Corriere dello Spettacolo

Emma Dante con “Pupo di zucchero”

Al Piccolo Teatro Studio Melato, dall’11 al 23 aprile

Quanta poesia può esserci nella morte?
Quanta poesia può esserci nella morte! Se a raccontarla, in questo spettacolo diretto splendidamente da Emma Dante, è una fiaba del seicento scritta in lingua napoletana da Giambattista Basile “Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille”.
È il due di novembre, il giorno dei morti, un vecchio «‘nzenziglio e spetacchiato» (raggrinzito e spelacchiato), attende la lievitazione di un pupo, una statuetta antropomorfica tutta colorata e zuccherosa, che sta preparando come offerta votiva per i suoi cari defunti. Il suono di qualche campanellino scandisce sbarazzino i minuti che lo separano dalla fine… della preparazione. È solo, sono morti tutti, e mentre aspetta pazientemente la lievitazione, i suoi ricordi prendono vita e attorno a sé, come in una foto ingiallita dal tempo, dimenticata in un cassetto, si ricompone la sua vita, e le figure del suo passato gli vengono a fare visita.
Forse, sul punto di morte succede proprio così, ci scorre tutto davanti e vorremmo fermarci, prima di chiudere gli occhi per sempre, in qualche momento felice, o in qualche altro che avremmo voluto diverso, per abbracciare più a lungo, per sorridere di più, per scusarci…
La bobina in super 8 della vita del vecchio si srotola mentre il pupo si forma, come un feto che sta per nascere e che ha bisogno del suo tempo, non prima e non dopo, esattamente quando sarà compiuto quel piccolo pupo che diventerà bambino e poi adolescente, e poi ragazzo, poi uomo maturo e poi vecchio. E poi?
Emma Dante mette in scena l’essenza del Teatro, con la sua magia fatta di piccole cose che lì, in quella scatola magica, lievitano fino a diventare giganti, più luminose, più gioiose, più colorate, più vere, pur nella finzione. “Non c’è trucco, non c’è magia!” dicevano gli illusionisti mischiando le carte, lanciando i dadi, girando il cilindro, ma noi, invece, vogliamo, anzi esigiamo la magia, vogliamo credere che i defunti siano tornati a vivere, a giocare con noi, e che la morte sia come un dissacrante cabaret o uno spettacolo circense. E quando alla fine i ceri illuminano i fantocci scheletriti di quelli che un tempo furono in vita, ecco che la magia è compiuta, la favola è finita, ma qualcosa rimane in noi.
Gli attori di Emma Dante, che sono anche mimi, giocolieri, ballerini, cantanti, formano uno spettacolo che è colorato e divertente, tragico e poetico, fantastico e doloroso, e con poco, l’essenziale, raccontano questa fiaba di cui, come in tutte le fiabe che si rispettino, cerchiamo una morale.
E se fosse che l’uomo si salverà dal caos solo se vorrà e saprà riscoprire le fiabe, i miti e le leggende? Soltanto così saprà ricongiungersi alla vera essenza della vita, quella che a volte ci sembra dimenticata, ma poi, basta un pupo di zucchero per riportarla alla memoria.

Daria D. Morelli Calasso

 

liberamente ispirato a Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, testo, regia e costumi Emma Dante
con Carmine Maringola (il Vecchio), Nancy Trabona (Rosa), Maria Sgro (Viola), Federica Greco (Primula),
Sandro Maria Campagna (Pedro), Giuseppe Lino (Papà), Stephanie Taillandier (Mammina),
Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout (Pasqualino), Martina Caracappa (zia Rita), Valter Sarzi Sartori (zio Antonio)
sculture Cesare Inzerillo, luci Cristian Zucaro, assistente ai costumi Italia Carroccio
assistente di produzione Daniela Gusmano, coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma
produzione Sud Costa Occidentale
in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Châteauvallon-Liberté scène nationale,
ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur, Teatro Biondo di Palermo, La Criée – Théâtre National de Marseille, Festival d’Avignon, anthéa antipolis théâtre d’Antibes, Carnezzeria
e con il sostegno dei Fondi di integrazione per i giovani artisti teatrali della DRAC PACA e della Regione Sud
Foto Ivan Nocera
Exit mobile version