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La liberazione dai traumi e la pedagogia del dolore con Pepping Tom all’Argentina

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Con l’arrivo dei “giorni della Merla” e l’abbondanti nevicate nella Pianura Padana con la forte discesa della metereologia climatica, è scattata l’operazione d’avvicinamento alla diciottesima edizione del Festival “Equilibrium” organizzato dalla Fondazione Musica per Roma in collaborazione con il Teatro di Roma, di cui recentemente è stato nominato il nuovo Presidente ovvero l’ex Direttore Artistico dei Teatri di Napoli e Catania tra una miriade di polemiche con una netta spaccatura del Consiglio d’Amministrazione, Spellbound, nonché per la prima volta con l’Opera di Roma. Il Festival, che ha avuto come sempre un’Anteprima, di cuI parleremo sotto, all’Argentina, occuperà le due settimane centrali di febbraio dal 9 al 24 nella Sala Petrassi dell’Auditorium , ma sarà pure al Palladium della Garbatella in un paio di circostanze. Si tratterà di 16 serate di coreografia contemporanea internazionale ed italiana con in più un pomeriggio ed una notte all’Auditorium per fanciulle leggiadre e dinamici bambini. Si spazierà dai virtuosi assolo alle scintillanti esecuzioni a due ed ensemble del Corpo di Ballo con splendide novità assolute quali iridescenti stelle del firmamento per uscire da questo travagliato ed incerto periodo di ripresa dopo la pandemia del Covid e guardare con fiducia e speranza di successo avanti. Secondo il direttore artistico Emanuele Masi le sensazioni di gioia, bellezza ed ironia saranno i caratteri principali e distintivi della rassegna in un vortice di emozioni e sensazioni a priori, come l’appercezioni kantiane. Dunque verranno a Roma alcuni dei più insigni coreografi e ballerini  del panorama tersicoreo del Vecchio Continente, tra cui :Benjamin Millepied, Meg Stuart,  Wayne McGregor, Ann Van De Broek, Marcos Morau, cui s’uniranno gli italiani Sofia Nappi, la Compagnia Bigi – Paoletti, il duo Milano – Russolillo e Camilla Monga. Intanto allo Stabile di Roma è andata in scena la rappresentazione ospite di Pepping Tom “S  62° 58’ , O 60° 39’” ricavato da un’idea di Franck Chartier  sulla tragicità dell’esistenza con i risvolti delle paure e frustrazioni interiori. Riportandosi al naufragio ed affondamento tra i ghiacci del Titanic nella navigazione transoceanica dopo il suo varo nel 1912,Chartier ha elaborato l’incagliamento tra i ghiacci dell’Antartide d’un relitto d’una barca a vela in cui i sopravvissuti non hanno alcuna speranza, come i salvati dai campi di concentramento nazisti  di cui sabato ricorrerà il settantanovesimo anniversario della liberazione da Auschwitz; per la precisione siamo nella desolata e polare isola di Deception senza alcun riparo, protezione e possibilità di alimentazione, dato che gli SOS lanciati ed i “Myday” non ottengono alcuna ricezione e risposta. S’aggirano spaesati nella Natura fredda e bloccata dagli iceberg confidando che, per la  misericordia divina, possano sciogliersi, alla maniera che sta avvenendo ora con i “Gas serra” ed il buco dell’ozono, tuttavia le loro preghiere vanno a vuoto e non possono che arrendersi al fatale ed irreparabile destino, come fu per l’equipaggio ed i naviganti del Titanic o per i marinai del sommergibile russo esploso sulla fine del ventesimo secolo nei fondali della Siberia e per cui non ci fu niente da fare per recuperarli nonostante gli immani tentativi compiuti per sottrarli alla lugubre sorte. Disperati come lupi randagi ed ombre erranti senza meta s’aggirano nella penombra di quelle lastre gelate e l’ottima scenografia di Pepping Tom e Justine Bougerol con le luci soffuse e scure simbolo della catastrofe,  messa sotto gli occhi del pubblico attonito e silenzioso, hanno permesso di concentrarsi meglio sul funesto epilogo della vita dei passeggeri. Dopo il dramma umano s’è passati al caleidoscopio immaginifico dell’impressioni vissute dagli attori in simile situazione : la performance viene trasposta in teatro ed i naufraghi diventano artisti che si calano nei loro personaggi “eroi della disfatta”, alla maniera delle navi che nello stretto dello Yemen sono attaccate dai ribelli “Huti” che appoggiano gli sciiti iraniani ed Hamas palestinese, con una molteplicità d’identità , relazioni e tetri, angosciati , stati d’animo. Rivivono pirandellianamente quella terribile avventura, come i tre morti con l’elicottero nella fitta nebbia del Canada vicino a Vancouver, con i loro sentimenti e le pulsioni interiori alla stregua del romanzo dell’agrigentino padre del relativismo letterario in “Ciascuno a suo modo” cacciando il regista, che si ripara in un palco quasi fossimo nella pellicola “Stranezza” di Roberto Andò, che vorrebbe guidarli in una più capillare analisi del sentire psichico dei condannati alla morte. Abbiamo l’emigrante africano che s’abbandona esausto al suo venir meno come il bambino sulla spiaggia ellenica od i morti a centinaia di Cutro di cui a febbraio celebreremo l’anniversario; un padre deve consolare il suo bambino della perdita perenne della madre a maniera di quanto accade nel film “Io Capitano” in cui due ragazzi approdano dopo tante traversie in Occidente ed in seguito alla scomparsa della madre del protagonista, che la solleva idealmente in volo sul deserto, come se la potesse portare in salvo con sé. Non manca nemmeno una coppia che muore due volte quali Romeo e Giulietta provando le gravi sofferenze dell’uno e dell’altra per il venir meno del partner ed il diniego straziato ad accettare psicologicamente la verità. Perciò la tragedia si sperimenta a più riprese sul palcoscenico ed ognuno cerca di sganciarsi dai traumi interiori provati, mentre fervono interrogativi su ciò che di grande desideriamo costruire sul palcoscenico e come assorbire utilmente il dolore degli incidenti e disgrazie, come quelle dei sinistri naturali o dei decessi  sul lavoro. Si medita su quali concetti ed appelli civili e comunitari vorremmo lasciare come nostra scia oppure , sostiene il protagonista dell’intenso e pedagogico dilemma lacerante ed imperioso del finale, spogliandosi degli orpelli dei nostri trucchi e vestimenti, scendendo nudo in platea, occorrerebbe  rinunciare ai travestimenti, alle maschere ed ai doppi individui personali celati con l’apparenza in sé rispetto al vero essere se stessi, per rivendicare il genuino amore ed i  testi dei sommi autori del teatro classico del passato : Kafka, Sartre,  Pirandello, Cechov per trovare le linee guida del nostro essere al servizio della società e del bene comune statale, arricchendo la nostra cultura. Non dobbiamo cedere  alla violenza, assurgere a dittatori e tiranni, simili ai regimi totalitari di Iran, Russia, Bielorussia, Algeria, Siria ecc.; è ineludibile andare alla ricerca d’un genuino leader politico e spirituale, che non miri alla guerra come mezzo espansionistico nella concezione totalitaria hitleriana di “spazio vitale” . Ciascuno di noi è mosso dalla “Memoria involontaria”, dai ricordi inconsci sedimentatisi in noi finché non riaffiorano alla mente come il “flusso di coscienza” joyciano e per l’ispiratore Franck Chartier questo è lo schiaffo che suo padre dette alla mamma mentre erano a tavolo per il desinare. Siffatti “ mostri” dannati e spettri dell’Es bisogna rimuoverli da noi stessi, allontanarli come Cristo faceva con gli indemoniati se i malati ed i posseduti dal Diavolo tentatore avevano la Fede e l’umiltà di riconoscerlo quale nostro Salvatore e Redentore; per cui è essenziale avere la capacità di rielaborare il dolore e ripartire con uno spirito di rinascita battesimale o pentecostale in Gesù.Soltanto così potremo cambiare atteggiamento, carattere e divenire artisti, educatori e punto di riferimento per gli altri, invece che essere egoisti e mefistofelici soggetti spregevoli. Pure la coreografia ed i costumi sono di Pepping Tom con Yi – Chun Liu per una pregevole realizzazione teatrale danzata e mirabilmente sinestetica in cui l’astro di Pepping è rifulso a livello impressionante, peccato per solo tre serate.

Giancarlo Lungarini.

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