Quotidiano di Cultura diretto e fondato da Stefano Duranti Poccetti nel 2011

Massimo Popolizio in: Arthur Miller, Uno Sguardo Dal Ponte – le radici povere del potere Italiano

Data:

Al Piccolo Teatro Strehler dal 9 al 21 Maggio 2023

È una storia di immigrati. Una storia di immigrati Italiani del secondo dopoguerra. Di quando noi italiani, complici o comunque d’accordo con alcune delle autorità, si andava illegalmente alla conquista dell’America. Di quando noi italiani si sbarcava in America con qualunque mezzo per cercare un lavoro e dei soldi da spedire a casa per mantenere la famiglia – che il lavoro è poco, qui da noi, non sono evidentemente breaking news.

Eddie Carbone vive da parecchio in un borgo newyorkese, a Brooklyn, nei pressi del ponte omonimo; una cui porzione svetta dall’alto della scenografia. Eddie vive al pian terreno di un palazzo di periferia con la moglie Beatrice e Caterina, della cui crescita si è sempre occupato alla scomparsa della madre. Caterina va per i diciotto anni. Eddie conosce un avvocato, l’avvocato Alfieri, che aveva aiutato suo padre e con cui è tutt’ora in contatto. L’Avvocato Alfieri apre e chiude la scena nel suo complesso. È il coro della tragedia.

A questo punto la notizia è che sono in arrivo illegalmente dalla Sicilia due cugini di Beatrice, da quella Sicilia dove la parola legge, testualmente, dai tempi dei carthaginesi, crea qualche prurito, è una parola un po’ spigolosa (Al Capone è chiamato il grande cartaginese – Miller nel testo apre diversi siparietti comici). Ma qui Miller verosimilmente segue la lezione del Verga, dei Malavoglia, in cui lo stato è il riflesso di una volontà aliena. Il problema sollevato è grosso. È di carattere storico. Ma comunque sia, i due cugini di Beatrice sono in cerca di un lavoro per mandare i soldi a casa per le proprie famiglie. Pare di fatto che in Italia non ci fosse posto per chi voleva lavorare. Uno è Marco. E l’altro è Rodolfo. Uno è moro, saraceno. L’altro è biondo, normanno. Ma sono due fratelli. E alla fine si trovano un lavoro da quaranta dollari la settimana. Entrambi vivono nascosti in casa con Eddie, Beatrice e Caterina.

Tra Rodolfo e Caterina nasce qualcosa. Finiranno per sposarsi. Ma a Eddie questo non va giù. Rodolfo è strambo. A dire di Carbone sogna le luci di Broadway. Lavora, si; lavora bene e lavora tanto, ma canta e balla. E sperpera i suoi soldi al cinema Paramount e per comprarsi i dischi. Ed Eddie ha un tremendo sospetto: Rodolfo è gay. È troppo effemminato: canta, balla e cuce i suoi vestiti, ma la legge contro di lui non può nulla, dice l’avvocato, a meno che …. – belle le musiche, comunque; c’è anche Blue Canary già visto in Slava’s Snowshow.

La legge contro Rodolfo non può nulla a meno che Eddie non denunci l’illegalità dei suoi ospiti. E così la sera di Natale Eddie Carbone s’inciuca come un asino di whiskey e denuncia i parenti della moglie. Il dramma famigliare – che ammicca a un vero e proprio dramma della gelosia – è quasi compiuto. I due fratelli vengono arrestati. Ma se per Rodolfo che si sta sposando con Caterina, la possibilità di diventare americano e di restare è concreta, per Marco non c’è niente da fare. Verrà rispedito a casa. E così, nel giorno delle nozze di Rodolfo e Caterina, Marco ammazza Eddie Carbone, morbosamente e insensatamente attaccatosi alla vita di Caterina oramai maggiorenne, anche contro il volere della moglie Beatrice e dell’avvocato (entrambi gli dicevano di lasciarla stare), rimanendo fedele alle proprie passioni patriarcali.

In tutto questo, il lavoro di Popolizio emerge facile. La visione corre via amabile e veloce come uno shot di Laphroaig. Le musiche rendono tutto ancora più facile. Gran bello spettacolo di fine stagione che entra facile nella top five di quest’anno. Nelle parole del regista, Massimo Popolizio, quindi, «Tutta l’azione è un lungo flash-back. Eddie Carbone, il protagonista, entra in scena quando tutto il pubblico già sa che è morto. Per me è una magnifica occasione per mettere in scena un testo che chiaramente assomiglia molto a una sceneggiatura cinematografica, e che, come tale, ha bisogno di primi, secondi piani e campi lunghi. Alla luce di tutto il materiale che questo testo ha potuto generare dal 1955 (anno della sua prima rappresentazione) a oggi, cioè film, fotografie, serie televisive credo possa essere interessante e “divertente” una versione teatrale che tenga presente tutti questi “figli”. Una grande storia… raccontata come un film… ma a teatro. Con la recitazione che il teatro richiede, con i ritmi di una serie e con le musiche di un film».

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Uno sguardo dal ponte
di Arthur Miller
traduzione Masolino D’Amico
regia Massimo Popolizio
con Massimo Popolizio, Valentina Sperlì, Michele Nani, Raffaele Esposito, Lorenzo Grilli,
Gaja Masciale, Felice Montervino, Marco Maravacchio, Gabriele Brunelli, Marco Parlà
scene Marco Rossi, costumi Gianluca Sbicca
luci Gianni Pollini, suono Alessandro Saviozzi
produzione Compagnia Umberto Orsini, Teatro di Roma – Teatro Nazionale e
Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Foto: Yasuko Kageyama

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