Dal 21 marzo al 2 aprile 2023 al Teatro Manzoni di Milano
Che Dio ci aiuti! (l’invocazione viene quasi spontanea, e ci sta tutta).
Pur con tutta la sua infinita pazienza, anche Lui si sarebbe annoiato ad assistere alla messa in scena di Pier Luigi Pizzi del testo teatrale scritto nel 1952 da Tennessee Williams “La dolce ala della giovinezza”.
Ricordiamo, solo per rispetto, le regie di Elia Kazan nella messa in scena teatrale a Broadway nel 1959, e quella cinematografica del 1962 di Richard Brooks, dove, in entrambe le versioni, Paul Newman interpretava il gigolò Chance Wayne e Geraldine Page l’attrice morfinomane sul viale del tramonto, Alexandra Del Lago. Due attori de l’Actors Studio, non di fiction televisive… è sì, perché ormai, quando un attore recita, stagione dopo stagione, in una certa serie televisiva, poi va a finire che lo spettatore lo identifica principalmente con quel ruolo, a prescindere da quanto altro abbia fatto. Rimane un marchio di fabbrica difficile da cancellare. E “fiction” non è sempre sinonimo di qualità…
Ma lasciamo perdere i confronti anche se era doveroso ricordare i sopracitati artisti. Fare paragoni con il passato ci toglierebbe la voglia di andare al cinema o al teatro. E poi, si sa, ogni testo teatrale è libero di essere interpretato dal regista a seconda della sua visione e capacità, trasformato, rivisto, adattato, rovinato…
Inutile dire che la responsabilità di un lavoro teatrale o di un film è tutta ed esclusivamente del regista. E se il regista pensa che quel tale attore o attrice, solo perché, in quel momento, è un volto noto televisivo, da “fiction”, appunto e quindi popolare, possa rendere la sua regia migliore di quello che è, o attirare spettatori, si sbaglia. Questa messa in scena ne è una prova.
Senza girarci intorno, la regia di Pizzi è senz’altro brutta. Brutta, prima di tutto perché la scelta di Elena Sofia Ricci nel ruolo di Alexandra è totalmente fuori posto, e si vede da come recita, da come (non) sente i panni della matura attrice sul viale del tramonto che ha bisogno dell’ossigeno, en passant, perché poi il regista se lo dimentica, o della carrozzella (!!!), o degli occhiali, o della morfina, o dell’alcool, o dei comuni barbiturici di cui tutte le star di Hollywood hanno fatto uso e ci hanno anche lasciato la pelle. Insomma, è una specie di rottame… ma qui sta il dramma. Il vero rottame cerca qualcosa che lo rimetta in piedi, che lo faccia sentire ancora nuovo e utile, per tornare ancora in pista. Che dramma può esserci se la protagonista sembra quasi coetanea del gigolò e in più è anche attraente? Nel lavoro di Pizzi, la Ricci è fuori luogo come lo sarebbe la Taylor di cinquant’anni in “Sunset Boulevard” di Billy Wilder.
La Ricci recita senza sentire veramente il dramma di una donna che sta per perdere le ali della giovinezza per incamminarsi sulla via dell’oblio. Non vuole mostrasi né vecchia, né scartata. È un grosso colpo, non solo per una diva, ma anche per una donna, diventare vecchia e non essere più un oggetto del desiderio maschile. La Ricci, così diretta, rimane quello che è veramente lei: una bella donna, che nella vita reale ha sessant’anni ma sulla scena teatrale ne dimostra di meno. Geraldine Page, di solo un anno più anziana di Newman, aveva, a parte la bravura, le stigmate della donna agée, per niente attraente, segnata dal tempo, stanca, ma per davvero! Tennessee Williams ha sempre privilegiato personaggi di donne oltre la giovinezza, ma che ancora anelano ad essa, ricordandola con nostalgia, vivendo perennemente nell’illusione, una tragica illusione, e di conseguenza la recitazione giusta è un misto di sogno, incubo, fuga dalla realtà, falsa euforia, disperazione, solitudine. Una gamma di sentimenti, e di cambiamenti di umore che qui vediamo solo en passant e che non arrivano veramente allo spettatore, anzi lo irritano e o annoiano.
Alexandra Del Lago paga per le sue prestazioni sessuali il gigolò Chance Wayne interpretato da Gabriele Anagni che, a onor del vero, se la cava molto meglio della sua collega, perché è più adatto al ruolo e lo sente.
“La dolce alla della giovinezza” è una storia di illusioni e delusioni, di sfruttamento reciproco, di abuso di potere, l’attrice usa il gigolò per il suo piacere personale, per sentirsi ancora desiderata, il ragazzo approfitta della sua notorietà per fare carriera a Hollywood. La storia si ripete all’infinito… e non cambierà mai.
La Ricci non riesce ad essere un personaggio del grande drammaturgo e la regia non la aiuta nemmeno un po’, incapace com’è di tirare fuori il bel personaggio creato da Willimas. Vediamo a sprazzi l’attrice assuefatta ai barbiturici, all’alcool, al sesso… è tutto molto en passant, superficiale. Alla fine cosa ci rimane? Poco o nulla. Ho sentire commentare qualche spettatore, all’uscita, “ormai è un testo vecchio, una noia!”. D’accordo sulla noia ma non sul testo. Il testo è attuale, e sempre lo sarà: una donna che non vuole invecchiare, un’attrice che ha ormai pochi ruoli da recitare, destinata al dimenticatoio dello spettacolo, un bel ragazzo che vuole fare carriera nel cinema e usa tutti gli espedienti per arrivare al successo. Non è il testo a essere vecchio, T. Williams è, e sempre sarà, un drammaturgo classico di una grande modernità, profondità e raffinatezza. È la regia che non lo ha capito nemmeno un po’, somministrandoci uno spettacolo noioso e deludente. Peccato per gli spettatori, e per gli attori che avrebbero meritato di più.
Daria D. Morelli Calasso