“Sign Language” è un pezzo introspettivo che fonde generi come trip-hop, dark pop e shoegaze, un nuovo capitolo per il duo di base a Milano, i Not My Value, disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 18 ottobre 2024. La canzone, un brano che riflette sul tempo, sul crescere, sul ritrovarsi, sul riguardare il passato da una prospettiva diversa e confrontarlo al presente, evoca un’atmosfera misteriosa e malinconica, che ricorda artisti iconici come Portishead, Massive Attack e Mazzy Star. La voce eterea si muove su un ipnotico giro di chitarra desert, creando un’atmosfera sognante e malinconica. I cori e le voci pitchate, trattate con pedali analogici, aggiungono profondità e mistero, evocando una sensazione di essere in bilico tra sonno e veglia. Allo stesso modo il dualismo tra la voce riverberata di Lisa e le voci pitchate attraverso l’octaver sottolinea la tensione tra due mondi che si confrontano: ciò che è stato e ciò che è adesso. L’intro viene interrotto da una sveglia, è un richiamo per tornare al presente dopo essersi immersi nel passato. Il bridge segna il ritorno alla realtà, mescolando elettronica e il tocco più umano della chitarra suonata da Claudio.
Un progetto sopra le righe, di quelli che non vediamo spesso, e abbiamo voluto approfondire direttamente con loro cosa stanno combinando!
“Sign Language” è il vostro nuovo singolo, ma in che modo questo brano è anche un nuovo inizio per voi?
Sign Language per noi è un nuovo inizio perché è il primo brano originale che pubblichiamo. Siamo una band nata da poco: abbiamo iniziato per gioco a maggio del 2023 quando abbiamo pubblicato Any Word, cover degli amici Yet To Come. A Dicembre abbiamo pubblicato un’ altra cover, After Hours dei Velvet Underground e da lì una concatenazione di incontri e situazioni ci ha portato a credere di più nel progetto: entrare in studio per registrare i nostri brani e creare un show in 3 atti che stiamo portando in giro per l’Italia. Con la pubblicazione di Sign Language sentiamo che ci stiamo facendo davvero conoscere per quello che siamo, esponendoci con un brano scritto da noi. Questo non è che l’inizio di un percorso che ci vedrà presi tra live e la pubblicazioni di singoli ed ep.
Sentiamo che è un periodo molto denso e siamo felicissimi di questo nuovo inizio.
Leggiamo tra le reference anche noi come Portishead e Massive Attack. C’è invece qualcuno di italiano tra le vostre influenze musicali?
Ammettiamo che la maggior parte delle nostre reference musicali sono straniere ma ci sono band e musicisti italiani che abbiamo ascoltato molto e che ci hanno influenzato. Per esempio i Verdena, Iosonouncane, Daniela Pes, Beatrice Antolini, Alessandro Fiori, Andrea Laszlo De Simone, Uochi Toki, Sleeping Tree, Federico Albanese, Altre di B… e potremmo andare avanti. Anche l’Italia è piena di musica e musicist interessanti.
Avere un progetto musicale, purtroppo, non significa solamente fare musica ma anche suonare dal vivo, curare la distribuzione e i social.
C’è qualcosa che non vi piace proprio fare?
O qualcosa di cui non sapevate di dovervi occupare?
Non sapevamo che certe domande nelle interviste ci potessero mettere positivamente in difficoltà. Ci stanno dando tanti punti di riflessione e interrogativi sul chi siamo e questo ci stimola molto! E’ gratificante, dopo tutto lo sforzo, l’ investimento di tempo e soldi che ogni artista mette nel suo progetto, sapere che c’è qualcuno dall’ altra parte che si interessa a quello che hai da dire.
Non c’è niente che non ci possa piacere in questa fase del nostro progetto, siamo semplicemente presi bene!
Qual è la vostra esperienza con il linguaggio dei segni?
Il titolo della canzone nasce da una scena che abbiamo osservato di un bambino e un padre che comunicavano usando la lingua dei segni per capirsi anche prima che il bimbo imparasse a parlare (a meno di un anno). Ci è sembrato così potente vedere questo bambino che sapeva riconoscere e comunicare le proprie emozioni che abbiamo deciso di farlo diventare il titolo del brano.
Da lì è nata una nostra riflessione sulla lingua dei segni: non ci eravamo mai avvicinata questa lingua ed è stata l’occasione per scaricare la app “MeLiSegno” e provare a imparare qualcosa. Ci è sembrata affascinante e interessante. Mentiremmo se dicessimo di saper comunicare qualcosa in questo modo perché non abbiamo continuato la pratica ed è complicata da studiare. Però è stato interessante avvicinarci a questo mondo e cogliere un minimo della complessità che contiene.
E qual è la connessione tra il brano e la copertina?
La copertina è frutto del lavoro creativo di Christian Boragine, nostro art director sin dagli inizi del progetto. L’artwork di Sign Language nasce da una riflessione sui temi del testo, come il passare del tempo e la comunicazione non verbale della lingua dei segni. Christian ha pensato agli anelli di accrescimento degli alberi, che permettono di risalire all’età della pianta e raccontano la storia di ogni stagione vissuta, come una fotografia del passato. Questa idea ci ha colpito perché Sign Language è nata proprio in un momento in cui ci siamo fermati a osservare le nostre vite da una prospettiva esterna, quasi come se anche noi potessimo leggere i nostri anelli di crescita.
Gli anelli, inoltre, rappresentano un segno non verbale e silenzioso, in linea con il tema del brano. La grafica finale è un dettaglio di un’illustrazione astratta che richiama questo simbolo, lasciando a chi osserva la libertà di trovare interpretazioni personali.
Morgana Grancia