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Aspettando Re Lear al CTF

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Il gioco massimo di aspettando…….Go…. Re Lear. Lo so il titolo vi sembra stravagante e diverso rispetto al solito, perché alla fine bisogna aspettare cosa esattamente? Aspettare che la pazzia all’interno del re Lear entri funesta nella sua mente, o molto semplicemente che entri in noi spettatori, magari lo spettacolo vuole farci essere giudice di ciò che accade e di ciò che è accaduto. Un tempo, in cui poter comprendere che ciò che è stato fatto, è stato fatto semplicemente per amore delle tre sue figlie, ma effettivamente la riconoscenza non gli è stata benevola. La cosa più carina è stato il matto rappresentato come figura in carne ed ossa che gli si pone dinanzi a lui, ma che effettivamente aveva molto più ragione di tutti gli altri personaggi, ed allora il matto non è veramente matto, e forse tutto questo vuol farci comprendere che i mazzi per quanto possano togliere il terreno da sotto i piedi senza farci avere una stabilità reale, forse sono quelli veramente più sinceri, reali, propensi a dire la verità. Naturalmente si parla di intrighi, di atmosfere torbide, in cui non si riesce effettivamente a comprendere se il valore è dato dall’amore per le figlie, o da parte di un altro personaggio che per il dolore è costretto a cavarsi gli occhi, per il dolore che gli danno i suoi figli, che tra l’altro non vengono riconosciuti poiché si travestono da mendicanti. Conosciamo tutti questa storia, la tempesta ne fa solamente da padrona, la tempesta che abbiamo dentro, la tempesta che abbiamo nel cuore, o molto semplicemente la tempesta che si trova veramente fuori, e quella che distrugge e ci rende tutti un po’ folli, un po’ matti, senza riuscire a comprendere se effettivamente in questo mondo ci sia rimasto un barlume di lucidità. Questo pensiero mi si affiora non solo durante l’osservazione dello spettacolo di ieri, ma anche parlando con le altre persone, che ad oggi non esiste più un mondo realmente riconosciuto come quello di prima, dettato dall’intelletto umano, o semplicemente da dei valori e da un modo di pensare che per quanto possa sembrare le droghe ma almeno aveva un barlume di lucidità e di senso, ad oggi invece sembra che sia tutto quanto così caotico, così stravagante, e allora questo qua è il caos non è la follia, non è la pazzia, è semplicemente l’astratto. Naturalmente questa mia recensione critica e folle come lo era l’opera di ieri, al Campania teatro festival, dove si è potuto assistere ad una distruzione del IO persona (sempre che ne esista una) e del “concepimento” dell’assurdo. Posso solo dire che lo spettacolo di ieri è stato davvero intrigante e meraviglioso. Un metodo Stanislavski per rappresentare la pazzia e la follia preso al 100%, quel senso di spazio di ordine insito nel modus operandi, che solo Beckett in persona riusciva a usare, ma non c’è altro da aggiungere, si si è perso lo spettacolo di ieri ha perso un grandissimo spettacolo.

Emmanuele Paudice

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