Al Teatro Grande di Brescia il 17 ottobre 2022
Dopo il bel successo arriso ad Apollo et Hyacintus di Mozart al Malibran di Venezia, in cui rivestiva i panni del protagonista Apollo, ritroviamo il controtenore Raffaele Pe al Teatro Grande di Brescia in un prezioso e raffinato concerto solistico dall’emblematico titolo: VIRTUOSISSIMO! Con lui il complesso strumentale cameristico La Lira di Orfeo. La serata si è aperta con un brano strumentale di Händel, dal Water Piece, solista la tromba naturale del bravo Gabriele Cassone. L’ingresso di Raffaele Pe, è salutato da un’affettuosa accoglienza che permette al controtenore di esibirsi quale amabile “padrone di casa” a introdurre il pubblico sulle finalità del concerto (non tralasciando una captatio benevolentiae verso la fastosa sala che lo ospita e la città di Brescia). E’ sempre Georg Friedrich Händel a farla da padrone, nei brani in scaletta, a cominciare da Sento la gioia, dall’Amadigi di Gaula in cui il cantante si lancia in un’aria di bravura, dove la coloratura oltre che tecnica sa essere anche di grazia. Pe modula sapientemente la voce, mostra omogeneità nei registri, fluidità nella vocalizzazione e scorrevolezza. Tanto preso dal ritmo musicale da “ballare” quasi in scena. Nel tempo lento sa essere interprete brioso ed espressivo. La ripresa dell’aria si mostra con saporite, ma non eccessivamente floride variazioni, mostrandosi abile nelle dinamiche vocali. Non possiede, purtroppo, un trillo scintillante e sgranato, a conclusione del pezzo. Nella successiva aria dalla Rodelinda, Dove sei amato bene alterna al virtuosismo precedente una malinconica espressività, supportata da una chiara dizione e da un ottimo “legato” Non ben riuscita invece la “messa di voce”. Ripresa dell’aria caratterizzata da variazioni più di accenti che di abbellimenti melismatici. Il Concerto per ottavino, archi e basso continuo di Vivaldi, solista lo spericolato Martino Noferi, ci riporta in terra italiana. In programma dovea seguire un’aria di Leonardo Vinci dalla Didone abbandonata, ma Pe ha preferito sostituirla con la più conosciuta Venti, turbini prestate dal Rinaldo di Händel aria acrobatica quant’altre mai, che mette in mostra la velocità di vocalizzazione dell’esecutore. E il controtenore lodigiano non si smentisce offrendo un esempio delle sue capacità: sulla parola “venti” si esibisce in una lunghissima tenuta di fiato, arcata di voce senza cesura. Di segno Diametralmente opposto la struggente, quanto fascinante, Ombra fedele anch’io dall’Idaspe di una delle arie più commoventi di tutto il repertorio barocco, adagiata su un andamento sinuoso e reiterato, in cui mostra un pregevole legato di voce e lunghezza di fiati, a disegnare lunghe arcate di suono e ben sostenute. E’ nell’ottava superiore che il suo strumento vocale trova maggior ampiezza di volume e il registro grave, ben saldato al resto, è sempre calibrato e i suoni mai artificiosamente gonfiati. La ripresa dell’aria è disseminata di parche variazioni, e sapienti riprese di fiato ben celate, che mettono in nuova evidenza l’omogeneità dei suoni e la precisione negli attacchi. E’ quindi la volta di Anais Chen di esibire le sue qualità nel “Grave” dal Concerto grosso Mogul di Vivaldi. Nuovamente Händel, Crude furie da Serse, in cui ilo virtuosismo la fa da padrone. Qui Pe accusa della stanchezza, con attacchi degli acuti non sempre ortodossi, e sporcando la linea vocale in forzata amplificazione della voce salendo. Segue l’aria di paragone Or la tromba, gara di bravura con lo strumento e di virtuosismo spinto all’estremo per impressionare gli spettatori. Ne nasce la gustosa imitazione e rincorsa tra la voce e la tromba, che Pe domina e doma senza grande difficoltà. Rapinose volate. E il pubblico lo omaggia di uno scroscio di applausi, insistiti, a chiedere bis. Il primo è Combatta un gentil cor dal Tito Manlio di Vivaldi, sempre in spericolata gara con la tromba naturale, suonata da par suo da Cassone. La chiusura non poteva che essere affidata alle struggenti note di Lascia ch’io pianga dall’händeliano Rinaldo brano in cui il solista sfoggia accenti di accorato patetismo, un brano che veste la sua voce come nessun altro, permettendogli di sfogare in alto, dando via libera alle potenzialità della sua ottava alta. L’attenta raccolta di spettatori che pur non gremiva il teatro, ha tributato un calorosissimo tributo a Pe, fascinator del pubblico, e alla Lira di Orfeo.
gF. Previtali