finale. E onestamente non me lo aspettavo così possente e roboante Tchaikovsky. La sua musica stona con tutto quello che si legge su di lui, sui suoi tentati e in ultimo riusciti, pare, suicidi. La sua musica vive di vita propria. È completamente dissociata e autonoma dalla sua biografia. E nel caso di queste due composizioni, non combacia con la delicatezza fiabesca dei suoi balletti. Anche in questo caso il direttore d’orchestra mi è sembrato quasi travolto dal vigore compositivo dell’opera. Le esecuzioni sono durate un’ora circa per parte. Una vera serata energetica.
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