“Melius abundare quam deficere”nel mondo classico sostenevano come didattico insegnamento i nostri padri latini da cui 6 linguaggi e civiltà derivano, perciò ispirandosi a codesto idioma l’Associazione Culturale Zetema ,che cura le rassegne,iniziative e mostre per il Comune di Roma, visto il successo ottenuto con l’allestimento “Laudato sie” per festeggiare solennemente l’ottocentoquarantaduesimo anno della nascita del “Poverello di Assisi” di cui il Papa porta simbolicamente il nome e che ha voluto ricordare con l’Enciclica in oggetto l’attenzione che dobbiamo avere per il Creato massima fattura del Padre, ha pensato bene di raddoppiare al primo piano del Museo di Roma l’esposizioni visionabili, affiancando a quella sulla Natura dalla parte opposta l’omaggio alle donne che, italiane o straniere , lavorarono nella capitale dal Rinascimento al Risorgimento e quindi per il loro merito e valore dal Settecento entrarono a far parte dell’Accademie di San Luca propria degli artisti a via della Stamperia e di quella dei Virtuosi dove si trova pure Raffaello a “Santa Maria ad Martyres”ossia il “Pantheon”.A sottolineare le risorse naturali delle pittrici del Barocco viene riportato come didascalia l’elogio che all’arte ed allo spirito di Virginia da Vezzo fece il pittore Claude Mellan nel 1626.Il piano espositivo ha previsto 130 tele con 56 artiste di cui vi sono reperti nelle collezioni dei Musei Civici capitolini, che si collegano a quelle di altri Musei nazionali ed internazionali,tra cui l’Accademie di San Luca, di Brera, le Gallerie degli Uffizi,della Pilotta di Parma, i Musei Reali di Torino in Piazza San Carlo,la National Gallery di Londra ed il Museo Thorvaldsen di Copenaghen. Per ristabilire la verità ed attribuire a ciascuno il suo , sono state apposte ai singoli quadri delle cartelline rettangolari ricostruendo la loro biografia ed attività creativa, con la testimonianza di tre opere o cinque per ciascuna, difettando prima la documentazione per cui venivano erroneamente assegnate a maestri e familiari uomini ritenendole impossibili per le capacità dell’altra metà della mela, secondo la concezione aristotelica per cui le donne erano solo entità riproduttive. Il percorso seguito nella predisposizione delle tele ha ricalcato l’ordine cronologico con il progressivo miglioramento coloristico e ritrattistico delle loro realizzazioni ed il successivo inserimento nel mercato internazionale per poi entrare nell’Accademie per unanimi riconoscimenti. Roma fu il centro non di studio e formazione, ma di pratico apprendistato nelle botteghe dei grandi maestri artigiani del tempo come pittori e scultori, similmente a quanto avveniva presso i “mastri” delle corporazioni medievali. La mostra parte dalla “Felsina pittrice” di Malvasia con la storiografia metodologica di G. Vico,analizzando nel contempo il tentativo delle varie scuole pittoriche di essere considerate indipendenti dalla matrice fiorentina. Le donne visionabili in mostra sono autenticamente rintracciabili nella Roma Capitale delle Arti traz XVI e XIX secolo con quadri bellissimi ed a tutto tondo delle figure presentate. Ad accogliere i numerosi visitatori di questi primi giorni è l’arista ritratta da Pietro Paolini nei primi decenni del Settecento, di lei non si sa ancora chi sia e la giovane artista di nature morte esibisce fieramente gli strumenti del mestiere professionale. Procedendo con enorme attenzione e profondo interesse estetico per valutare il livello oggettivo di questi quadri parecchi sconosciuti, come le creazioni nella prima sala di Lavinia Fontana tra cui il primo autoritratto su rame, in quanto di vario genere tecnico ed esecutivo sono le opere osservate. Dopo arriva una delle maggiori che è indiscutibilmente nota e di cui si conosce gran parte del suo lavoro, essendo figlia d’Arte quale Artemisia Gentileschi discendente da Orazio e stuprata dal suo amico Tassi che ne segnò tutta l’esistenza. Naturalmente ne risentì anche la sua brillante attività pittorica , che influì su tre quadri in particolare :nella seconda fase romantica foggiò il dipinto nudo e splendidamente crudo ed attraente nella sua sensualità di Cleopatra dalla sua imponente raffigurazione scultorea classica,nel decennio successivo compose l’Aurora di cui mancava qualunque tipo di esemplare iconografia ,infine nel momento partenopeo, accentuando i toni paterni espressivi con il pennello, toccò il vertice della parabola artistica con l’esasperazione dei colori violenti paragonabile alle suggestioni tratte da Caravaggio in “Giuditta e la serva con la testa di Oloferne”.La presenza più rilevante dell’intensa attività di ricerca è Barbara Guidotti di cui si pone in luce l’unica opera finora genuisa ritrovata su cui lei appose la firma.Una Sala del Seicento è dedicata alla “Still life” con le splendide fioriere incise sul davanti dei vasi di Anna Bernasconi e Laura Stanchi, a cui si deve la lucida, tersa e celestiale , luce dell’Aurora nel primo mattino fulgido e sereno. In questa sezione giunge dall’Accademia di San Luca l’ammirabile prestito di preziose miniature, dall’ esecuzione con il minio propria del Cinquecento, con piante, fiori, frutti ed animali dell’ascolana Giovanna Garzoni. Al Seicento e Settecento, cui si riporta la maggior parte della mostra,si riferiscono altre due Sale importanti in quanto riservate una all’autoritratto e l’altra alla grafica e miniatura con progettazione in scala. Della prima c’è rimata impressa l’immagine in abito nuziale della sorella Faustina dipinta da Claudia Del Bufalo,mentre nella seconda abbiamo ritrovato una vecchia coscienza quale Plautilla Bracci che avevamo scoperto all’Accademia dei Lincei a Palazzo Corsini con prospetti architettonici della Villa del Vascello ove si svolse nel giugno del 1849 la strenua resistenza della Repubblica Romana con Mazzini, Armellini e Saffi. Viene poi la Sala delle pittrici straniere che vedono allineate Angelica Kauffmann con residenza e studio – atelier a Roma,in cui ospitò tanti intellettuali come salotto per i dibattiti illuministici,ai ricordi ad olio della vecchia Roma di Piranesi al secondo piano del Museo del Folklore di Santo Egidio in Trastevere s’accosta no l’incisioni della Piranesi di genere femminile,mentre nell’Accademie si consolidano insieme al lauto guadagno sul mercato artistico i nomi di Elisabeth Vigée ,Caterina Cherubini e Maria Felice Tibaldi. Per chiudere con l’Ottocento vi sono i volti di artiste,cantanti ed attrici,che con la fierezza indomita dei loro sguardi trasmettono la coriacea battaglia per le pari opportunità ed i cambiamenti sociali dovuti al loro coraggio .Straordinaria curiosità per Emma Gaggiotti, che conobbe i Castelli Romani e morì a Velletri, di cui c’è il quadro simbolico della mostra per gli affetti familiari desumibili dalla serena ed unita compostezza di “Ritratto di famiglia” della pittrice, di cui sono state recentemente restaurate la “Venere” agli Uffizi e la “Sacra famiglia” ai Musei Vaticani. Dagli Uffizi giunge pure l’”Autoritratto” che dal 2023 è stato collocato nelle sale dei quadri venati da soggettivo narcisismo riflesso. L’ultime tre sale con un godimento sinestetico degli occhi sempre più ammaliati sono destinate a tre temi fino a quel punto non trattati :soggetti religiosi e laici d’impronta storica,ritrattistica, infine paesaggio e natura morta. Le pittrici aumentano progressivamente e non tutte riscuotono uguale fama ed unanime consenso di critica per cui alcune sono ancora da decifrare in pieno per il loro spessore disciplinare .Rappresentanti di siffatta novità espositiva sono Erminia De Sanctis , forse legata all’albero araldico del primo critico della Letteratura Italiana, con criteri esegetici basati più sulla forma che sul contenuto cui guardava come essenza d’originalità Benedetto Croce, nonché Virginia Barlocci. Prima d’uscire dalla qualificata e meritevole mostra una mappa, posta vicino ai servizi, ma ottenibile anche in depliant, ci fornisce l’indicazioni utili per continuare in città il confronto con le molteplici opere dell’artiste rintracciabili in luoghi pubblici ed accessibili Sono previste facilitazioni di visita per le categorie con disabilità visiva ed uditiva. La Mostra resterà aperta al grande pubblico quirite ed a quello che verrà a Roma in atteggiamento spirituale di pentimento e contrizione per il “Giubileo della Speranza “ fino al 23 marzo 2025”.Con lo stesso biglietto si potrà visitare anche “Laudato sie” entrambe al primo piano e ne vale la pena con differente finalità catartica e gnoseologica.
Giancarlo Lungarini