Corriere dello Spettacolo

Le turbe psichiche e il disagio esistenziale.

Fino al 5 febbraio 2023 al Teatro Parioli di Roma

Si stanno accentuando in questo periodo  le crisi ed inettitudini dei giovani che non hanno più valori ed ideali spesso non trasmessi dai loro genitori, che non s’accorgono che i loro figli non studiano più, stanno davanti al PC od alle “PlayStation”, frequentano cattive compagnie e desiderano tutto e subito, dai soldi ai capi d’abbigliamento firmati e magari cominciano a “sniffare” sostanze stupefacenti o, peggio ancora, a fare da “sentinelle” dei loschi traffici di malaffare nei quartieri più degradati. Se a tutto ciò aggiungiamo che talora sulla loro psiche si ripercuote la frattura sentimentale dei genitori ed avvertono che costoro non si preoccupano di loro, ma pensano solo a se stessi ed alla felicità della loro singola vita, è chiaro che il disagio interiore cresce proporzionalmente e la loro introversione, carenza affettiva , si trasforma in rabbia, avversione ed odio contro il mondo intero e specialmente i più deboli, fragili e più fortunati economicamente. Come spiegare diversamente la “goliardata “ o grave rapina per una felpa di marca ad un quindicenne che ha resistito all’aggressione del “branco” nella stazione di Seregno ed il maggiorenne, che comandava i minorenni, l’ha spinto virulentemente contro il binario dove stava sopraggiungendo un treno ed ora è ricercato ed accusato di tentato omicidio, mentre due minorenni sono stati accompagnati in questura dai genitori che capiscono tardi il dramma che sta maturando in famiglia. Tale episodio già di per sé eloquente si potrebbe unire a quello dei due quindicenni che hanno colpito alla testa il proprietario d’un “minimarket” per rubargli 300 euro e poi sono scappati contenti della loro “bravata”, privi di qualunque scrupolo di coscienza e senso etico, civile, che la società e la scuola, oltre al nucleo domestico, non riescono più a fornire loro. Ecco il motivo per cui non concordiamo con l’assessore alla Pubblica Istruzione in lingua tedesca della Provincia Autonoma di Bolzano che vorrebbe che le valutazioni del corpo docente non scendessero sotto il 5 per coloro che vanno male nel rendimento scolastico : gli insegnanti sono contrari e giustamente in quanto codesto è un altro segnale che può essere inviato alla famiglia perché apra gli occhi e comprenda che il ragazzo/a sta prendendo una brutta piega. In simile prospettiva ci piace che il teatro Parioli per il secondo spettacolo consecutivo abbia scelto un testo sociologico d’attualità di Florian Zeller che tratta proprio in questi giorni delle problematiche cui abbiamo accennato, dopo il precedente lavoro “Agnello di Dio” di Daniele Mencarelli con la regia di Piero Maccarinelli che firma anche  questo secondo copione continuando lo studio psicologico delle figure disadattate giovanili e lo scontro crudo, irascibile, volgare con il padre in particolare, che nel primo caso credeva di far felice il figlio dandogli il denaro richiesto e facendogli frequentare un Istituto parificato religioso rinomato in città e con ferree regole. mentre in questo secondo dal titolo “Il Figlio” la questione sviscerata è ancora più profonda dato che sul povero Nicola, che è iscritto all’ultimo anno del Liceo, si rovescia la  separazione familiare del padre Piero dalla madre Anna, poiché lui da 5 anni s’è preso una “bella cotta” per la più giovane Sofia ed è andato a vivere con lei avendo una graziosa bambina di nome Sasha di 4 anni. I due protagonisti principali sono i due magistrali attori Cesare Bocci e Galatea Ranzi che ci fanno vivere una serie di palpitanti e forti emozioni,  pulsioni sensoriali, edificanti la maturazione critica del senso di responsabilità che si ha di fronte ai figli messi al mondo, quale Nicola reso superlativamente da Giulio Pranno che in principio abita con la mamma Anna. Costei, nelle sue raddoppiate funzioni di controllo sul minorenne, si rende conto che il giovane da tre mesi , privato dell’amore paterno e nella fredda atmosfera casalinga che il legame tra Piero e la dolce,  seducente, Sofia ha provocato e lui respira con la solitaria ed umiliata madre, mortificata nell’amor proprio di  genitrice, ha abbandonato la scuola e sta decidendo d’andare a convivere con la nuova famiglia del padre, avendo forse progettato un determinato piano che a poco a poco si svela. Infatti cerca di attenuare il legame di Piero con la dolce e seducente Sofia, di riconquistare un po’ dell’affetto paterno finché la nuova compagna del babbo lo scopre immerso in una deplorevole inettitudine nei pubblici giardinetti invece che a scuola, confermando così la censura morale per lui e l’avvertimento dato a Piero. Questi affronta Nicola chiedendogli il motivo del suo sconsiderato agire rischiando d’essere bocciato agli Esami, ma il ragazzo gli si scaglia contro con tutta la collera accumulata nel suo tormentato e travagliato animo, nella sconvolta psiche, che lo fa stare con le schizofreniche paranoie e quel totale disgusto per il padre analogo a quello che il personaggio sveviano di Zeno Cosini aveva nutrito per il papà allorché questi gli aveva dato uno schiaffo per svegliarlo dal suo torpore mentale e coscientizzarlo della sua inettitudine od accidia esistenziale peccaminosa. Nicola l’aggredisce con feroci insulti e gravi offese, limitiamoci al “mi fai schifo” detto al genitore per rimproverargli d’aver distrutto la sua cellula vitale lasciando la madre alla disperazione, in quanto in queste situazioni contingenti c’è sempre uno che soffre, a meno che il tradimento adulterino non sia reciproco come tra Francesco Totti ed Hilary Blasi, finché, cosa più deplorevole e sconcertante, s’arriva ad un’autentica rissa e zuffa a suon di pugni tra i due. A questo punto è talmente devastato sentimentalmente, non ha più fiducia in se stesso e nevrastenico, neurologicamente afflitto da una gravissima forma di depressione che dal sadomasochismo perviene al tremendo ed imperturbabile odio accanito contro se stesso con il taglio delle vene, venendo salvato dalla premurosa e sensibile Sofia nei cui panni si destreggia con dolcezza ed affabilità recitativa Marta Gastini. In ospedale viene salvato, mentre i genitori,  in particolare la mamma Anna, con quei sentimenti lacrimevoli e contrastanti di cui parlavamo prima, giacché in simili frangenti pure i separati soffrono insieme, si ritrovano e ringraziano il chirurgo che ha ricucito il rampollo salvandolo, ma questi li prega di tenere ancora qualche giorno il giovane ricoverato per farlo parlare con la psichiatra e rinsavire, recuperandolo anche a livello razionale. Nicola al contrario sostiene di sentirsi bene e di non voler restare lì con i malati di traumatici squilibri mentali, follia depressiva ed Alzheimer. I genitori, con la speranza di vincere l’antipatia ed il rancore del liceale, firmano per farlo uscire dal luogo sanitario sotto la loro responsabilità, credendo alle sue parole e questo si rivelerà invece per loro deleterio in quanto il comportamento di Nicola sarà ondivago, stravagante ed illogico fino al  tragico colpo di scena finale in cui ricadrà in preda ai suoi spettri e frustrazioni psicotiche, all’Es lacerato e schizofrenico, dopo aver fatto felice il padre regalandogli il suo libro autobiografico e detto che andrà a vivere con la sua fidanzata Elisa. Sarà questo il vero epilogo o ve ne sarà un altro che spezzerà le reni di Piero, facendolo sentire colpevole e responsabile di quanto per il suo imprudente agire forse avverrà realmente? Tale finale ci riconduce alla conclusione del romanzo “La Coscienza di Zeno” di Ettore  Schmitz contrassegnato dall’amarezza. Naturalmente lo dovete accertare voi andando a visionare lo spettacolo, che durerà fino al 5 febbraio e che gli studenti  delle Superiori dovrebbero osservare, come pure le famiglie prime cellule civili della società, magari insieme ai loro figli che bisogna che pedagogicamente educhino, anche se proprio per loro i coniugi sarebbe auspicabile che rimanessero uniti, evitando le ripercussioni sulla prole soprattutto se minorenne, in modo tale da risparmiare loro la conflittualità deprimente dell’affido congiunto od univoco come “pacchi postali”. Meravigliosa è la regia di Maccarinelli nel tenere intrecciasti i protagonisti della pièce con brucianti, vibranti, dialoghi serrati, il loro scavo psicologico superbo e la vile debolezza nel focalizzare se stessi ed i motivi, gli interessi, degli altri per il semplice fatto che ognuno ha i propri diritti relativi “in primis” alla sua vita. Del cast fanno parte anche gli operatori sanitari , quali comprimari, Riccardo Floris e Manuel Di Martino, mentre le scene borghesi che si suddividono tra le case delle due famiglie sono state disegnate da Carlo De Marino ed in questi spazi rimbalzano conflittualmente i protagonisti prototipi dei soggetti individuali quotidiani, spesso riportati in cronaca, per la maggior parte nera. In effetti le storie umane non possono tornare indietro, non c’è la possibilità di rinascere per rivivere da principio o guadagnare una felicità che non c’è stata. Il film di Paolo Genovese “Primo giorno di vita” resta soltanto una bella favola surreale, paradossale, inverosimile ed incredibile. Poi ci sono pure i cortei degli avvocati , dei giovani e dei nuclei civili sani contro la mafia dell’ ultimo “Boss” arrestato Matteo Messina Denaro, che ha potuto contare su una nutrita connivenza borghese tanto che alcuni ancora si  riscontrano come suoi difensori omertosi, e per omaggiare la memoria della matrimonialista Martina Scialdone e pertanto  condannare i femminicidi  e la violenza contro le donne tutelate dal 1522.  Tali manifestazioni ci fanno  mantenere la fiducia  nel recupero umano solidale della nostra comunità nazionale. In sintonia con siffatta speranza vanno ascoltate con attenta concentrazione le musiche  struggenti di Antonio Di Pofi.Dall’8 febbraio il Parioli, presenterà poi in una nuova versione tra realismo e mondo onirico, il capolavoro di A. Cechov ”Zio Vanja” con G. Cederna ed E. Axen, reduce dal “Boom” d’applausi in “Settimo Senso”, dopo il sesto riguardante la perspicacia ed il fiuto intuitivo, come quello di Sherlock Holmes di Conan Doyle, per la regia di Roberto Valerio.

Giancarlo Lungarini

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