Ha da poco dato alle stampe la sua seconda raccolta di poesia, ma la vena artistica di Alessandra Nepa – 29 anni, abruzzese con lunghi anni di studio in quel di Bergamo – spazia dalla fotografia alla creatività, sempre con l’obiettivo di trasmettere emozioni e vibes, anche quelle derivanti dalle sfide che la vita pone dinnanzi. Dopo aver studiato Lettere ed aver continuato gli studi con la Magistrale in Filologia, Linguistica e Tradizioni Letterarie ed un Master in materie umanistiche, ora sta preparando il concorso docenti che potrebbe portarla dietro la cattedra. Nel frattempo, continua ad essere protagonista sotto i riflettori e a far emozionare attraverso i suoi scritti.
Partiamo proprio da qui. Cos’è, per te, la scrittura?
La scrittura, per me, è un dono. Non si scrive per imitazione, non si scrive per fama o mania di grandezza (anche se c’è chi lo fa). Io scrivo da sempre. In una delle videocassette di quando ero bambina, ci sono io a sette anni che recito una delle mie prime “poesiucole” al saggio scolastico di fine anno. Penso sia un destino, una sorta di affinità elettiva ed artistica che ben comunica con quello che sei tu come essere umano. Ognuno ha la sua. C’è chi la scopre, chi la soffoca, chi guarda più alla materialità dell’esistenza e non considera altro. Io scrivo fondamentalmente perché amo la nostalgia e le parole che puoi leggere e rileggere quando e quanto vuoi, ti danno la possibilità di recuperare quella lentezza della vita, fondamentale per chi ha una sensibilità particolare, come me.
Cosa ti dà la scrittura?
La scrittura mi dà tanto, mi aiuta a non perdere il filo delle cose essenziali. Io prendo spunto dalle immagini del quotidiano e trovo delle analogie tra cose che, spesso, possono sembrare ossimori. Della realtà, la cosa che mi piace di più è che, ai più attenti, offre immagini che possono sintetizzare ed aiutare anche a snodare quello che c’è dentro una sensazione, un sentimento, una qualche malinconia.
La poesia è il punto di arrivo di un percorso.
In passato, a Bergamo sono stata Caporedattrice del giornale universitario ed ho scritto per un paio di anni per “Social Up”, una rivista online; nel mentre, ho sempre partecipato a concorsi letterari e non mi piace tantissimo dirlo perché sembra che uno voglia elencare i suoi successi, ma ne ho vinti parecchi e, per uno, sono entrata, poi, a far parte della giuria.
Poi è arrivata la scelta di rendere pubblico quello che scrivevi.
Nel 2020 è stata pubblicata la mia prima raccolta dal titolo “Melodie Notturne” (Tabula Fati) e da qualche mese è in giro “Fili d’erba sotto le dita” (Jacopo Lupi Editore). É una raccolta, quest’ultima, a cui sono particolarmente legata. L’ho scritta in un tempo brevissimo, ma intensissimo di intuizioni e sensazioni varie. Il tema centrale è la mancanza, o meglio, il legame tra assenza ed essenziale. Quindi, parla del saper reinventarsi dopo la separazione da qualcuno o qualcosa e del saper inventarsi la vita, passo passo, seguendo il flusso delle cose non apparenti e scontate. Non a caso, ogni poesia ha la parola “Senza” nel titolo, una linea di confine tra ciò a cui possiamo anche rinunciare e ciò che è indispensabile. Vorrei davvero che questo libro spiccasse il volo perché non mi vergogno di dire che, più volte, mi sono commossa, scrivendolo e questo significa qualcosa in più.
C’è qualcosa che la scrittura toglie?
La scrittura mi strappa prima e poi mi ricuce, nel senso che scrivere per me vuol dire indagare, vedere, non avere paura ed è un processo anche un po’ doloroso, se vogliamo, ma poi porta a capirne di più di te e del mondo, visibile ed invisibile che sia. Per me è davvero una cosa seria: la poesia non è una questione di rime, la poesia è una questione di remi, di remare, viaggiare, farsi trasportare verso altro.
Che rapporto hai col mondo dei social?
Non ho una valutazione negativa dei social. Ciò non toglie che li uso principalmente per condividere i miei shooting e le mie poesie quindi non penso di considerarmi una influencer anche perché ho uno stile un po’ vintage, un po’ fuori tempo o senza tempo, dipende dai punti di vista. Insomma, me ne frego delle mode! Però, ecco, li uso principalmente per le mie passioni. I social possono permettere di trovare persone con il tuo stesso “sentire” ed anche professionisti o amanti della materia che si occupino di recensioni o articoli e questo fa tanto. Il mio profilo instagram è @vocedieuterpe__, un nome che ho scelto proprio in onore della Musa della poesia. Io mi sento così, una delle voci di Euterpe, uno strumento nelle mani di una poetica che convive con il nostro quotidiano.
Che immagine vuoi veicolare attraverso i social?
Io porto avanti semplicemente quella che sono, con i miei punti forti ed i miei punti deboli. Non voglio veicolare, per forza, l’immagine di qualcosa o qualcuno anche perché questa dinamica del “dare l’immagine o l’impressione di essere così” sui social si è sedimentata e la trovo fortemente nociva per tutti. Sui social c’è soltanto una parte di ciascuno. Non sono la vita, non sono giorni interi. Dei social mi piace che diano l’opportunità di allargare gli orizzonti e conoscere sempre più persone che capiscano quello che fai, quello che ti piace o, per fare un esempio, che si ritrovino in un tuo verso. Mi è capitato ed è stata una bella sensazione. Di contro, non mi piace chi ostenta sui social una vita perfetta, di lustrini e candore. Credo molto nell’istintività della passione e per niente nella finzione di una vita meccanicamente in regola, io.
Come ti sei avvicinata alla fotografia?
La fotografia è arrivata per caso. Hanno notato delle mie semplicissime foto sui social e mi hanno proposto di fare uno shooting. Ho accettato senza pensare al potenziale insito in questa opportunità. Da quello shooting di ormai cinque anni fa, sono successe tante cose. Ho conosciuto diversi fotografi, tanti punti di vista diversi sull’immagine, diversi modi di rappresentare l’attimo e la donna, in particolare. Con alcuni di loro si crea una sorta di coppia artistica, nel senso che ognuno dei due interiorizza il mondo espressivo dell’altro ed è una cosa molto utile, un punto di svolta che permette ad entrambi di essere più sinceri e sicuri. Alcune mie fotografie hanno vinto anche dei concorsi a livello nazionale, altre sono state esposte a delle mostre. Penso che la fotografia mi abbia dato, a livello personale, la possibilità di approcciarmi al mio corpo in una maniera diversa e riscoprirlo come una struttura armonica. Mi ricordo benissimo che la notte prima del mio primo shooting non chiusi occhio, non mi sentivo così portata però ha prevalso il mio istinto ed è andata bene così.
Come sei nel quotidiano?
Sono una persona molto semplice, mi perdo nei piaceri delle piccole cose e cerco sempre, appena posso, di fare lunghe passeggiate al mare perché sono una ragazza molto densa, malinconica quindi la natura mi aiuta molto a fare ordine. Mi diverte cimentarmi in cucina, ma solo se cucino per qualcuna delle persone a cui voglio bene. Per il resto, per fare la fotomodella, sicuramente ci deve essere un po’ di esibizionismo. Quindi si, diciamo che sono vanitosa in un certo modo, ma non a livello “tossico” nel senso che non sono quel tipo di persona che non esce se non è truccata o passa le ore a provare trucchi, outfit, skincare o cose varie. Nel mio lavoro, mi differenzia la capacità di essere sensuale senza scadere nell’ovvio e, per ovvio, intendo lo squallore del volgare. Mi piace lavorare di sguardo, di intensità. Per quanto riguarda come mi vesto, ti posso dire che mi vesto come capita, anche in base all’umore. Non ho un mood prestabilito: mi piacciono molto le tute, ma anche gli abiti lunghi o originali. Mi piace spaziare ed amo il rosso, nel vestire.
Che progetti hai per il futuro?
Quando studi tanto, assiduamente, con impegno per tanto tempo è normale che tu voglia vedere i tuoi sacrifici ripagati. Vale per tutti e per tutto. Ma non è così semplice. Mi piacerebbe molto lavorare nell’ambito dell’insegnamento o nella scrittura, più in generale. Per dire, anche la biblioteca è un ambiente che mi attira. Sono stata stagista per sei mesi e mi è piaciuto tantissimo. Io sono una di quelle persone che, a volte, si scoraggia ma ha sempre una motivazione più forte. Per scaramanzia, non ti dico come mi vedo tra dieci anni, ma posso anticiparti che non smetterò di credere nel potere delle parole.
Manuele Pereira
CREDITS FOTOGRAFICI
Ph. Emanuele La Verghetta
Ph. Stefano Sciocchetti
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@vocedieuterpe__