Se si viaggia in Turchia e si ha l’occasione di visitare la Cappadocia, una tappa obbligata è assistere allo spettacolo/cerimona dei Dervisci Rotanti.
L’antichissimo caravanserraglio di Saruhan, nella provincia di Nevshir, sulla strada per Kayseri, è uno dei luoghi dove è possibile assistere ad un momento magico e carico di antiche suggestioni. Con una superficie di circa duemila metri quadrati, è stato costruito durante il regno di Izzettin Keykavus II, a partire dal 1249. La pietra utilizzata ha un colore che varia dal giallo, al beige, al rosa: colori contrastanti sono utilizzati per creare dinamismo cromatico lungo gli archi e lungo il portale sia dal lato interno che da quello esterno. Fu l’ultimo caravanserraglio costruito dai sultani selgiuchidi, il cui restauro è stato terminato nel 1991.
Fondati da Mevlâna Jalâluddîn Rumi nel XIII° Secolo, portano avanti da secoli una forma di meditazione fisicamente attiva, una cerimonia di adorazione, attraverso la quale i Dervisci cercano di raggiungere la perfezione, il karma. Si abbandona il proprio ego, si dimenticano i desideri personali, ci si concentra solo su Dio, eseguendo delle rotazioni continue su se stessi. Portano sempre un cappello alto e conico, simbolo della pietra tombale del proprio ego, ed iniziano con indosso una tunica nera, che si tolgono successivamente: si rinasce quindi spiritualmente alla verità. Iniziano sempre tenendo le braccia incrociate, a rappresentare il numero uno, testimoniando così l’unità di Dio; girando, le braccia sono aperte, il destro con il palmo della mano rivolto verso il cielo, il sinistro verso la terra: si trasmette così il dono spirituale di Dio a coloro che stanno assistendo alla cerimonia. Ruotano sempre da destra a sinistra, intorno al cuore. La danza dei Dervisci è una delle caratteristiche più impressionanti della vita mistica nell’Islam, e la musica che lo accompagna è di squisita bellezza, a cominciare dal grande inno in onore del Profeta, il na’t-i sharif, scritto dallo stesso Mevlana.
Il Derviscio indossa un abito tradizionale bianco senza maniche, con una gonna molto ampia, una giacca corta in vita a maniche lunghe, una cintura; un Maestro conduce il rituale con regole molto rigide. Iniziando, i Dervisci gli passano davanti tre volte, salutandosi, finché non iniziano con il loro movimento circolare; il Maestro non ruota, ma cammina sempre intorno ai Dervisci, non togliendosi mai la tunica nera. Come possano andare avanti per diversi minuti, è un mistero della fisica: sempre con gli occhi chiusi, non perdono l’equilibrio, non si spostano minimamente dal loro asse, non si scontrano né fra loro né con il Maestro; quando si fermano lo fanno in un attimo, senza nemmeno una piccola esitazione. Sembrano finti, come le ballerine dei carillons.
Le comunità dei Dervisci nel Medioevo hanno svolto un ruolo centrale nella vita sociale, religiosa e politica: un tempo erano di dimensioni molto più grandi di quelle odierne, poiché il governo ha preso il controllo sulla maggior parte dei monasteri Dervisci. Nel 1925 la Turchia ordinò per decreto lo scioglimento di tutte le confraternite, ma riuscirono a sopravvivere; nel 1954 il governo turco concesse all’ordine un permesso speciale per eseguire pratiche di danza rituale per i turisti solo per due settimane l’anno. Nonostante il rigoroso controllo del governo sulle pratiche dei Dervisci, l’ordine ha continuato la sua esistenza in Turchia fino ad oggi: nel 2005, l’UNESCO ha proclamato la Cerimonia Mevlevi Sema della Turchia come uno dei capolavori del patrimonio orale e immateriale dell’umanità
Abbiamo incontrato Murat Lale, il Maestro del gruppo che abbiamo potuto ammirare a Saruhan, composto da quattro Dervisci ballerini e tre musicisti. Vestito normalmente, cordiale ed alla mano, non sembra quel Maestro compito e completamente concentrato sulla cerimonia che abbiamo appena visto. Parla solo turco, e per questo ringraziamo la nostra guida Devrim per la traduzione.
Indubbiamente Lei è il responsabile del gruppo. Quali sono i suoi compiti?
Sì, io sono quello che organizza il tutto. Non scelgo personalmente i danzatori, ma gestisco il tutto.
Come può un ragazzo diventare un Derviscio? Cosa deve avere per essere un buon Derviscio?
Innanzitutto, deve credere in Dio. Qui quello che facciamo è rappresentare l’amore fra Dio e l’uomo, una preghiera a Dio. Ci sono poi persone come me che insegnano, che allenano. Il tutto viene con l’allenamento. In quanto responsabile, devo muovermi nella vita del Sufi (sinonimo di Derviscio, ndr). E’ tutto. Il Derviscio deve essere una bella persona, dentro e fuori.
Quante ore si allenano al giorno per essere in grado di girare in quel modo?
Dipende dalla persona, da quanto possono reggere; per esempio, ci sono molte persone a cui piace farlo, ma non ne sono capaci, non è così facile. Generalmente ci vogliono sei-sette mesi per essere pronti. Si allenano su una pedana di legno ampia un metro quadrato, dove c’è un chiodo di legno che spunta e che si aggancia fra le prime due dita del piede sinistro. Una volta agganciati lì, si inizia a girare sempre nella stessa direzione, e l’intera superficie del piede rimane a contatto con il suolo. L’impulso per la rotazione è dato dal piede destro, in un passo completo di 360 gradi. Iniziano così, è la prima cosa che devono imparare: intanto che fanno pratica, imparano a girare sempre con questo pezzetto di legno come perno, e così migliorano sempre di più. All’inizio quello che facciamo è allenarci con i piedi nudi, con un po’ di sale sotto la pianta: aiuta a girare più facilmente, perché da una parte aiuta a scivolare bene sul pavimento, dall’altra evita che il piede sudi. Allenandosi così, suda il corpo ma sudano anche i piedi. Nei primi tempi dell’allenamento si inizia così, poi dopo un po’ di tempo non si userà più il sale. Successivamente iniziano ad allenarsi con indosso l’abito particolare che avete visto, poi sono abbastanza pronti per esibirsi su un palco.
Il fatto che abbiate sempre gli occhi chiusi è molto particolare, vuol dire non avere punti di riferimento.
Continuando a girare, se avessimo gli occhi aperti non sarebbe possibile reggere; la testa è sempre leggermente inclinata, gli occhi chiusi, è il modo migliore di girare senza perdere l’equilibrio, ma allo stesso tempo sappiamo cosa sta succedendo, quanto siamo vicini agli altri, eccetera. Lo sentiamo.
Non è così facile, però.
No, è molto difficile. Come lo è tenere le braccia alzate per diversi minuti. Ci si stanca, per questo serve un allenamento specifico; tutto il corpo viene coinvolto, per cui verso la fine della performance la stanchezza si sente! E’ anche molto importante anche come fermarsi, chiudendo il giro, tenendo conto che poi si deve ricominciare.
Questo è un altro punto, vi fermate in mezzo secondo: dopo aver girato per così tanto tempo riuscite a fermarvi in davvero pochissimo tempo.
Dipende sempre dall’esperienza, ma si fa.
Chiara Pedretti