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Dal 21 settembre al via a Napoli la diciassettesima edizione del Campania Teatro Festival

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“Battiti per la libertà”. È questo il significativo slogan della diciassettesima edizione del Campania Teatro Festival, l’ottava diretta da Ruggero Cappuccio, in programma dal 21 settembre fino al 15 dicembre.
Realizzato con il sostegno concreto della Regione Campania, e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, il Campania Teatro Festival, che è parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association), si avvale anche nel 2024 del contributo che il Ministero della Cultura destina al rilievo multidisciplinare e alla qualità della programmazione.
Tante le novità di questa edizione. Non solo la data, slittata di tre mesi rispetto a quella tradizionale, ma anche la rinuncia alle sezioni e agli spazi all’aperto. Tuttavia, il Festival anche quest’anno sarà ricco di appuntamenti importanti, con ben 40 spettacoli, molti dei quali al debutto, privilegiando, come da virtuosa strategia, le drammaturgie contemporanee.

INTERNAZIONALI
Otto gli attesissimi spettacoli internazionali, con grandi nomi del panorama teatrale che faranno tappa a Napoli: Bob Wilson, Jan Fabre, Euripides Laskaridis, Nat Randall e Anna Breckon, Patrick Blenkarn e Milton Lim, Luciano Rosso, il “nostro” Antonio Latella con Maria Kallimani e una giovane e talentuosa Compagnia greca.
Il geniale regista americano Bob Wilson proporrà il suo “Ubu” il 12 ottobre (con due repliche il giorno successivo), nello spazio del Galoppatoio della Reggia di Portici. L’opera naturalmente si ispira al famosissimo testo che Alfred Jarry scrisse nel 1896. Una critica contro la guerra e il totalitarismo che presenta ancora oggi elementi di preoccupante modernità. Nell’affascinante messa in scena di Wilson, che nasce dallo stretto legame con le ricerche e le creazioni di Joan Mirò intorno all’universo di Ubu Roi, il tiranno ritorna sotto l’ombrello dei paradossi e delle attuali disuguaglianze. Con Mona Belizán, Biel Morro, Marina Nicolau, Alejandro Navarro, Joan Maria Pascual, Sandrine Penda, Joana Peralta, Sienna Vila & Alba Vinton. Il cast- come scrive nelle note il co-regista Carlo Chemin- è però considerato come un insieme, dove la nozione di personaggio sfuma. “È tutta una recita ed è tutta danza. Utilizzando il montaggio di testi e movimenti come un collage dinamico, con mezzi diversi come burattini, striscioni, animali, danze grottesche e voci registrate, costruiamo una costellazione di sequenze che consentono al pubblico la libertà di interpretare e costruire la propria prospettiva su questa rappresentazione ridicola del potere e della barbarie”. Lo spettacolo è stato commissionato come momento finale della mostra “Personae. Maschere contro la barbarie”, ispirata alla fascinazione di Joan Mirò per l’opera di Jarry, curata e presentata da Imma Prieto all’Es Baluard Museo d’Arte Contemporanea di Palma di Maiorca. Bob Wilson il 12 ottobre, giorno del debutto di “Ubu”, incontrerà il pubblico del Festival prima dello spettacolo alla Reggia di Portici. Un appuntamento da non perdere.
Sono due, invece, gli spettacoli che il talentuoso e sempre originale regista belga Jan Fabre propone al Festival, entrambi nella Sala Assoli di Napoli. Una protesta contro la realtà e le sue leggi, contro i fatti e il loro conformismo. Questo, e non solo questo, è “I am a mistake”, letteralmente sono un errore, il testo di Jan Fabre che va in scena con la sua regia il 12 e il 13 novembre. Scritto da Fabre nel 1988, e dedicato non a caso al sovversivo cineasta Luis Bunuel e ad Antonin Artaud, il lavoro teatrale è una professione di fede da parte dell’artista, una schietta confessione, un mantra che ripete e divide. “Io sono un errore Perché non appartengo a una razza/Io sono un errore Perché sono un movimento solitario/Io sono un errore Perché sono ancora curioso/Io sono un errore Perché sono l’acerrimo nemico di me stesso”. Questo l’incipit di un monologo per fumatore incallito, come lo definì lo stesso Fabre, che invitò a partecipare alla creazione il compositore tedesco Wolfgang Rihm. Protagonista dello spettacolo è Irene Urciuoli.
Il 10 dicembre (con replica l’11) approda a Napoli “I am sorry”, con Stella Hottler, che avevamo già apprezzato nel Campania Teatro del 2020. In questo caso la bravissima performer tedesca interpreta un personaggio perso e confuso, in un mondo che cambia. Si scusa per tutto, per come appare, per come si comporta, per quello che dice. Si incammina sulla strada dell’autocensura, mentre crede fermamente che invece il percorso giusto sarebbe quello di impegnarci in discussioni, scambiare idee o semplicemente parlare tra di noi. Quando una società si rifiuta di ascoltare le opinioni dissenzienti, finisce con l’indebolirsi e non rafforza le proprie argomentazioni. Il dialogo, si chiede e ci chiede Fabre, non è forse la base della democrazia?
Una donna affascinante, in Italia il ruolo è affidato ad Euridice Axen, recita la stessa breve scena per 100 volte con altrettanti attori non professionisti per 24 ore di fila. È questo il particolarissimo schema drammaturgico di “Second woman”, lo spettacolo di Nat Randall e Anna Breckon che il Campania Festival propone dal 14 al 15 dicembre al Teatro di Corte di Palazzo Reale. Ispirato a “Opening night”, il famoso film di John Cassavetes del 1977, questo singolare esperimento teatrale esplora, anche attraverso un uso sapiente del video dal vivo, le regole comportamentali di genere e le dinamiche di potere. La trama è semplice: Virginia attende in una stanza la visita di Marty, con il quale in precedenza ha litigato. Lui arriva, si scusa per la sua reazione precedente, bevono un drink, lei gli chiede rassicurazioni, ballano. Lui se ne va, lei riordina, resetta la musica, si siede ad aspettare il prossimo ragazzo. Co-produzione della Fondazione Campania dei Festival.
Un’altra maratona teatrale che va vissuta fino in fondo è “Asses Masses”, co-creazione di Patrick Blenkarn e Milton Lim, con la drammaturgia di Laurel Green, che si potrà vedere il 17 novembre alla Sala Pasolini di Salerno. Asses Masses è un videogioco progettato per essere giocato interamente dal pubblico dal vivo, una persona alla volta. Un’opera immersiva e originalissima. La storia epica, della durata di oltre 7 ore, di un branco di asini disoccupati, che cercano di riottenere le proprie mansioni sostituite dall’automazione. Spettatori coraggiosi si alternano alla guida della mandria, per scoprire la differenza, in una società post-industriale, tra il lavoro che ci determina e il gioco che ci libera. I canadesi Patrick Blenkam e Milton Lim sono artisti concettuali che si fanno domande sull’attuale valore sociale dell’arte, regalandoci un’opera sfrontata e politica. Una sorta di “La fattoria degli animali” che incontra “Pokemon” e “Final Fantasy”.
Lo avevamo conosciuto e apprezzato nel 2018 in “Un poyo rojo”. Lo ritroviamo con piacere al Festival in “Apocalipsync”, in programma il 19 e il 20 ottobre al teatro Nuovo di Napoli. È Luciano Rosso, talentuoso performer argentino che ci accompagnerà questa volta in un viaggio sbalorditivo e divertente sui molteplici modi per evitare la noia. Nato nel 2020, durante la pandemia, lo spettacolo di Luciano Rosso e Maria Saccone ci offre una riflessione sull’isolamento e la creatività, mostrandoci un uomo immerso in un mondo che limita la sua libertà, che attraversa una crisi esistenziale, al termine della quale ritroverà se stesso. Con grande autoironia e momenti di pura comicità, tra trasformismi, lipsync, clownerie e danza, “Apocalipsync” è il cammino che il protagonista percorre per trovare la propria natura più pura, per dare un senso alla propria vita. La regia è di Luciano Rosso, Maria Saccone e Hermes Gaido.
“The Glass Menagerie”, ossia “Lo zoo di vetro”, di Tennessee Williams è il capolavoro teatrale che Antonio Latella ha scelto per il suo primo lavoro in Grecia, nato grazie all’incontro con la famosa attrice Maria Kallimani e una Compagnia di giovani e talentuosi attori. Lo presenta al pubblico napoletano il 17 ottobre al teatro Nuovo. La famiglia come Nazione, la memoria storica e individuale, il tema della trasparenza che diventa quello della ricerca. Sono questi gli elementi fondanti, come spiega Latella nelle note di regia, di un emozionante testo. ” Guardare attraverso il vetro. Guardare attraverso le emozioni dell’anima. Togliere le impurità del vivere e cercare un’ “assoluta” perfezione, anche se sappiamo bene che così non si può vivere, come ne sono consapevoli tutti i protagonisti di questa nostra grande storia. Allora perché ricordare? Perché raccontare la storia della propria famiglia al grande pubblico, perché far diventare una questione privata una questione pubblica? Forse esiste una risposta, ma credo che questa risposta vada cercata nella vita privata di Williams stesso. Un autore che chiede a tutti noi di allontanarci dal realismo e provare a rivisitare questa storia attraverso gli occhi della mente, andare oltre ciò che si vede per provare a vedere nell’oscurità”.
Un arazzo poetico e immaginifico. Così si annuncia “Titans”, l’originale mix di performance, danza, circo contemporaneo e arti visive nato dal genio creativo di Euripides Laskaridis, in programma al Festival in data e luogo da stabilire. In un vuoto indefinito, un essere cosmico dal genere non specificato si dondola dolcemente su un’altalena. Fronte larga, ventre gravido, forse per un bambino o forse soltanto di idee. Onnipotente e sempre presente, da prima dell’inizio di tutto. Immortale e irrequieto. Sempre bisognoso di un compagno: una presenza impercettibile, una figura-ombra che scivola nell’oscurità circostante per far girare questo particolare cosmo. L’artista greco, tra i più importanti coreografi del panorama internazionale, crea in questo lavoro un nuovo mondo accattivante ed enigmatico, e ci conduce per mano in un viaggio alla scoperta dei nostri desideri ancestrali. In un luogo dove la magia dell’ideale si scontra con la crudezza del reale, svelandoci come in un sogno le nostre fragilità e i nostri limiti. Con Euripides Laskaridis, che cura anche la regia, e Dimitris Matsoukas.

PROSA NAZIONALE
Il Festival partirà il 21 settembre (replica il giorno dopo) al teatro Mercadante di Napoli con “La prima luce di Neruda”, la trasposizione teatrale del famoso romanzo di Ruggero Cappuccio. Lo spettacolo, coprodotto dalla Fondazione Campania dei Festival e dal Teatro dell’Elfo di Milano, porta in scena, con la regia di César Brie, due stagioni della vita del famoso poeta cileno: quella dell’amore, delle speranze e di un mondo che si trasforma, ma anche la stagione del buio, della violenza e della morte. Una storia soprattutto di libertà. La invocano alla stazione di Roma grandi intellettuali italiani (Morante, Moravia, Guttuso, Levi), che si oppongono al decreto di espulsione che vuole Neruda estradato in Svizzera; la cerca una donna, Matilde Urrutia, che osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. Il plot narrativo viaggia tra presente, passato e futuro, tra l’isola di Capri, dove i due amanti danno profondità e luce a una passione segreta, e il Cile del golpe di Pinochet, teatro di una sanguinaria dittatura. “Il potere non perdona la capacità di essere liberi”, scrive Cappuccio. In scena Cristina Crippa, Elio De Capitani, Silvia Ferretti, Umberto Terruso e Francesca Breschi, che incalzerà e cullerà con la musica e il suo canto dal vivo la sensualità dei corpi.
Nello stesso spazio di piazza Municipio si potrà assistere il 26 settembre a “Il medico dei maiali”, testo e regia di Davide Sacco, con Luca Bizzarri, Francesco Montanari, David Sebasti e Mauro Marino. Un intelligente gioco teatrale sulla monarchia, dove la raffinata strategia di un veterinario, coinvolto per caso nella constatazione del decesso regale, diventa il pretesto per indagare sulle trasformazioni che genera il potere e sulla natura ferina dell’uomo. “Quando le certezze cadono, quando muoiono i padri e crollano le torri, l’essere umano si mostra sempre per quello che è: una bestia, una bestia pronta a essere un uomo”, scrive Sacco nelle note di regia. Il testo, vincitore del Premio Nuove Sensibilità 2022, è il terzo capitolo della trilogia “La ballata degli uomini bestia” di Davide Sacco (Caracò Editore), che comprende “L’uomo più crudele del mondo” e “Sesto potere”.
Un lavoro di indagine ricco di spunti di riflessione è anche quello nel teatro fisico, alla ricerca di gesti che raccontino il nostro presente. La storica Compagnia dei Gordi, prodotta dal Franco Parenti di Milano, porta al Mercadante il 28 settembre “Note a margine”, per la regia di Riccardo Pippa. Le premesse di un’ultima tragica commedia, quella del rituale funebre, si infrangono contro l’impaccio della materia, la verità del corpo, le diverse sensibilità e gli imprevisti della vita. La nota a margine, un appunto che trova spazio sui bordi o alla fine di un testo impaginato, viene qui intesa come ogni gesto dedicato a chi se n’è andato, ma è anche rompere più o meno volontariamente la linearità di una cerimonia; è ogni nostra smarginatura, o sconfinamento, dovuta all’irrompere delle emozioni o a quella sensazione tutta umana di essere parte di una storia che ci precede e che non finisce con noi.
Cosa avrebbero detto Giorgio Gaber e Fabrizio De Andrè di questo nostro tempo presente? Quante nuove canzoni ci avrebbero regalato per aiutarci a comprendere meglio, sul filo dell’ironia e della poesia, una realtà che sembra esserci sfuggita di mano? Un omaggio a due grandi cantautori italiani, ma sappiamo bene che è riduttivo definirli tali, è “Tra Gaber e Faber”, lo spettacolo che Neri Marcorè propone il 1° novembre al Mercadante. Un viaggio emozionante, dove, tra capolavori intramontabili, monologhi e poesia in musica, Marcorè dimostra, con passione e rispetto, che il genio è sempre profetico. E riesce a parlarci oggi, a distanza di 21 e 25 anni dalla scomparsa di Gaber e Faber, di temi come la necessità di confronto e la libertà, anche di amare chi si voglia. Tanto, certo, avrebbero potuto ancora raccontarci, tanto ci hanno lasciato in eredità di pensiero. Con Marcorè in scena un’inedita band composta da sei talentuosi musicisti (Anais Drago, Fabrizio Guarino, Domenico Mariorenzi, Alessandro Patti, Simone Talone e Alessandro Tomei). Co-produzione della Fondazione Campania dei Festival.
Il ritratto di uno degli scrittori più importanti del nostro tempo, morto suicida nel gennaio del 2022, rivive il 3 novembre al Mercadante in “La notte di Vitaliano Trevisan”, una drammaturgia di Jacopo Squizzato con la mise en éspace di Andrea Baracco. I talenti attoriali, tra i quali quello di Massimiliano Gallo, incrociano il talento letterario di Trevisan e, attraverso un montaggio incrociato di alcune delle sue opere più famose (I quindicimila passi, Tristissimi giardini, Standards, Back tulips, Works) danno corpo e voce a un racconto di appassionata intensità emotiva.
Presenti nella stagione del Teatro di Napoli, e in collaborazione con la Fondazione Campania dei Festival, vanno segnalati altri tre spettacoli. Dal 25 ottobre al 3 novembre va in scena al Ridotto del Mercadante “Controimmagini”, l’omaggio che Michelangelo Dalisi dedica a Joseph Beuys, artista sciamano per eccellenza. Accostando immagini, azioni e frasi iconiche dell’inimitabile genio tedesco, si squarciano riflessioni sul mercato dell’arte, sul politicamente corretto, sulle etichette e su temi di stringente attualità. Aprendo a una visione olistica della realtà in cui nulla è più separato: società, natura, politica, economia, vita, tutto diventa opera d’arte. Con Michelangelo Dalisi, che cura anche la regia, e Marco Cacciola.
Non meno intenso, ma per motivi diversi, è “Laguna Cafè”, lo spettacolo di Giuseppe Affinito, con la regia di Benedetto Sicca, in programma dal 28 novembre all’8 dicembre sempre al Ridotto. In uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, due uomini si ritrovano dopo anni per affrontare ricordi e rimpianti. Compiono un viaggio emotivo che esplora l’amore e le relazioni e che li condurrà fino al compimento ineluttabile del loro destino. Un incontro che mette a nudo la vulnerabilità umana, l’inadeguatezza dei sentimenti e la ricerca di una verità condivisa. In scena Giuseppe Affinito e Gianluca Merolli.
Il 4 dicembre al Mercadante c’è poi l’atteso “Macbeth” di William Shakespeare, per la regia di Jacopo Gassmann, con Roberto Latini, Lucrezia Guidone, Nicola Pannelli e Olga Rossi. “Macbeth – come scrive Gassmann nelle note di regia – è il lungo viaggio di un uomo alle radici del male. O meglio ancora, il progressivo inabissamento di una coscienza nel vasto e inesplorato territorio del rimosso. Una lunga giornata che procede inesorabilmente verso la notte, una notte in cui tutto va storto, in cui l’ordine delle cose è rovesciato e la natura stessa viene ferita e violentata”. Attraverso un percorso a ritroso, che trasforma lentamente un guerriero all’apice della virilità in “un bambino sperduto con i capelli bianchi”. Co-produzione della Fondazione Campania dei Festival con il Teatro di Napoli.
E a conferma di una virtuosa sinergia con il Teatro di Napoli, il Campania Teatro Festival ospita anche “Noccioline”, il testo di Fausto Paravidino con cui si è concluso il triennio della Scuola per attori diretta da Renato Carpentieri. Lo spettacolo si potrà vedere dal 4 al 6 ottobre al teatro San Ferdinando di Napoli. Ventitré sequenze: ognuna ha un titolo che, con pungente ironia, collega ciò che accade in scena al mondo. Nella prima parte un gruppo di adolescenti passa dai giochi a confrontarsi con il presente, tra chiacchiere e piccoli soprusi. Nella seconda parte precipitiamo in una realtà possibile, in cui il gruppo si è separato in vittime e carnefici. “Noccioline è un testo politico e allo stesso tempo commedia divertente” afferma Carpentieri, che cura la regia dello spettacolo: “nasce all’indomani dei fatti del G8 di Genova. Una fortuna per giovani attrici e attori appena diplomati, per i quali vale ancora quello che dice l’autore: percepire la tragedia non vuol dire diventare migliori, ma volerlo sì”.

Particolarmente interessanti sono anche le 6 proposte del Campania Teatro Festival 2024 al teatro Sannazaro di Napoli.
Il 24 settembre si potrà assistere a “Ternitti”, la trasposizione teatrale del bellissimo romanzo del premio Strega Mario Desiati realizzata da Giusy Frallonardo e Paolo Russo. Una storia di emigrazione, sofferenza, ma anche amore e riscatto. Quello di Mimì, operaia cinquantenne, che, attraverso un dialogo con la figlia Arianna e la sua amica Teresa, traccia le linee della sua esistenza e fa rivivere sulla scena, con una narrazione di libertà che diventa impegno civile, il viaggio della sua famiglia in cerca di fortuna in Svizzera e il ritorno in Puglia, con maggiore consapevolezza e con la stessa voglia di lottare contro le ingiustizie. “Ternitti” è il nome che i salentini davano all’eternit, una promessa di ricchezza che si trasformò ben presto in dolore e morti per amianto. In scena con Giusy Frallonardo ci sono Magda Marrone e Maria Giacquinto, che nel doppio ruolo di attrice e cantante connette il piano narrativo a quello musicale dei Radicanto. La regia è di Enrico Romita.
“La denuncia”, scritto e diretto da Ivan Cotroneo, è invece la storia di una ragazza diciassettenne e della sua professoressa di italiano. Il plot si fonda su due versioni contrastanti, quasi un giallo, nel quale ogni dettaglio può essere essenziale. Lo spettacolo, in programma il 26 settembre nello spazio di via Chiaia, affronta i temi del consenso, del rispetto e del ricatto emotivo in un rapporto che contiene naturalmente in sé gli elementi della seduzione intellettuale. Una sfida dialettica e di visioni del mondo tra due donne in due età diverse della vita, che si rivelano, solo alla fine, più vicine di quanto si potrebbe immaginare. Le due protagoniste sono Marta Pizzigallo ed Elisabetta Mirra.
“Leviatano” di Riccardo Tabilio, con Giulio Forges Davanzati, Alessia Sorbello e Andrea Trovato, è la proposta del 2 ottobre. Lo spettacolo, profondamente radicato negli anni 90, decennio del grunge, neo punk e breat pop, nasce dall’immaginario dell’adolescenza dei protagonisti e approda, attraverso esperienze di vita vissuta e notizie di stampa incredibilmente vere, a un’indagine sulle infinite risorse della stupidità umana. Come dimostra in maniera chiara la storia di McArthur Wheeler, il rapinatore che assaltò due banche convinto che il succo di limone lo rendesse invisibile e finì col diventare soggetto di analisi per due studiosi di psicologia sociale. Nello stesso modo in cui il romanzo di Paul Auster, a cui “Leviatano” deve il titolo, ricerca attraverso la vicenda di un uomo solo tra le rovine dell’America post-industriale la filigrana del mondo contemporaneo, così il testo di Tabilio parte dall’episodio di cronaca che ha consegnato al mondo l’archetipo mitologico degli stolti per affondare lo sguardo nelle origini e nelle interpretazioni di quella stupidità che rappresenta da sempre il potente motore della Storia.
Quali sogni aveva negli occhi e nel cuore il giovane Marco Polo? Un monologo di Ettore Bassi, con un delicato accompagnamento di fisarmonica del Maestro Attilio Galizia, prova a rispondere a questa domanda il 3 ottobre sempre al Sannazaro. Prodotto nel settecentesimo anniversario della scomparsa del grande esploratore veneziano, morto l’8 gennaio 1324 all’età di 70 anni, lo spettacolo “Marco, un giovane sognatore”, esclusiva di Vivere d’Arte Eventi, prova a indagare sulle esperienze più profonde dell’autore de “Il Milione”: come viveva le attese del ritorno, le emozioni delle scoperte, la lontananza dalla sua Venezia, i nuovi costumi e le abitudini di popoli così diversi da lui? Un viaggio straordinario sulle rotte dell’anima di un personaggio e del suo capolavoro letterario.
Il tema dell’incomunicabilità tra artista e pubblico è il motore portante di “Nina Zarecnaya-personaggio immaginario”, testo e regia di Mauro Santopietro, che va in scena il 5 o il 6 ottobre. Ripercorrendo la trama del “Gabbiano” di Cechov, ci si accorge di quanto sia dilaniante e grottesca, ma anche attuale, la figura di Nina: una giovane ragazza che spende la sua esistenza alla rincorsa del sogno di diventare attrice, per poi concludere rovinosamente la carriera in un piccolo teatro di provincia. La pièce diventa così un modo per indagare su quello che lega oggi l’arte al mondo reale, sapendo bene che la vita non sempre riserba un lieto fine e che l’essere apprezzati ed accettati dagli altri è l’unico modo per trovare la felicità. Con Daniela Giordano, Luigi Diberti, Laura Mazzi e Sonia Barbadoro.
Paola Minaccioni presta, invece, corpo e voce alla figura di Elena Di Porto in “Elena, la matta di piazza Giudìa”, monologo di Elisabetta Fiorito, con la regia di Giancarlo Nicoletti, e musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi, l’appuntamento dell’11 dicembre al teatro Sannazaro. Il 16 ottobre 1943 le SS naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei. Fra questi c’è anche Elena, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha creduto, perché lei è la “pazza” del quartiere ebraico, “la matta di piazza Giudìa”. A ottant’anni da quella tragica pagina di storia, lo spettacolo è un emozionante viaggio nell’Italia della Seconda guerra mondiale, delle leggi razziali, della paura, ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attrice, fra dramma e comicità, di una delle più apprezzate interpreti del panorama nazionale. Il lavoro teatrale è liberamente tratto dal saggio storico di Gaetano Petraglia “La Matta di Piazza Giudìa”, edito dalla Giuntina.

Il Festival farà tappa, come è tradizione, anche al teatro Nuovo, dove, oltre allo spettacolo internazionale diretto da Antonio Latella, sono previsti 4 appuntamenti.
Il 9 ottobre va in scena “Aldilà”, un progetto di e con Alessandro Mor, Maria Grazia Solano e Marina Sorrenti, autrice del testo. Legati dalla comune esperienza al Piccolo Teatro di Milano diretto da Giorgio Strehler, i tre attori lavorano su un terreno che conoscono bene, dove hanno mosso i primi passi teatrali: la drammaturgia di Anton Pavlov Cechov. Ne è nato così un testo sulla vita, la morte, il teatro e l’amore, nel quale i personaggi attraversano l’opera del genio cecoviano e ne sono attraversati, mentre le loro esistenze si intrecciano in drammi amorosi e vicende ironiche e surreali. La vita e la morte convivono senza separazione, come un flusso continuo che li muove, li smuove e li rende eterni, nella scoperta che il confine tra la loro esistenza e l’agire teatrale è impalpabile e che il mistero della vita e della non vita è tale solo nell’immaginazione. La regia è dei tre protagonisti.
Due giorni dopo, l’11 ottobre, il Campania Teatro Festival propone “PAPàVERI-Sempre in piedi” di e con Rossella Pugliese, monologo originale e tragicomico che, a chiusura di una trilogia sui rapporti parentali iniziata con “Rusina” e proseguita con “Ultimo strip”, indaga sul rapporto difficile tra un padre e un figlio. Felice Mondo, su cui grava un nome e un cognome che sembrano farsi beffa di lui, è una personalità non risolta. La sua storia e quella del padre Giuseppe aprono interrogativi sulla totale incomprensione generazionale e sui legami di sangue, non più la forza che unisce ma il mostro contro il quale si lotta tutta la vita. Fino a diventare quasi un gioco perverso, in cui si cade e ci si rialza. Un misirizzi, il balocco di una volta con cui giocavano i bambini, capace, nonostante le continue percosse, di tornare sempre in piedi.
Il 13 ottobre va in scena, invece, “Acquario” di Dario Postiglione, una delle due sezioni del dittico EternautI, testo teatrale vincitore del premio InediTO – Colline di Torino 2024. Da qualche parte sul pianeta Terra, nella periferia depressa di una città costiera. L’Onda è forse solo una voce che si propaga, una psicosi collettiva che cresce e sembra sempre a un passo dall’accadere. Una ragazza ferma ad aspettare qualcosa, a bordo vasca di un delfinario in stato di abbandono. Una donna che vuole andarsene a ogni costo, invischiata nell’inferno di un call center. Un custode sordomuto che si aggira per il parco fatiscente e si cura degli animali lasciati lì a morire. E Miele, il delfino più solo al mondo, che manda enigmatici richiami dalla vasca. Un sogno, che forse non è solo un sogno, conduce tutti nelle profondità di un pozzo carsico, dove le cose precipitano senza rumore. La regia è di Giuseppe Maria Martino. Con Giulia Acquasana, Giampiero De Concilio e Simona Fredella. Un progetto del collettivo BEstand.
Nove giorni dopo, il 22 ottobre, nello stesso spazio di via Montecalvario, si potrà vedere “Il principe dei sogni belli”, con Noemi Francesca e Riccardo Festa, per la regia di Pierpaolo Sepe. Il testo di Tobia Rossi, drammaturgo, sceneggiatore e story editor, è una favola amara che parla di crescita e cura, di paura e responsabilità, di padri e di figli. Il racconto di un pomeriggio incandescente, di una proposta senza il carattere dell’indecenza, che procede a spirale fino a stringersi sul concetto di menzogna, inossidabile caposaldo della nostra educazione e identità. Produzione La Fabbrica dell’Attore.

La musica di grandi artisti, da Giovanni Lindo Ferretti ai Depeche Mode, si mescola alle parole più antiche e universali del mondo in “Ismene” del poeta greco Ghiannis Ritsos, l’“opera rock” in programma il 12 ottobre alla Galleria Toledo di Napoli. Interpretata da Flavia Pezzo, che sarà in scena con Massimo Bevilacqua, la protagonista è la quarta e dimenticata figlia di Edipo, sorella di Antigone. Ismene, apparentemente rimasta ai margini della storia, denuncia uno ad uno i familiari e il contesto che ha determinato la rovina nella quale essa stessa si trova, rivendicando infine la libertà di decidere del proprio destino. “Un monologo intimo e potente che entra nelle viscere della contemporaneità”, come lo definisce il regista Fulvio Cauteruccio. Un inno alla vita, alla forza femminile, al coraggio delle donne, ma che affronta tanti altri temi che appartengono al nostro vissuto quotidiano: l’incomunicabilità che cresce e finisce per divorarti come un cancro, l’illusione del potere, il timore dei propri limiti o delle proprie emozioni, la paura, il rancore, l’amore rinnegato o respinto, il rimpianto, la tentazione della resa, la scelta di andare avanti mettendo sé stesse al primo posto. Produzione Krypton.

Prodotto, invece, da Ente Teatro Cronaca (Italia), Compagnie D’Amato Stahly (Francia), Théâtre Molière-Sète, Scène nationale archipel de Thau (Francia) e Fondazione Campania dei Festival (Italia), approda il 19 ottobre al teatro Politeama “Orpheus Groove”, drammaturgia di Elvira Buonocore e Annalisa D’Amato, che cura anche la regia. Luogo dell’azione scenica è il laboratorio del fisico del suono, musicista e poeta Orfeo Shivandrim. Qui, un team di scienziati conduce studi sul suono allo scopo di riarmonizzare la vibrazione degli esseri umani e della Terra, che si sta drammaticamente affievolendo. Un progetto mirabolante che parte da un assunto reale: esiste una condizione globale, un malessere che ci riguarda tutti. E un obiettivo cruciale: come fare a stare bene? Come curare questo mondo troppo offeso? Una donna, in particolare, si staglia al centro della narrazione. A lei si affidano tutte le istanze di rinascita. Mescolando le altezze dei grandi compositori alle più piccole fragilità dell’essere umano, la guida orfica conduce lo spettatore lungo un viaggio iniziatico di cura e svelamento del sé e della propria voce. L’opera finale, multidisciplinare e multilinguistica, vede in scena Andrea de Goyzueta, Juliette Jouan, Savino Paparella, Stefania Remino e Antonin Stahly.

Da segnalare, poi, al Teatro di Corte di Napoli, a cura della regista Nadia Baldi, gli spettacoli del Campania Teatro Festival realizzati in collaborazione con il Campania Libri Festival: quattro incontri tra reading teatrali e letterari, consacrati alle “Eretiche”, e altrettanti eventi dedicati a Giacomo Leopardi. Tre in programma il 4 e il 5 ottobre, mentre il 6 ottobre Anna Foglietta porterà in scena un suo omaggio teatrale al grande poeta.

La Reggia borbonica di Portici ospiterà invece dal 26 settembre al 2 ottobre “Sette arti di libertà”, con l’allestimento di altrettante microdrammaturgie affidate a venti attori under 28. Performance a vario titolo su architettura, cinema. danza, letteratura, musica, pittura e scultura che andranno a concludere un percorso di due settimane di prove libere. Spettacoli tratti da Fernando Arrabal, Alessandro Baricco, Truman Capote, Ruggero Cappuccio, Aldo Masullo, Fabio Pisano e Alexander Puskin. “Se la parola libertà-scrive Claudio Di Palma, curatore e regista del progetto- allude in senso letterario al concetto di piacere, le sette arti concorrono a strutturare una grammatica articolata e raffinata attraverso la quale il piacere cerca le sue forme. Le dinamiche controverse con le quali l’arte prova a riconoscersi e a manifestarsi saranno l’oggetto di studio delle prove-laboratorio. Sette testi, tra teatro e narrazione, proporranno alle attrici e agli attori parole che indagano e vivono il faticoso, a volte doloroso, piacere della creazione artistica”.

Al teatro Solot, la Compagnia dello Stabile di Benevento propone il 12 ottobre “Luna 57”, drammaturgia e regia di Noemi Francesca, una interessante e moderna messa in scena su un fenomeno preoccupante che coinvolge il mondo giovanile. In Italia, secondo uno studio condotto dall’istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, sono più di 50mila gli adolescenti che vivono tra le quattro mura della propria camera, comunicando quasi esclusivamente su internet. Numeri che secondo l’Istituto Superiore di Sanità e il CNR sono anche superiori e che in Giappone, forse anche a causa del Covid, arrivano addirittura a un milione e mezzo. Ragazzi che vivono una forma di ritiro sociale patologico e percepiscono generalmente la figura paterna come “un’assenza ingombrante”. Da questo allarme, ancora in embrione nel nostro Paese, nasce uno spettacolo di grande intensità emotiva, dove la simbolica preparazione a una missione lunare ci trasporta in una dimensione ultraterrena e ci parla di fragilità, di famiglia, e di una realtà che gli adulti non si sono sforzati di comprendere. Con Alessandra Masi.
Nello stesso teatro beneventano, il 5 ottobre Enzo Mirone e la performer tedesca Karla Kracht porteranno in scena al teatro Solot di Benevento “O.M.A. Oneiric Multiple Artifex”, uno spettacolo della Immaginaria Cooperativa Sociale nel quale immagini, voci, suoni e oggetti del passato appartengono al presente e prefigurano il futuro. Come un mantice che si apre e si chiude, soffiando sul fuoco della realtà per individuarne altre all’orizzonte o, più semplicemente, per liberare aria e musica. Un incontro di mondi differenti, tra sogni, linguaggi multipli e artisti capaci di essere anche artefici.

Il 28 ottobre, invece, al teatro Comunale di Caserta c’è “La tenda di Achille”, regia, drammaturgia e spazio scenico di Adriana Follieri. Lo spettacolo è il capitolo secondo del progetto DISADIRARE, nato dalla ricerca artistica a cura di Manovalanza, che vede protagonisti giovani attori detenuti dell’Istituto Penale per i Minorenni di Airola (Bn). L’azione si sviluppa tra quello che potrebbe essere l’accampamento degli Achei e il mare, uno spazio esteso e desolato abitato da persone lontane con all’orizzonte l’agognata Itaca, incombenti le mura di Troia da espugnare. In una suadente prossimità la tenda di Achille, dove i corpi in vicinanza seppur apolidi trovano la casa, il nido ideale per elaborare la propria crescita e la trasformazione che ne deriva. La violenza incombe, straziante. Tuttavia, il processo che porta ciascuno a “disadirarsi” continua tenacemente. “Dentro la tenda – scrive la Follieri – si protegge e si crea il piccolo esercizio di pace partecipata, di libero arbitrio che muove l’abitudine a disfare in guerra, provocando il cambiamento di un sé sottratto, che proprio nell’assenza lascia campo aperto a una nuova forma di partecipazione, riflessiva e spiccante di vita”. Con Paola Maria Cacace, Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Federica Di Gianni e Gianluigi Signoriello e Andrea W. in arte Oblio. Regia e disegno luci di Davide Scognamiglio, elementi di scena di Emanuele Perelli, paesaggio sonoro di Luca Caiazzo in arte Lucariello.

In provincia di Salerno, il Festival farà tappa, oltre che nel capoluogo con l’evento internazionale Asses Masses, il 29 settembre a Palazzo Coppola di Valle-Sessa Cilento (Sa), dove sarà proiettato “Il puzzle”, un lungometraggio di Renato Salvetti prodotto dall’associazione culturale Articolart, con Marina Sorrenti, Franca Abategiovanni ed Emanuele Zappariello. Il film, che strizza l’occhio a Frank Capra, racconta la storia di un gruppo di angeli incaricati di consegnare delle lettere in un paese dl Cilento. In ognuna c’è il frammento di una frase e un’esortazione a mettere insieme i pezzi del puzzle per condividerne il significato. La missione avrà però degli intoppi e cambierà in corso d’opera.

Costruito come un mosaico, composto di diverse tessere, è il progetto “Eretika”, realizzato in collaborazione tra la Fondazione Campania dei Festival e la Fondazione Giordano Bruno. Prodotta dal Teatro Franco Parenti di Milano, questa giornata di eresie intorno a Giordano Bruno, è fissata per il 7 novembre al teatro Mercadante. Inizierà in mattinata con un convegno dedicato, proseguirà con una lettura-spettacolo su testi del grande filosofo nolano e si concluderà con “Il rogo al contrario”, una specie di rito collettivo dove ognuno scriverà su un pezzo di carta un frammento di ignoranza a cui vorrebbe rinunciare nel futuro dell’umanità. L’atto finale sarà un falò, a ritmo di musica, dove verranno bruciate l’ignoranza, la chiusura mentale e le storture del mondo. Una giornata sull’eresia non può che essere una giornata sulle Verità scomode. Oggi tanta ricchezza, a partire dall’etimologia di una parola che fiorisce in bocca come scelta divergente, nasce dalla sua emancipazione dal contesto religioso che per così lungo tempo l’ha assorbita: in politica, nell’arte e in generale ovunque vi sia un gruppo omogeneo per credenze o idee, per valori o interessi, ci possono essere eretici, persone che scelgono di portarsi fuori dalla via usata.
Un atto di fede e di amore è invece Dietro le Quinte Experience, una vera e propria mostra virtuale, fruibile attraverso l’utilizzo di visori ottici necessari per la realtà aumentata, che ha l’obiettivo di raccontare la bellezza del patrimonio teatrale italiano, soprattutto dal punto di vista delle maestranze che lavorano dietro le quinte. Si offre dunque per la prima volta, grazie alla regia di Claudio di Palma, la possibilità di “visitare” quei luoghi storici nascosti, fruibili solo dagli addetti ai lavori, ricchi di fascino e non di facile accesso, solitamente interdetti al pubblico che è invece seduto in platea con gli occhi puntati verso il palcoscenico. Ideato e prodotto dalla società di servizi per lo spettacolo Dietro le Quinte s.r.l., il progetto si avvale della voce narrante di Francesco Pannofino e della partecipazione straordinaria di Isa Danieli.

Un festival nel festival, pensato per sostenere e promuovere la scena musicale emergente, è “Cosmofonie”, affidato alla cura e alla passione di Massimiliano Sacchi. Sono 100 i promettenti giovani musicisti under 30 che daranno vita ai concerti che si potranno ascoltare nel mese di ottobre nella Reggia di Portici. Tra ribellione e ironia, fascino del passato e shock del nuovo, il palinsesto si apre in un ventaglio di proposte ricco e vario, in cui la musica fluisce in tutte le sue forme chiedendo soltanto che l’ascolto sia curioso. Un partecipe vagare qui e là, nel dubbio e nell’errore fecondo che ti porta altrove, in terre incognite, attraversando territori che si formano nell’istante, in una comune ricerca. La produzione è della Fondazione Campania dei Festival.
Tutti gli eventi in programma nella Reggia di Portici sono stati realizzati in collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, diretto dal professor Danilo Ercolini.

Da segnalare, infine, i due laboratori previsti in questa edizione: il workshop di Claudio Di Palma, da oggi al 24 settembre, propedeutico agli spettacoli di “Sette arti di libertà”, e il laboratorio di scultura curato da Christian Leperino, aperto al pubblico presso la Chiesa della Misericordiella di Napoli tutti i venerdì e i sabato di ottobre dalle 10 alle 12.

La data di apertura della biglietteria sarà comunicata nei prossimi giorni attraverso i canali social della Fondazione Campania dei Festival. Un botteghino sarà inoltre allestito ogni sera nei luoghi di spettacolo. I ticket costeranno da 8 a 5 euro, a conferma della politica dei prezzi popolari voluta dal direttore artistico Ruggero Cappuccio. I possessori della card Feltrinelli potranno acquistare i biglietti a prezzo ridotto, mentre l’ingresso sarà totalmente gratuito per le fasce sociali più deboli. Nel segno della continuità è anche l’anima green della rassegna e la sinergia tra la Fondazione Campania dei Festival, gli Istituti di Cultura e le Università.

Foto Emmanuele Paudice

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