Al Teatro Sociale di Trento dal 17 al 20 marzo 2022
“Il delitto di via dell’Orsina”, pièce di Eugène Labiche riscritta da Andrée Ruth Shammah, è andato in scena al Teatro Sociale di Trento dal 17 al 20 marzo 2022, e prosegue la tournée in altre città come Udine, Saronno, Vercelli, per finire nel mese di aprile con Venezia.
Il testo originale è poco conosciuto e l’intreccio si basa su un misto tra equivoci, fraintendimenti e tanta comicità.
La trama è spassosa. Due uomini, Zancopè (Massimo Dapporto) e Mistenghi (Antonello Fassari) dopo aver partecipato ad una rimpatriata tra ex studenti del loro liceo, si risvegliano nello stesso letto a casa del ricco Zancopé. Entrambi non ricordano assolutamente nulla della sera precedente e si ritrovano con le mani sporche di carbone, una ciocca di capelli biondi sul pavimento, un’incredibile sete dovuta all’ubriacatura della notte prima, dei noccioli di ciliegia in tasca, una retina e una scarpetta da donna nel cappotto. Nascono una serie di equivoci nel momento in cui Norina (Susanna Marcomeni) la moglie di Zancopé, legge su un vecchio giornale la notizia dell’omicidio di una carbonaia, trovata brutalizzata nella sua bottega. I fraintendimenti proseguono quando i due protagonisti incontrano il cugino Potardo (Marco Balbi), che ammette di averli visti la notte precedente. I due allora si convincono di essere gli assassini della povera carbonaia e, per evitare di essere incolpati, cercano a tutti i costi di eliminare le prove del loro crimine.
Uno dei primi lavori effettuati dalla regista per immergersi in quest’opera è stata la traduzione dall’originale, affiancata da Giorgio Melazzi. La vicenda è ambientata non più in Francia ma in Italia, in un’epoca più vicina a noi, ossia prima della seconda Guerra Mondiale, con un confronto tra borghesia e nobiltà decadente. Per l’adattamento la Shammah ha preso diversi elementi da altre opere di Labiche, come la presenza dei due camerieri (Andrea Soffiantini e Christian Pradella), che danno un doppio punto di vista sulla contemporaneità.
Molto semplice ma particolare la scenografia disegnata da Margherita Palli, che ha pensato a dei pannelli azzurri per ricreare le mura di casa e dei cambi di scena effettuati con luci e un sipario rosso che attraversa il palco, dietro il quale si spostano gli attori e i vari oggetti di scena. Un altro elemento importante nello spettacolo è la musica e le canzoni cantate dal vivo, che arricchiscono la performance e danno ai vari personaggi il proprio spazio di riflessione.
Il cast d’eccezione contribuisce a rendere vivo e godibile lo spettacolo. Massimo Dapporto e Antonello Fassari costituiscono un’accoppiata vincente e adatta alla rappresentazione dei due simpatici personaggi.
Molto interessante il riferimento esplicito al Macbeth di Shakespeare, che emerge in una battuta di Zancopè: benché insieme al compagno Mistenghi continuino a lavarsi le mani per togliere i residui di carbone, le macchie non vanno via, proprio come il sangue di Duncan su quelle di Macbeth. In entrambe le opere infatti, la vicenda nel corso dei vari atti, diventa più oscura e intricata.
Nonostante le risate, la commedia ci spinge a riflettere su diverse tematiche contemporanee, come l’onore e l’apparenza: quali azioni siamo disposti a commettere per preservare la nostra rispettabilità? I temi del prestigio e dell’apparenza sono ben evidenti all’inizio dell’opera, in cui durante un pranzo Zancopé, elegante ed aristocratico, si vergogna davanti alla moglie del modesto Mistenghi. Come afferma anche la regista, è questo il fulcro dell’opera, ossia mettere in evidenza l’importanza attribuita allo sguardo e al giudizio della società.
Sara Bellebuono