Gli esperti cinefili sono a conoscenza soprattutto dalla seconda metà degli anni ’60 il cinema di genere italiano abbia spopolato nelle sale cinematografiche: dall’ ormai arcinoto poliziottesco allo spaghetti western, alla fantascienza fino allo spionaggio ed è proprio di un film di questo genere che oggi leggerete. Uno dei maggiori esponenti delle pellicole di genere è stato il toscano Umberto Lenzi che ha spaziato dal poliziottesco al giallo, dal thriller all’ horror fino, appunto, allo spionaggio facendo, un po’, il verso al più noto James Bond. Il film di cui vi vado a scrivere non rientra, personalmente, fra i migliori di Lenzi anche se, poi, c’ è il classico “ happy ending “ che ti fa strappare qualche sorriso. Gli attori non sono fra i più noti: si va da Roger Browne, il protagonista, nei panni dell’ agente segreto Martin Stevens a Marino Masè, nelle vesti del collega Dick, a Daniele Vargas che ricopre il ruolo del Capo dei Servizi Segreti Harriman fino a Emma Danieli e Sal Borgese.
Una ragazza viene misteriosamente uccisa durante una corrida, ma il motivo per cui la ragazza viene assassinata è perché è in possesso dell’ “ elettroscometro “, un potentissimo congegno elettronico appetito da molti. A far fuori la ragazza è stato Stevens al quale, però, dopo aver portato a Londra il prezioso oggetto, viene comunicato dal suo capo Harriman che il suo compito non è terminato in quanto dovrà eliminare tre “ colleghi “ che sono a conoscenza dell’ importanza di questo attrezzo. I tre si trovano a Parigi, Ginevra ed Atene, ma c’ è qualcosa che non quadra perché i primi due, pur venendo uccisi, erano a conoscenza del fatto che Stevens li stesse cercando. Il nostro eroe, allora, si avvale dell’ aiuto di una giovane ragazza bionda, Geneviève, detta “ Don Perignon “, insieme alla quale viene a scoprire che proprio Harriman ha ingaggiato i tre che Stevens avrebbe dovuto eliminare perché vuole vendere l’ elettroscometro ad una potenza straniera, avvalendosi, anche, dell’ aiuto del collega di Stevens, Dick. In tutto questo, giocherà un ruolo fondamentale una ragazza giapponese, Mei – Lang, inizialmente dalla parte dei “ cattivi “ ma poi, resasi conto che anche lei sarebbe stata eliminata, passa dalla parte di Stevens e Geneviève. Alla fine, ovviamente, trionfano i buoni, ma alquanto significativa è una frase della morente Mei – Lang che, tra le braccia di Stevens, prima di esalare l’ ultimo respiro, gli dice: “ Al mio Paese non ci insegnano ad essere come da voi “. Successivamente, Harriman salta in aria mentre tenta la fuga ed il film si conclude con Stevens e Geneviève che festeggiano il recupero dell’ elettroscometro.
Nel complesso, un film che si fa guardare, certamente non all’ altezza dei vari James Bond, ma si sa come la maggior parte dei film di genere non godesse della grande fiducia dei vari produttori e, di conseguenza, anche i mezzi economici erano quello che erano. Ps nel titolo si parla di fiori. Come mai non ne parlo nella trama del film? Non vi resta altro che guardare il film 😉
Stefano Steve Bertini