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Meraviglioso splendore della compagnia e sfavillanti nuovi pezzi

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Ancora una volta la programmazione dell’Accademia Filarmonica Romana ha dimostrato tutta la sua lucida oculatezza e brillante intuito nel rinnovare la collaborazione con la compagnia americana di danza “Parsons”, che mancava da due anni a Roma, proponendola al suo affezionato pubblico ed a coloro che avevano interesse a conoscerla,così da riscuotere apprezzamenti eccellenti per la sua ospitalità al teatro Olimpico e lunghi ,scroscianti, applausi gli straordinari ballerini che hanno unito il classico repertorio per chi non li conosceva a due sfolgoranti creazioni recenti ed inedite per Roma di David Parsons fautore incrollabile della “modern” dance. Egli creò la compagnia nel 1985 con la collaborazione del maestro perfezionista delle luci Howell Binkley, imperniando le sue coreografie sulla vigorosa energia acrobatica, espressivamente attraente e comunicativa come l’analogo genere artistico. Naturalmente ciò presuppone l’eccelsa preparazione tecnica dei ballerini, che sotto la magistrale direzione artistica del suo fondatore, è divenuta raffinata e di notevole sinestetica caratura. Le loro esibizioni sono state di grande impatto emotivo e forte estasi mirabile per lo sguardo , così da meritare unanimi riconoscimenti in 445 città e 30 Paesi nei cinque continenti del mondo, facendosi valere con ingente sfarzo dei costumi ed assoluta maestria nei movimenti degli scattanti ed agili corpi nei maggiori teatri e festival internazionali. Il tour di quest’anno s’intitola “Balance of Power” e prevede la fusione di sei creazioni rinomate del loro “carnet” con due nuove invenzioni di Parsons : “The Sharpe of Us” e “Juke”, affidate la prima all’intera compagnia in un vortice di sensazioni collettive per dimostrare il loro punto d’arrivo nell’acquisizione delle doti personali e la seconda all’”etoile” abruzzese della città di D’Annunzio Elena D’Amario , semplicemente strepitosa nelle sue movenze sulle punte ed evoluzioni tersicoree candidata all’ Oscar della danza il “Clive Barnes Azward” nel 2016, è coreografa del programma “Amici” della De Filippi,ha curato la direzione artistica delle “cover”nell’ultimo Festival di Sanremo e dal 2021 si cimenta anche con la scrittura con il suo primo romanzo autobiografico “Salto”.All’inizio s’è palesato lo spirito scintillante di gruppo e la plastica elasticità dinamica dei movimenti con il sapiente dosaggio delle forze nel giusto equilibrio, bilanciato secondo il titolo, in “Juke” dell’intera formazione, che è un omaggio a “Spanish Key” dall’album” Bitches brew” del jazzista Miles Davis,dettato dagli anni ’70 con la bravura dei danzatori messa in risalto dalle luci psichedeliche di C. Chambers e la creazione coreografica di JamarRoberts. Poi è venuta la novità di poco tempo fa dello stesso Parson eseguita dalla “performer” pescarese di sublime resa valoriale “Balance of Power”, in cui, con un superbo crescendo in abbagliante costume rosso di Barbara Erin Delo, ci siamo immersi in un frenetico gioco d’istintive pulsioni in ritmo ascendente che c’ha ricordato il “Bolero” di Ravel. Per questo va reso merito al percussionista e compositore italiano Giancarlo De Trizio che lo compose nel 2020 per lo stesso David, che l’ha poi trasmesso alla D’Amario. Da qui è scaturita l’etichetta della serata in quanto viene sottolineato il ludico bisogno di sinestetico equilibrio tra musica, danza e potenziale coreografia. Ogni movimento corrisponde ad un suono fino al frenetico finale da sarabanda incredibile con un’ irresistibile acustica fonetica. Ne risulta una magnifica teatralità di virtuosismo e leggerezza fisica Tale imprescindibile fantasmagoria delle luci di Binkley è rimarcata pure in Caught , che impreziosì l’immaginazione sulle punte sospesa nell’aria di Parsons, sollevato per lievitazione naturale resta intrappolato, grazie al sapiente gioco della luminosità stroboscopica che produce incredibili visioni aeree, che scatenano l’entusiasmo meravigliato degli spettatori sbalorditi da tanta maestria incomparabile, che in proporzione minore in Italia potremmo trovare solo nell’ATER balletto. La musica è di Robert Fripp con “Let The Power Fall” e nella coreografia s’alternano in duo : Zoey Anderson, Megan Garcia e Joseph Cyranski , in modo che noi abbiamo potuto goderci, facendoci ciò piacere, solo le prime due.The Sharpe of us invece , ballato da tutta la compagnia con il supporto della “etoile” D’Amario è la restituzione delle singole calibrate individualità,con il passaggio dall’alienazione alla connessione con la musica elettronica sperimentale Son Lux diretta da Rayan Loft.I ballerini esplorano la loro personale fisicità e capacità d’ esecuzione, confrontandosi con il talento e la bellezza, forma tecnica degli altri, al punto che decidono d’operare collettivamente e così eseguono con frizzante e giuliva atmosfera da pub o balera, alla guisa delle tante ragazze che da sole od accompagnate vediamo andare a ballare nelle discoteche il sabato sera,il lavoro di Parsons del 2014 sempre con le suggestive luci di Binkley “ Whirlaway” in cui si sfrenano in una vivace policromia di colori con i loro costumi alla maniera del “Can- Can”della Belle Epòque francese di piacere e vita brillante prima della Grande Guerra. Le musiche sono di Allen Toussaint e della sua orchestra Jazz di New Orleans. Si va dal rock al blues Jazzistico con assoli,passi a due, di più moltiplicati,con coppie che si confondono, come nei locali notturni, continuamente, quasi fossimo in un giocoso e spensierato trenino di Capodanno. Dunque sono 65 minuti di sensazionale allegria ed appassionata visione tersicorea moderna ed in parte classicamente formata con piroette, rotazioni e volteggi, che ci lascia esterefatti positivamente ad ogni misurato passaggio,peccato che sia al teatro Olimpico di Piazza Gentile da Fabriano davanti allo Stadio solo fino a domenica.

Giancarlo Lungarini

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