La stagione di balletto del Teatro alla Scala continua con una serata mista con tre coreografie del Novecento, una di George Balanchine e due di Jerome Robbins.
Georgij Melitonovič Balančivadze, nato a San Pietroburgo nel 1904 da genitori georgiani, diventa George Balanchine quando a Londra si unisce ai Ballets Russes di Segheij Diaghilev nel 1924. Nel 1934 si trasferisce negli Stati Uniti, dove creerà la maggior parte dei suoi lavori, contribuendo alla creazione del New York City Ballet, compagnia custode tutt’oggi del suo vasto repertorio. Theme and Variations, qui presentato, un lavoro del 1947, su musica di Čajkovskij: come quasi sempre, nelle sue creazioni non c’è trama narrativa, ma è tutto pura tecnica. La coreografia prevede otto coppie di danzatori, vestite in verde scuro, quattro coppie soliste, in verde chiaro, ed una coppia principale, in bianco: alla prima interpretati nientemeno che da Alicia Alonso e Igor Youskevitch. Una tela di passi estremamente complessi, con momenti di gruppo, variazioni soliste, passi a due, con un viavai di danzatori complicato ed impegnativo per chi lo esegue. Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, coppia anche nella vita, sono a loro agio in questo tipo di coreografia, asettica e puramente tecnica, l’apoteosi del tutù, un chiaro omaggio alla Russia Imperiale tanto cara a Balanchine, distrutta dalla Rivoluzione del 1917, dove l’abbinata balletto + Čajkovskij aveva funzionato splendidamente per anni, prima che venisse tutto distrutto.
Dances at a Gathering è uno dei lavori teatrali più noti di Jerome Robbins, coreografo e regista americano, newyorkese DOC. La sua creatività si esprime soprattutto nel campo del musical theatre, infatti lavora principalmente a Broadway, dove firma tantissime produzioni: On the Town di Leonard Bernstein, Il Re ed Io, Call Me Madam, Gypsy, The Pajama Game, che lanciò Bob Fosse, Fiddler On The Roof, ma soprattutto il suo capolavoro West Side Story, di cui cura anche la regia e con cui vince il Premio Oscar come Miglior Regia del 1962. Da danzatore, ebbe la fortuna di lavorare anche con mostri sacri come lo stesso Balanchine, Mikail Fokine e AnthonyTudor, anche se debutta giovane come coreografo: il suo primo lavoro è Fancy Free (1944), ma nel 1949 si unisce al New York City Ballet diventandone Direttore Artistico Associato e continuando anche a danzare, sviluppando una partnership speciale con Tanaquil Le Clerq, ultima moglie di George Balanchine. Proprio la brusca interruzione della carriera della danzatrice, causata dalla poliomelite che la paralizzò dalla vita in giù per il resto della sua vita, allontana Robbins dal New York City Ballet e vi ritorna solo dopo tredici anni proprio con Dances at a Gathering, del 1969. Su musica di Chopin, inizialmente concepito come un pas de deux per Patricia McBride ed Edward Villella, Robbins amplia il concetto per cinque coppie, dove ogni interprete è distinto da un colore. Dopo aver visto la prima mezz’ora del balletto Balanchine stesso gli consigliò di ampliarlo ulteriormente, dicendo Make more, make it like popcorns (“Fanne di più, fallo come i pop-corns”); così espande il balletto fino a raggiungere la lunghezza complessiva di un’ora. La prima vede un cast stellare: Allegra Kent, Sara Leland, Kay Mazzo, Patricia McBride, Violette Verdy, Anthony Blum, John Clifford, Robert Maiorano, John Prinz ed Edward Villella; il debutto internazionale avviene poi nel 1970 con il Royal Ballet di Londra, con Rudolf Nureyev nella parte danzata da Villella in occasione della prima. Un lavoro molto complesso, non narrativo ma molto interpretativo, con continui cambi di entrate/uscite, momenti a due, a tre, a sei; solo alla fine sono in scena tutti e dieci. Qui in Scala i danzatori sono accompagnati dalla musica eseguita magistralmente al pianoforte da Leonardo Pierdomenico, che tutto da solo li guida. Lo stile è il classico americano stavolta, e non russo: forse bisognerebbe dirlo a Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, che sembrano danzare Il Lago dei Cigni più che una coreografia di Robbins; più in stile gli altri, anche se, tecnica a parte, per danzare Robbins serve ben altro.
Chiude il programma della serata The Concert, lavoro del 1956, sempre su musica di Chopin, decisamente alternativo: una grande vena comico-interpretativa distingue questo lavoro, un po’ musical, e coinvolge sia danzatori che il solista al pianoforte (qui sempre Leonardo Pierdomenico): proprio il pianista inizia la coreografia spolverando la sua tastiera da cui si innalza una nuvola di polvere. Il tutto è permeato da un tono beffardo molto simpatico, parodie, allusioni, molto divertente. Una serie di personaggi diversi arriva, con tanto di sedie in mano, per assistere ad un concerto, appunto, rivelando la molteplicità dell’animo umano: il solito triangolo amoroso, una Moglie, un Marito ed una Ballerina; un ragazzo timido ed una ragazza infuriata; sei ballerine che dovrebbero rappresentare un Corpo di Ballo ma, ovviamente apposta, qualcuna fa altro, sbagliando o dimenticandosi i passi. Nonostante la vena comica, Robbins non scade mai né nella caricatura né nel grottesco, anzi: un po’ di svecchiamento sulle punte è solo gradito. Agnese Di Clemente è una bella Ballerina, o Sognatrice come viene anche definita, corteggiata dal Marito farfallone di Christian Fagetti, che cerca di liberarsi della Moglie acida di Gaia Andreanò, fino alla scena finale quando tutti sono diventati farfalle, una parodia del balletto classico: tra farfalle e cigni non cambia molto… Il pianista lascia lo strumento per cercare di prenderle con una grande rete. Qui c’è bisogno di tanta interpretazione ed è meno evidente la tecnica ad una prima occhiata, ma pure deve essere fortissima, altrimenti non se ne viene fuori. Il Corpo di Ballo come sempre si barcamena fra sbavature, linee non mantenute e momenti invece di bella tecnica; una serata da non perdere per l’originalità delle coreografie, sia tecnicamente che interpretativamente.
Chiara Pedretti