“Era l’anno di nero a metà”: due ragazzi, una vespa 50, il viaggio e la meta

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Il primo libro di Mauro Pepe, ci riporta a quei meravigliosi anni 80 e alle emozioni che animavano i giovani di un’epoca in cui il linguaggio erano “la musica” e la “libertà”.

 Lo cantava anche Cesare Cremonini nella sua canzone 50 Special:

(..)Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi…(..)

L’autore, il suo amico e una vespa 50 Special, di colore bianco – soprannominata La Portentosa – sono i protagonisti di questo libro autobiografico basato su una storia realmente vissuta. I paesaggi scorrono come un dolce sottofondo, alla conquista di quel sogno che oramai non è più tale, ma chilometro su chilometro, sta diventando realtà.

Mauro e Alfonso, sono due ragazzi con tanta voglia di divertirsi e sfidare la vita. Eh sì perché la sfida è quella di partire – a bordo della vespa – dalla provincia campana, in cui i due giovani abitano, per raggiungere Roma.

Tutto comincia con un pieno di benzina in un mattino di fine estate, nel mese di settembre, con la sua tipica freschezza, quando il mare e la spiaggia sono oramai un lontano ricordo.

Quella sfida resta la chiave del viaggio, contro tutti, soprattutto i genitori, a cui i due ragazzi non dissero del loro “progetto” su due ruote, ma su rotaie.

  “(..)Portaci a Roma, tu puoi(..)”

 Un mangianastri della Grunding ci ricorda che siamo negli anni 80. Questo iconico oggetto “monta” a bordo della vespa e si avventura insieme ai ragazzi per il raggiungimento della meta agognata.

La musica, resta la “colonna sonora” di questo libro, dall’inizio alla fine.

Quel paesaggio – dal punto di partenza fino a destinazione – è un nostalgico e meticoloso susseguirsi di descrizioni, interrotto dai ricordi. Sembra che il lettore sia su quella vespa, insieme ai due amici – felici ed entusiasti – osservi quello che scorre e si chieda tutto il tempo: ma cosa succederà dopo?

 “(…) Quindici anni, il vento nei capelli, che allora i caschi non si mettevano, La Portentosa con il suo lento incedere e il nostro mangianastri, adesso a tutto volume, che, tra le varie cassette che avevamo, si ritrovava sempre a far girare: “…quell’autostrada è un muro pieno di felicità…”
Era il grande successo musicale di quell’anno”

 

IN BILICO TRA I RICORDI

L’autore alterna al viaggio in vespa momenti della sua infanzia, i quali riaccendono delle emozioni a distanza di tempo e lo immergono in una dimensione nostalgica di un passato che non tornerà più ma che rimane dentro al cuore.

Quelle giornate al mare di un’estate oramai terminata, sono scandite dal rintocco dei ricordi, quasi come se fossero lancette.

Esperienze vissute in luoghi cari come Castellammare di Stabia, Sorrento, Capri, Penisola Sorrentina. Senza dimenticare Gragnano e la Valle dei Mulini.

L’autore descrive con dovizia i suoi ricordi da bambino e adolescente tra le sagome di paesaggi campani bellissimi in cui c’è anche Ischia, Vivara, Procida, Capo Miseno, Posillipo e un baretto di Alimuri.

Con quei motorini sempre presenti all’appello.

Quella degli anni 80 era una generazione su due ruote e senza casco, in nome della libertà, la stessa che si respira nel libro.

In Era l’anno di nero a metà non mancano gli amori giovanili, quelli che fanno sussultare anche al solo sfiorare i capelli. E intanto, dopo quelle parentesi di vita in cui l’autore ci guida nelle sue esperienze giovanili e nostalgiche, il viaggio su La Portentosa continua, scandito da chilometri e paesaggi cangianti.

“(..) Il viaggio scorreva lento così come la velocità che tenevamo, mai più di 35-40 km/h. Avevamo, infatti, timore di sforzare La Portentosa, che aveva quasi 300 km da macinare in quella giornata e due borse da viaggio sul portapacchi. Una velocità maggiore sarebbe tornata utile, visto il tragitto da percorrere, ma preferivamo non rischiare(..)”

Era una meravigliosa sensazione, tutta nuova nella loro vita.

Quel vagare liberi stava facendo scoprire loro nuove emozioni, inebriandoli.

Erano, finalmente, giunti gli agognati momenti in cui il viaggio regalava loro le sensazioni che avevano sognato, quelle di cui erano andati alla ricerca fin dal momento che l’idea di partire in vespa verso Roma, aveva iniziato a farsi strada in loro.

(…) Eravamo consapevoli del fatto che, a ogni chilometro percorso, potevamo imbatterci in un imprevisto, un guaio meccanico, un fattore esterno non dipendente dalle nostre volontà o anche una qualsiasi cosa, dovuta alla nostra inesperienza, alla nostra giovane età, che avrebbe potuto procurare grosse complicazioni.

Forse solo ora che quelle sensazioni, descrivendole, un po’ le rivivo, mi appare chiaro che proprio il “brivido” era l’essenza del nostro viaggio. Non ci fosse stato quel fremito ad accompagnare altre sensazioni, quelle più immediatamente gratificanti, nemmeno saremmo partiti. Oppure saremmo andati col treno! Era, invece, la “sfida”, quella che avevamo voluto. Era per lei che eravamo lì, per la voglia di confrontarci con il mondo, quello vero, quello dei “grandi” e la nostra prova dovevamo averla da pari a pari!

Rimanevamo sempre in bilico tra appagamento e sgomento; le due sensazioni, pur alternandosi nel prevalere, ora l’una ora l’altra, chiudevano sempre in pareggio. Viaggiavamo costante- mente sul filo dell’esile lama di un’esaltazione che, a ogni momento, rischiava di tramutarsi in turbamento, in angoscia (..)

 

IL BOOMER RACCONTA, LA MUSICA “SUONA”.

“Boomers”, si chiamano così.

Sono i nati agli inizi degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo.

Sembra sia stata la generazione più felice di sempre, appena sfiorata dai retaggi post-sessantottini della politica come missione di vita e dagli incubi degli anni di piombo e guerra fredda.

I Boomers hanno vissuto quell’edonismo degli anni 80, quello fatto di comunicazione occhi negli occhi.

Ma cosa ne sanno i giovani di adesso?

La generazione Z.

Loro figli dei social e della tecnologia, schiavi di una “storia tecnologica e ritoccata da filtri artificiali”.

La Portentosa, intanto, avanza.

Senza timori reverenziali!

Il lettore rimane sempre concentrato sulla meta, sospeso tra i ricordi dell’autore, in una perenne attesa del “dopo”.

 (..) Eravamo arrivati! E ci abbracciammo, quasi commossi, ma sorridenti e super eccitati, straniti, come novelli “Alice” dentro la favola(..)

Finalmente la magnificenza e maestosità della città di Roma si presenta agli occhi di questi due ragazzi, mentre la loro vespa 50 “ruggiva” in nome della felicità! Aveva raggiunto il traguardo!

Una giornata memorabile, tra le più incredibili della loro vita, stava per chiudersi, ma era solo l’inizio di una breve vacanza, della tarda estate del 1980, che, sicuramente entrambi, porteranno per sempre nel cuore come la più indimenticabile.

La descrizione della Città Eterna si alterna tra Trinità dei Monti, il Lungotevere, Torre Argentina e una bella partita di pallone al Villaggio Olimpico. E non mancano quelle passeggiate romantiche tra il Pincio e Villa Borghese. Momenti scanditi tra i primi baci, minigonne e camperos, che ci ricordano sempre di essere nei ruggenti anni 80.

La musica, quel “fil rouge” del libro, continua a fare capolino, per ricordarci di come quelle note abbiano scandito la vita di una generazione felice.

Il concerto di Pino Daniele a Roma, è un evento tanto atteso soprattutto dai giovani di quegli anni.

Il cantante inseriva termini del linguaggio dei ragazzi che, infatti, in qualche caso, non sembravano nemmeno accordarsi con una piena coerenza al testo, ma facevano il loro effetto.

Al di là della follia di “ io so pazz”, le sue canzoni, seppur non con la stessa pronuncia, potevano cantarle tutti, dal profondo nord in giù.

La scelta del titolo del libro di Mauro Pepe non è casuale.

Nero a Metà di Pino Daniele è uno degli album più iconici dell’autore campano nel 1980.

La musica resta fedele in questo libro anche quando si parla del Much More e non manca l’accenno anche a Discoring, trasmissione musicale popolarissima tra i giovani di quegli anni.

Si torna a casa, ma il viaggio ha profondamente cambiato i due amici e forse ha cambiato anche noi lettori.

(..) Arrivammo all’imbrunire di una di quelle giornate di settembre, che ti danno la percezione, più che in altri periodi, di quanto le giornate si siano accorciate, quanto sia l’estate realmente alla fine. Sensazione, anche quella, che non aiutava, certo, il nostro umore, sempre più cupo quanto più ci avvicinavamo al rientro nelle mura domestiche. Ed era da un po’, ormai, che non proferivamo parola(..)

Nella lettura del libro riflettiamo con l’autore e il suo pensiero:

Succede, a volte, che si imprimano dentro di noi sensazioni in momenti in cui, quasi, vogliamo scacciarle, perché le priorità ci sembrano altre.

E, invece, restano lì, nascoste da qualche parte nell’anima, per riaffiorare più tardi, all’improvviso.

Magari, anche tanto tempo dopo.

Però le riscopriamo prima o poi, perché, nei momenti in cui erano venute, sebbene sotto mentite spoglie, erano sincere, autentiche. Quando finalmente tornano, poi, non manca il rimpianto di non averle riconosciute e godute al loro apparire.

Che siate Boomer oppure Generazione Z, leggere questo libro è pura emozione.

I Boomer torneranno indietro, a quegli anni nostalgici e felici, rimpiangendoli.

La Generazione Z comprenderà quanto un viaggio in vespa in nome del sogno e della libertà, rendesse davvero felici, molto felici, più di quei 1000 like digitali.

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Titolo: ERA L’ANNO DI NERO A METÁ

Editore: DELTA3EDIZIONI

 

 

NOTE SULL’AUTORE:

 

Mauro Pepe nasce a Piano di Sorrento nel 1964. Si diploma presso il Liceo Classico Plinio Seniore di Castellammare di Stabia. Nel 1991 si laurea in Medicina e Chirurgia presso L’università di Napoli, dove, si specializza in Radiodiagnostica. Nel 1999 è assunto come Dirigente Medico all’ospedale di Nocera Inferiore, dove tuttora esercita la professione.Sposato con Patrizia dal 1998, ha due gli: Alberto nel 2001 e Marianna nel 2007.

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Filly di Somma

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