Il 10 febbraio 2024 al “Teatro Gustavo Modena” di Genova
“ Barbie e Ken” è una Produzione “Teatro la Fuffa, Fondazione SAT” con il sostegno di “TRAC Puglia”, “LaRibalta Novara”, “Artisti associati Gorizia”, “Maggio all’Infanzia”. La regia è di Filippo Capparella e Saskia Simonet. In scena sono Letizia Buchini e Filippo Capparella. Un attore ed una attrice sono dentro due scatole dove a malapena stanno i loro corpi. I due artisti prendono le sembianze di Barbie e Ken in uno scaffale del Toy Center. I due sono l’uno vicino all’altra, e dall’interno della loro colorata dimora sfornano i loro sorrisi dipinti da giocattoli. Il tutto lascia sognare che la loro sia una coppia eternamente perfetta. La scena si svolge oltre un telo di nylon appeso all’americana alla due quinte a lato. Alla base, l’effetto scatola è completato da un bianco tappeto di danza. Barbie e Ken sono due bambolotti creati dall’uomo a sua immagine e somiglianza per essere considerati foggi da seguire. I due giocattoli conversano tra loro, in modo semplice. Le loro domande e le loro risposte sono scontate ma non hanno un perché. Le due creature inanimate sono lo specchio della nostra società che ci costringe a seguire stereotipi confezionati. Modelli che impediscono di formulare domande e soprattutto di pensare. Perché il pensare crea interrogativi e questo è inutile e dannoso. La società e la pubblicità sono delegate a pensare al nostro posto. I due bamboli con la loro leggera conversazione spaziano oltre il loro sapere senza rendersene conto. Così ben presto le loro conoscenze diventano dubbi. Ma nello stesso tempo ogni dubbio ha una risposta che nello stesso tempo non ammette interrogativi. A poco a poco però la conversazione sfiora il profondo fino a toccare i processi esistenziali che mettono a nudo la loro piatta esistenza fatta di bambole senza età e senza tempo. Ma anche loro pur non essendo umani possono avere la facoltà di ribellarsi al loro stato. Barbie e Ken con il loro dubbi sentono a poco a poco sgretolare le loro certezze. I due bambolotti vivono la loro prigionia di giocattoli, fino al momento in cui decidono di rompere gli schemi di cui si sentono vittime. La loro reclusione è equiparata alla prigionia senza catene dell’essere umano. Perché l’uomo come il giocattolo è vittima dello stesso assopimento mediatico.
Giuliano Angeletti