Il teatro lo spazio diventa un cabaret a tinte gialle in “Velvet motel”

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Ci siamo veramente meravigliati venerdì sera entrando allo spazio culturale e teatrale di via Locri per un allestimento che non avevamo mai notato nelle volte precedenti che v’eravamo stati, forse in quanto gli spettacoli presentati non si prestavano ad una diversa disposizione della sala ed invece stavolta il musical scritto e diretto da Giuseppe Brancato con le coreografie di Mark Biocca era veramente l’occasione, il pretesto, giusto. C’è sembrato d’essere tornati nella Berlino degli anni ’40 dove nei cabaret e locali di divertimento venivano allestiti tavoli nel salone e dall’altra parte v’erano donne fatali pronte a rispondere alle chiamate ai loro tavolini siglati da un numero, come in un frangente è successo con la “bomba” sexy bionda , quasi quindi alemanna, Francesca Ciavaglia che ha interpretato il ruolo dell’affascinante e seducente per le sue splendide forme e la fulva capigliatura di Angelica, producendo in noi , ma pure in molti altri spettatori sogni erotici passionali e conturbanti. L’ambiente era il motel “Velvet” e l’anfitrione in linda e luccicante livrea rossa era Ambrogio, come quell’autista della marchesa nella pubblicità Ferrero, che ha subito chiesto al pubblico che differenza vi sia tra un motel appunto ed un hotel. Non tutti hanno saputo rispondere e la questione sta nel fatto che, come ha spiegato Ambrogio, il motel è quello che si trova su un’autostrada per una notte occasionale di riposo per chi non ha un tetto o ha bisogno di sostare per una sosta distensiva e rigenerante durante un lungo viaggio. Un altro personaggio è Michael, reso con stile impeccabile con le sue bretelle sulla camicia da Roberto Scorza, che è meno estroverso, più riflessivo, nutrendo inclinazioni omosessuali più spiccate e rivelandole con le sue sottili elucubrazioni mentali seduto su un W.C. al centro della sala, mentre l’accerchiante ed intrigante raccolta di spettatori, con le più difformi tipologie d’accompagnamenti dalle coppie di fidanzati e coniugi, a quelle tra amici e per finire pure alcune d’identità di genere, lo guardavano con curiosità e cercavano di capire quello che stesse cartesianamente pensando per darsi una funzione scenica. Il ruolo più dinamico del cameriere in tuta celeste era impersonato da Mark Biocca come Gallo, che ha tra l’altro trasportato la tazza da water per Micheal introverso e serrato nei suoi ragionamenti da seguire attentamente per decriptarli ed attribuire loro un valore psicologico e poi conseguenziale sulla sua personalità. La prima dei 5 protagonisti ad esibirsi al pubblico è stata la fornaia Terenzia, impersonata con un duplice ruolo da Giulia Romano, che, passando con difficoltà tra gli stretti tavolini, ha regalato ai più fortunati degli spettatori alcune sue leccornie artigianali come preziose colazioni o “dessert” della sera, anche se qualche giovane ragazza ha gentilmente declinato il dono gustoso dichiarando d’essere a dieta. Quando tutti i 5 personaggi ospiti fissi del Velvet avevano declinato le proprie generalità e con la “focalizzazione zero” messo i propri profili a nudo per chi non li conosceva prima, qualcuno s’è posto il problema : dov’è il proprietario del Velvet , che questi occupano come residenza fissa? Questo era il perno della vicenda, l’argomento “chiave” del testo di Brancato che da musical “vintage” d’altri tempi è assurto a thriller a sfondo giallo con lugubri e fosche immagini , una tensione mentale e psichica che la voce fuori campo di Alberto Pagnotta ha cercato d’accreditare per indurre il pubblico a tentare d’aiutare i residenti a sciogliere l’intrigante omicidio nel secondo atto. Nell’intervallo intanto gli astanti dovevano provare ad aprire con una delle chiavi delle stanze, che avevano in dotazione, la cassetta con un tesoro nascosto posizionata al centro della sala. Dopo un intervallo consumato tra calici di prosecco e chiacchiere mondane, nella seconda parte della rappresentazione Terenzia s’è letteralmente trasformata, mostrando anche lei tutta quella sensuale bellezza fisica ed estetica che prima il modesto e riservato abito scuro, marrone per la precisione con cuffia bianca, le aveva tolto. Prima l’abbiamo osservata con uno scintillante vestito bianco lungo da gran sera ed in parte trasparente, come quelli che si sono messi in mostra con gli artisti/e e produttori sul “red carpet” di Cannes per il Festival del Cinema vinto dal transalpino “Anatomia d’una caduta” della regista Trier che non ha perso tempo per polemizzare con il presidente Macron provocando le stizzite reazioni della ministra della Cultura, con il ruolo di cantante e poi come femmina fatale da circo inghirlandata da palloncini rossi e blu che ha fatto volare nella sala , scorazzandovi giulivamente. A questo punto il primato di lepido piacere ed attrazione per lo sguardo degli ospiti dell’incantevole Angelica s’è incrinato e s’è aperta una bella competizione per il titolo di “Miss fascino ed eleganza” della serata. Risolto il giallo dell’omicidio del proprietario Francesco, con le responsabilità ricadute su Michael senza tuttavia delle palesate prove convincenti, la pièce giostrata quale cena con delitto, arricchita da citazioni tratte dai più famosi musical del West End londinese ,s’è chiuso volgendo l’asticella verso il mondo dei cabaret musicali e dei megaschermi in celluloide di Broadway con un leggiadro e festoso ballo di “tip – tap”, ideato magistralmente da Biocca, con cilindro e bastone davvero scatenato ed esteticamente suggestivo. Insomma con spirito “soft” e vezzosamente musicale sono stati trattati diversi temi di cui si sta discutendo in questo periodo : dall’identità di genere alla necessità d’essere se stessi senza infingimenti o compromessi ,la devastante solitudine che rischia di distruggerti fino a compiere gesti inconsulti ed i ripetuti atti d’intolleranza civile per la fobia e la repulsione omosessuale in coloro che si ritengono superiori per appartenenza ad una “ metà del cielo” o per un’ideologia delirante ed estremista, che ritenevamo archiviata e che invece arriva a temere la sostituzione etnica invece d’affrontare la questione dell’accoglienza e ripartizione europea dei migranti. Peccato che il grazioso ed avvincente lavoro sia durato solo due giorni.

Giancarlo Lungarini

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