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Condizioni per adozione filiale nella commedia “La regola del topo”

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Stavolta il teatro di Largo Chigi c’ha fatto veramente divertire con una trama sarcastica, spiritosa ed esplosiva dall’inizio alla fine, con salaci battute ed una serie d’improvvisi e surreali,incredibili per ingenuità , colpi di scena. Diversi sono stati gli argomenti chiave al centro del testo teatrale dell’albionico N.L. White che ha saputo trattare alcuni dei temi principali sul tappeto nel tempo che stiamo vivendo : la domanda d’adozione per coppie sterili impossibilitate ad avere figli,il contrabbando remunerativo di droga e tabacco per cui ci si divide in bande e ci si fa la guerra per i soldi, come testimoniato dai recenti arresti dei malavitosi di Ostia,la metodologia superficiale e dunque non garantita dazi giusti e necessari controlli delle cremazioni,il mercimonio dei transgender e travestiti, a proposito dei quali ricordiamo il caso dell’ex presidente della nostra regione e giornalista RAI Piero Marrazzo che fu ricattato da quattro carabinieri, tre dei quali sono stati condannati severamente. Tutto questo s’incastra nella frenetica sarabanda di andirivieni che si verifica all’interno d’una galleria artistica, dove tutto si fa meno che pensare a vendere i quadri. La coppia dei proprietari desidera adottare un bambino e si deve preparare a ricevere l’ispettrice signora Pisanelli dell’ufficio competente per cui cerca di tenere tutto in ordine, ma più ci prova e maggiormente le buone intenzioni saltano, moltiplicandosi gli ostacoli al loro precipuo obiettivo. Infatti prima sopraggiunge lo zio gay con un carico di sigarette e medicinali d’illecita importazione da rivendere per specularci sopra, poi arriva il cugino infermiere che ha sbagliato sacco ed invece di prendere all’obitorio quello con l’arazzo della signora Bauer ha trafugato clandestinamente quello dell’anonimo cadavere per cui adesso il prezioso soggetto artistico è andato a fuoco e non sanno come fare, mentre le ossa dello scheletro invadono la bottega d’arte quasi fossero cimeli di repertorio. Aggiungeteci che inattesa perviene la cugina omosessuale e travestita Clara per cui quello non è proprio il luogo ideale dove accogliere il capo dell’ufficio adozioni e bisogna per questo inventarsi una raffica di fantasmagoriche bugie straordinarie prendendo gratuitamente a prestito il capolavoro “I Promessi Sposi” di Manzoni per cui starebbero predisponendo un suggestivo riadattamento, ma la Pisanelli non è stupida, conosce bene l’epopea romanzesca della Provvidenza e li smaschera, li mette con le spalle al muro, ad ogni furbesca trovata. Notiamo poi un vigile urbano intervenuto perché la macchina ed il camion invadono la strada, ma non sa far rispettare la legge ed inoltre perde la pistola per cui si sentono tre colpi a vuoto per non essere in grado di maneggiarla. Il transessuale viene nascosto nel baule e , non riuscendo a respirare,comincia a battere sul coperchio, dovendo pertanto lo zio ed il cugino fare altrettanto per attutire il rumore; quindi occorre far credere alla pretendente mamma e moglie del titolare dello Studio d’Arte, che ha scambiato lui per una lei con la parrucca , che sia stata la prima consorte del titolare che non ne ha mai accennato. Dunque assistiamo a fuochi d’artificio metonimici a ripetizione per cui la Pisanelli se ne vorrebbe andare sconsolata, però la pazienza e la persuasione orale la spingono a restare. Le gag straordinariamente inventate da una mente elettrizzata e dinamicamente accesa con la lampadina sfolgorante dell’intelletto si susseguono in un caos infernale che porta allo spasmodico entusiasmo il pubblico, che ride a crepapelle ascoltando un’orgia di bugie,che compongono un puzzle irrefrenabile, scatenato e vulcanico di scuse esilaranti. Un carosello perciò impazzito come la ruota del Luna Park a cui metterà fine una gioconda ed emotivamente lieta, paradossale, notizia data dalla signora deputata a fornire le richieste ed inderogabili garanzie alla Pisanelli. La massima sintetica che se ne ricava è quella shakesperiana “Tanto rumore per nulla” e partecipano allo sfizioso lavoro, grazioso e ricco di sarcasmo con una perfetta recitazione incrociata nelle fulminee estroversioni dei personaggi,che gareggiano tra di loro a chi brilla di più :P. Roca Rey,A. Mortelliti,G. Lello,D. Persichini,A. Di Francesco,D. Sapienza e L. Ferrini che è il gestore della Galleria d’Arte e pure il regista della funambolica farsa alla maniera dei primi commediografi del genere comico, Goldoni e Molière che creò la commedia francese per incarico di Re Sole Luigi XIV. Il vero prioritario titolo, dal canto suo efficacemente simbolico è “Che disastro di Famiglia “ e si replica ai Servi fino a domenica.

Giancarlo Lungarini

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