“Beh, e io cosa c’entro?”
Quando viene raggiunto dalle purtroppo frequenti notizie di femminicidio o di casi di violenza, il Maschio Civile e Democratico spesso alza le spalle, quasi infastidito, imbarazzato per il senso di colpa della sua appartenenza al genere. “Io non ho mai sfiorato una donna, anzi le rispetto profondamente”.
Ecco. Lo scopo dell’evento Uomini si diventa, il 25 novembre al teatro Carcano di Milano è stato superare la facile auto-assoluzione maschile, per indagare se, “qualche tipo di sopraffazione nei confronti delle donne, magari inconsapevolmente, l’abbiamo compiuta anche noi”.
Non è dunque un caso che, durante la conferenza stampa di presentazione, sia stata riproposta, anche se in contesto diverso, la nota frase della Canzone del Maggio di De Andrè: “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.
Per indagare dunque nelle menti degli uomini che compiono atti di violenza fisica o agiscono comportamenti manipolatori ugualmente persecutori, è stato chiesto a otto scrittori italiani (rigorosamente e volutamente maschi!) di scrivere un monologo in prima persona di 10 minuti. Cosa passa per la testa dell’uomo violento, dello stupratore, dell’uxoricida, del maltrattante abituale, del prevaricatore ?
Il Teatro Carcano quindi, nell’ambito delle varie iniziative teatrali all’interno della settimana di riflessione sulla violenza contro le donne, ha realizzato un viaggio immaginario nella mente dei carnefici, sotto la forma di otto monologhi interpretati da Alessio Boni, con l’accompagnamento di testi e musiche di Omar Pedrini, coadiuvato dal giovane Simone Zoni alle chitarre. Assistere in teatro ai racconti di tutte queste pulsioni, rese evidenti e manifeste, è stata senz’altro per lo spettatore una sgradevole esperienza, utile e necessaria tuttavia a far sì che quanti più uomini possibile, soprattutto giovani, potessimo riconoscerle e combatterle per tempo.
Come ogni buon attore sa, la resa di un personaggio è tanto più credibile quanto più si riesce a condividerne il punto di vista. Notevole è stato dunque lo sforzo di Alessio Boni di immergersi nei deliri variamente maniacali degli otto personaggi. Ben caratterizzati, a volte anche con efficaci coloriture dialettali, gli esemplari di Maschio Malato hanno dato vita a una ampia gamma delle possibili vessazioni nei confronti delle compagne. Non è stata rappresenta dunque solo la punta dell’iceberg della violenza omicida, ma anche i ben più sottili e melliflui comportamenti manipolatori. Adottati apparentemente come desiderio profondamente amorevole del Bene Autentico della partner, si manifestano con consigli, suggerimenti, valutazioni. Celano in realtà l’obiettivo della totale sottomissione ai propri desideri, della propria volontà narcisistica di controllo totale, della creazione di un falso concetto di autorevolezza. Non si può non vedere come, sotto a tutto questo bisogno ossessivo di controllo, aleggi in realtà la mancanza di una profonda e matura autostima personale.
Il maschio prevaricatore impone/propone il controllo totale e, quando non riesce ad ottenerlo, incolpa paradossalmente la partner di aver “provocato”, quasi determinato la violenza. “Tu mi hai fatto esercitare una violenza che non mi appartiene”.
E’ stata ampiamente visibile (e apprezzata) la fatica psicologica attoriale di Alessio Boni, nel calarsi in questa tipologia di personaggi. Si è trattato tuttavia di un investimento importante e di grande valore.
Noi maschi, infatti, siamo in grande ritardo, rispetto al mondo femminile, nella auto-analisi e nella ricerca di nuovi ruoli, nel nostro caso più rispettosi.
E’ dunque di grande valore ogni sforzo in questa direzione.
Guido Buttarelli