BERLINO, 13 FEB – Una commedia tedesca divertente ma con un sapore amaro di tragico. Illuminante il quarto giorno del 72esimo Festival di Berlino.
“Rabiye Kurnaz contro George W. Bush” è la vera storia di una madre turca, che vive completamente integrata con la sua famiglia in Germania, che durante sette lunghi anni ha combattuto per far rilasciare dalla prigione di Guantánamo suo figlio, falsamente accusato di terrorismo.
Il suo autore è il tedesco Andreas Dresen, che ci ha già provato altre tre volte a vincere un premio in questo festival e che questa volta (forse) ha un vero asso nella manica, se non altro per l’ottima performance nel ruolo della protagonista l’attrice Meltem Kaptan.
Rabiye è, come si suol dire, una madre atavica, una donna che vive sempre invadendo e controllando la vita dei figli e di tutta la famiglia, perfettamente integrata nella loro nuova patria e senza troppe convinzioni religiose.
Ed è per questo che si sorprende quando scopre che suo figlio di 15 anni sparisce da casa per recarsi all’aeroporto di Francoforte. Poiché turco, viene arrestato durante l’imbarco perché si pensa che si stia unendo alla lotta jihadista e quindi portato nella prigione di Guantánamo con centinaia di altri accusati di terrorismo.
Rabiye non è una donna che si scoraggia e muove il cielo e la terra per raggiungere la scarcerazione del figlio, al punto da accusare pubblicamente il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush.
Sarebbe tutto molto divertente (e in effetti lo è) se non fosse per il fatto che lo si tratta di una delle più grandi aberrazioni giudiziarie che siano state fatte per la lotta al terrorismo.
“Yin ru chen yan” (qui tradotto come “Ritorno alla polvere”) è film curioso di un giovane regista cinese, Li Ruijun, che fa il suo ottavo film nella remota regione da cui proviene, Gaotai, e dove vive tuttora. Costumi del passato convivono con un presente capitalista e cooperativo.
Ma e Quiying sono due emarginati in una società contadina in continua trasformazione verso la modernizzazione. Costretti a sposarsi per lasciare il loro posto alle nuove generazioni, la coppia si trasferisce in campagna, dove per mancanza di risorse economiche, decidono di dedicarsi all’agricoltura senza nessuno aiuto e con mezzi primitivi.
Film quasi senza dialoghi, è un inno a un mondo scomparso in cui si rappresentano i valori genuini di una volta: la relazione tra gli esseri umani e la convivenza con la natura e gli animali. Li Ruijun è autore della sceneggiatura, della messa in scena e della scenografia, e sa raccontare questa storia con voce pacata e insinuante, senza far
pesare i 130 minuti della durata del film.
Antonio M. Castaldo