Non sempre è facile trovare l’intesa tra le riflessioni d’un brillante e sofferto pensatore scrupoloso ed il divagare scanzonato istrionico e beffardo d’un attore che il pubblico proprio per queste sue doti innate d e raffinate dall’esperienza artistica ha imparato ad apprezzare divertito e soddisfatto quando lo vede sornionamente all’opera. Stavolta invece il perfezionista della bizzarra e sciolta parlata popolare Antonio Rezza è riuscito ad inserire i concetti politico – sociali del genovese Fabrizio De André nel quadro del suo ultimo lavoro che ha originalmente presentato fino a domenica scorsa al teatro Vascello di via G. Carini, secondo una prassi consolidata dal 2015 per le Feste di Natale. Purtroppo quelli di Fabrizio sono i pensieri che prima e dopo i suoi concerti egli formulava sul mondo civile e politico, esternando dei giudizi etico sociali che la moglie Dori Ghezzi, inossidabile e sempre bella, ha donato alla coppia Rezza e Mastrella in quanto se ne potessero giovare per un pubblico fine in uno dei loro lavori. Ebbene l’occasione s’è avuta con la quarta importante produzione della loro pluridecennale attività, che segna una linea evolutiva della loro drammaturgia satirica e spaziale, che adesso ripropongono con una veloce cavalcata scenica tripartita fino al 14 gennaio al teatro di Monteverde con la direzione artistica di Manuela Kustermann. In codesta rivisitazione delle loro creazioni sono partiti proprio dall’ultima con la “video mapping” e frammentarie video proiezioni in cui si scorgono la figura di De André e le sue febbrili operazioni compositive, interrotte dall’essere stato rapito in Sardegna per poi essere rilasciato dopo un periodo di prigionia con l’anonima sequestri sarda. La voce, le meditazioni morali e democratiche, di Fabrizio s’alternano alle divagazioni fantastiche e mirabolanti, spesso fini a se stesse, di Antonio che si muove dinamicamente sul palcoscenico con un velocipede o con i mantelli, teli, bianchi, azzurri, rossi ed arancioni che la Mastrella foggia apposta per lui. Rezza sostiene che con l’infanzia finisce la spensieratezza, bisogna industriarsi per realizzare qualcosa e volteggia come una ballerina in tutù azzurro sulla scena, mentre si percepisce un aforisma di De André “Quando c’è tempesta il pesce tondo va a fondo, mentre con la bonaccia il pesce palla viene a galla”. Si passa poi maliziosamente alla religione con una laica preghiera ad un’entità superiore e si osserva che i cattolici sono come fedeli la metà degli islamici, lasciando quindi il campo ad una curiosa dislocazione e testa oscillatoria di Rezza nei tipi di Rocco e Rita, trastullandosi con un cappello, che si scambiano di personalità e “ludus” interfacciale con lo spettatore che deve indovinare con chi interagisce. Di Fabrizio viene ricordato il CD ” Le Nuvole” e quindi s’accenna ad una delle tante terapie di gruppo per Peppe che soffre di ansia. Come non andare con la mente alla difficoltà di scelta per i giovani maturati alle Superiori della Facoltà Universitaria e qui ognuno dei grandi: papà, fratello dalla Germania e nonno dà delle sue indicazioni particolari : Economia e Commercio, Giurisprudenza ed Agraria, per cui il singolo resta indeciso e sconcertato. Per il fisico è meglio essere alti e slanciati con una maggiore eleganza seducente, dalla bassa statura è invece agevolata la circolazione sanguigna; tutto questo è ad un ritmo forsennato con l’intercalare delle due fonetiche che rendono godibile al pubblico la pièce in un fragore di risate. Di seguito si tira in ballo Aristotele con la differenza tra essenza e forma e Rezza dice che sono il suo IO integrale che discetta dei fratelli Karamazov quando sovviene Ivan Bellavista che gli rimprovera di rubargli la voce con la testa bassa ,giocando allo sdoppiamento del personaggio .Il ragionamento politico di De André si chiude con la condanna del fascismo individualistico rispetto alla collettiva comunità democratica. Al contrario Rezza tiene a distinguere San Francesco d’Assisi da Santa Rita da Cascia per cui il Tribunale dell’ ex Sant’Uffizio e dell’Inquisizione non può che chiamarsi Sacra Rota. Altri spunti finali con ghirigori di ritagli sarcastici sono offerti da Bargapapà, dal tracollo dell’Impero Portoghese nella prima metà del Settecento dopo essersi spaccato da quello spagnolo,dalla difesa delle culture etniche, dalla “Fallocrazia” di crasi greca e latina, dalle coppie fallite con la donna lasciata che ritiene di risolvere i suoi problemi sposando un ricco pretendente ed il povero Maurizio vicino a Sara, Valentina e Graziella si domanda se per caso sia lui l’ingenuo beffato o se sia assurto al ruolo di Rodolfo Valentino. Insomma “Amistade”, che nel dialetto isolano del Campidanese e gallurese significa “Amicizia”, riprende da Fabrizio e da “Fratto X” del 2013, con le scie luminose che tratteggiano figure antropomorfe ed il lascito ideologico di un De André ribelle al conformismo ; ha ottenuto un clamoroso trionfo in Cina e più apertamente nella democratica Lituania di Vilnius, con un tutto esaurito pure nella settimana di repliche a Roma. Ora dal 19 al 31 tornerà “Fotofinish” che è stato più impegnativo per la coppia, che non lo riproporrà perciò in futuro dopo venti anni dalla messa in scena poiché i due, per loro stessa ammissione, hanno perso la freschezza e vitalità giovanile con cui ruppero il cordone ombelicale con il passato. La persona non desidera catene, vincoli di sbarramento e costrizioni, esplodono sensazioni emotive e confronti con la realtà in perenne trasformazione. In scena saranno stavolta in tre : con Rezza e Bellavista vi sarà infatti anche Manolo Muoio. Infine dal 3 al 14 gennaio dell’anno ormai vicino si potrà rivedere “Ubris”: è la mancanza pirandelliana della quarta parete, v’è al centro del palcoscenico una porta da cui entrano ed escono gli 8 attori della Compagnia. La trilogia mostra come eravamo e siamo diventati, alla guisa di quello che fa, con degli spezzoni remoti contenuti nele sue teche, come in uno specchio di paragone “TV 7” il venerdì sera su RAI1. L’Habitat disegnato da Flavia Mastrella denuncia che stiamo andando alla deriva con lo smarrimento della comunicazione significativa e diretta nella relazione interpersonale per l’uso sempre maggiore dei cellulari e “Network”, l’avvento progressivo dell’AI (Intelligenza Artificiale”),il voler dominare e sfruttare la Natura ed il Creato, senza ricordare che è una meraviglia divina che richiede i suoi spazi, che vanno rispettati e dalla Conferenza di Dubai abbiamo avuto come parziale risultato che fino al 2050 ci sarà tempo per la “transizione green” con l’abolizione delle risorse fossili. La trilogia è coprodotta dal Teatro Sardegna, dal Teatro Vascello e dalla Ditta Rezza – Mastrella. Una “full immersion” consigliata a tutti coloro che non hanno visionato nel passato i singoli lavori. Bel divertimento per le Sante Feste!
Giancarlo Lungarini