Corriere dello Spettacolo

“Rive” di Valerio Mello, un viaggio tra lirismo e melanconia

“Non più là./ S’incontrano prospettive di scogli,/ città sommerse e mostri marini./ Guardo gli astri che/ riposano sui grandi prati neri, e le onde/ mostrano denti aguzzi.” Sono versi significativi e che meglio non potrebbero riassumere il contenuto della raccolta poetica Rive di Valerio Mello, pubblicata nel 2022 da Ensemble Edizioni di Roma, quella che potrei identificare come un vero e proprio percorso che in modo liricamente fotografico ci riporta a sensazioni vissute dall’Autore in diverse località, accompagnandoci in giro per l’Italia e non solo. Così si passa da Milano ad Agrigento, da La Gomera a Amsterdam. Quello del poeta si presenta come una sorta di diario di sentimenti, dove le esperienze vengono riassunte in riflessioni intime.

Lo stile dello scrittore è elegiaco e compassato, preciso e misurato, in grado di evocare quelle sensazioni vissute, con un pizzico di melanconia verso ricordi ormai passati e che hanno costruito la storia esistenziale del narratore. Il tutto in una silloge di circa cento pagine, che nella sua brevità condensa un’intensa linfa vitale, creata da un iter che ci permette di scoprire il lato più recondito del poeta.

“Il museo è sempre più morbido, liquido; scorre fra le ampie/ stanze e fra i ritratti che sembrano gli effetti decorativi di/ un’antica voce./ In un alone di colore posso chiudermi./ Nelle pupille del suo ritratto credo di vedere cosa avverte la/ mia figura./ Improvvisazioni del brusio nell’episodio del pensiero.” Questa è Amsterdam, una delle liriche più brevi della raccolta, dove si comprende la capacità di Mello di mostrare le emozioni con veloci pennellate, in grado con pochi di tocchi di regalarci il quadro completo di un momento vissuto.

Rive è allora un viaggio tra luoghi e sensazioni. D’altra parte spesso e volentieri l’ispirazione scaturisce da fattori esteriori e per questo la geografia si unisce indissolubilmente all’aspetto poetico, proprio perché sono cause esterne spesso e volentieri a obbligarci a guardarci dentro.

Stefano Duranti Poccetti

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