La nostra esistenza terrena può essere considerata un passaggio più o meno lungo d’una folgore nel cielo, di cui non sappiamo “né il giorno e nemmeno l’ora” di quando ci verrà richiesto il tagliando e perciò dobbiamo essere pronti e con i conti della coscienza in positivo od almeno in pareggio per non rovinarci , almeno per chi ha il dono della Fede, il posto che il Redentore è andato a prepararci nel banchetto della santa Gerusalemme , dove solo chi indossa l’ abito bianco potrà entrare e”un giorno sarà come mille anni alla presenza del Signore”.Dunque è bene ogni tanto farsi l’esame di coscienza ed in via preventiva pensare alla tutela della nostra salute con dei controlli periodici, senza aggredire i medici e gli infermieri se ci dovessero dare delle brutte diagnosi, come purtroppo avviene di questi tempi, perché è sempre meglio predisporsi spiritualmente alla fine della vita e redigere il lascito testamentario per impedire che poi i congiunti imprechino alla nostra dimenticanza e diventino “parenti serpenti” come nel film del povero Monicelli che, non stimando più il suo campare in quanto malato “ad finem”, preferì suicidarsi anziché soffrire gettandosi dalla finestra d’uno degli ultimi piani del San Giovanni. La vita è bella, sacra e va goduta in pieno, preservandola finché possibile con l’aiuto dei farmaci e degli interventi chirurgici ove necessari, ma scegliendo con oculatezza il nosocomio meglio attrezzato e sicuro, di primo livello, per l’operazione di bisogno, l’ultimo triste caso di Margareth Spada è eclatante in tal senso ed il proverbio è esplicito “Aiutati che Dio t’aiuta; t’è vicino”.Chiudere gli occhi sulle proprie patologie, nascondere la testa sotto la sabbia e rifiutare l’estremo tentativo di terapia intensiva nei centri di specializzazione elevata è come volersi dare in anticipo alla dama in nero del film di I. Bergman in cui la funerea signora gioca a scacchi con la vittima predestinata. Questi concetti chiave sono alla base del lavoro “24 ore” di Michele La Ginestra e Bennicelli che ci sottopongono un racconto in cui 6 storie affettive incrociate tra di loro scorrono nell’arco temporale di 24 ore all’interno d’una tematica principale, quasi ci trovassimo tra le mani una “matrioska” russa che all’interno ha altre più piccole bamboline di legno variopinte.Il protagonista è Francesco che, malato oncologico terminale, è arrivato al suo ultimo giorno e , nella misura che gli psicologi c’insegnano, si vede trascorrere davanti agli occhi , quasi fosse il nastro dispiegato della sua veloce permanenza su questo pianeta, in un baleno nella mente in maniera invisibile, qui trasposti sulla scena dagli autori, gli episodi salienti della toccata età di mezzo,avendo raggiunto i suoi 55 anni. Ha perso già la moglie che l’ha preceduto nel regno dei più ed il padre anziano si consola, con la caricatura umoristica e disinvolta d’un brillante Zecca, con la figlia che accudisce il nipote teneramente e questi cresce in matura personalità con le prove che deve affrontare , nonché le passeggiate con il nonno in cui guardano con compiaciuti e desiderosi commenti sensuali le belle donne. Di fronte al rassegnato Francesco che si consola con il gioioso entusiasmo della scoperta vita celeste eterna rispetto a quella dolorosa che sta lasciando, rivedendo il suo taccuino d’appunti,il padre si lamenta mestamente che comincia pure lui ad accusare i colpi in quanto “spara cartucce a salve, va liscio” la famosa pillola blu non gli fa più effetto. Accanto a siffatte vicende del nucleo vitale del personaggio centrale che con i suoi ricordi da memoria volontaria alla Proust con “il tempo perduto e ritrovato” nella saga dei Guermantes ed il pasticcino da tè della “madeleine”, vive con serafico atteggiamento i suoi finali momenti v’è la rottura decennale dell’amicizia tra la commercialista ,manager di pubbliche relazioni, Teresa e l’amica musicista Roberta che le rivela , con una notizia sconvolgente, che frastorna e deprime l’irretita compagna d’uscite e conversazioni confidenziali,che le ha soffiato il marito corteggiandolo e baciandolo in maniera appassionata sulla terrazza del Gianicolo da cui si gode la vista panoramica di tutta Roma. Teresa è distrutta dalla ferale comunicazione, si sente offesa sull’onore da chi meno se l’aspettava, rifiutando l’ipocrite smancerie affettuose di Roberta e qui anche ci viene in soccorso un altro proverbio “Dagli amici mi guardi Dio, che io bado ai miei nemici”D’altronde sono proprio coloro di cui ti fidi maggiormente che ti tradiscono a cuor leggero, quando non sei in grado interiormente di sopportare l’onta incresciosa della vergognosa beffa, quale Paolo nei confronti del fratello Gianciotto per Francesca o Lancillotto verso re Artù per Ginevra nella “Tavola Rotonda” di Chretienne de Troyes. Perciò “24 ore” non sta a significare la valigetta dei rappresentanti e tantomeno la corsa automobilistica di Le Mans, bensì la fine di Francesco, il tracollo morale con l’incapacità di reagire di Teresa, la formazione del nipote e la senescenza desolata del patriarca capofamiglia. Lo sviluppo della trama dialettica, monologante a tratti con riservatezza di prammatica nella solitudine dell’indesiderato varco fatale da parte del moribondo personaggio chiave, si svolge in un arco temporale di 105 minuti e diverte veramente, sviscerando con ironico umorismo pungente e malinconico questioni fondamentali della nostra dimensione umana e dei rapporti relazionali nella società spietata e proditoria nell’infliggerti colpi letali. Gli attori ben diretti nel serrato scontro dialettico, nell’amene confidenze e nelle singole espressioni di sfogo sgomento,dalla sapiente mano dell’attore e regista La Ginestra sono stati 6 e precisamnente : oltre all’inossidabile Zecca,Francesca Baragli,Alessio Chiodini, Cristina Odasso ,Tiko Rossi Vairo e Maria Teresa Pascale, che formano un ottimo cast ben affiatato. Lo spettacolo sarà in programmazione al Sette di via Benevento fino al giorno dell’Immacolata, per poi cedere il posto al padrone di casa e direttore artistico in “Ti posso spiegare” con Beatrice Fazi e Manuela Zero.
Giancarlo Lungarini