Da mago ad amministratore F. Gravina in “L’imbroglione onesto”

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La prima parte del Novecento fu caratterizzata dalla crisi dei valori e della personalità dell’individuo accentuando il genere poetico del Decadentismo e vedendo in prosa l’essere umano come un ignorante, sgrammaticato, incapace di realizzarsi per le sue risorse umane e riducendosi , secondo Rosso di San Secondo, ad una “marionetta”.Ci ricordiamo la disperata condizione di “Il fu Mattia Pascal “ di Pirandello rimasto alla fine con la sua ombra e l’inetto Zeno Cosini di Svevo. La commedia e l’avanspettacolo potevano contare su grandi nomi quali Petito e Scarpetta, mentre nel 1932 Raffaele Viviani scrisse “L’imbroglione onesto” mettendone al centro una figura arguta, salace, intuitiva ed intraprendente come donRaffaele Conti che, rimasto vedovo voleva riscattare il suo fallimento esistenziale con il successo del figlio Pietruccio cui intendeva dae : una laurea , un ricco matrimonio e l’ingresso nell’aristocrazia, anche se Pietruccio pareva ebete non riuscendo a concretizzare nulla per le scarse qualità umane e risorse intellettuali. Tuttavia talora la Fortuna ed il Fato ci vengono e così accade qui quando Pietruccio s’iscrive al primo anno dell’Università e conosce la pudica, timida ed introversa figlia della famiglia industriale dai vasti capitali diGragnano. Lui decide che è il momento buono per agire e convincere i genitori di lei che non manca di nulla e pertanto Pietruccio è un bel partito. Tuttavia i Botticella cominciano a dubitare della fretta del matrimonio in quanto la giovane non mostra la pancia della gravidanza al colpo d’occhio ed interrogata dalla madre confessa tutta la verità con estremo candore e sincera onestà. Scoperta la truffa subdola e l’avidità di denaro lo mandano via sena pietà, malgrado che vistosi perso, Conti ricorra ad una straordinaria messa in scena di paresi apoplettica, strabuzzando gli occhi, la voce, le gambe e la testa, con emissione di bava sputata, posto disteso sul divano. Il simpatico e salace istrione Fabio Gravina è un magico e perfetto istrione spiritato, che tuttavia stavolta non c’entra il suo obiettivo. A Napoli fa il mago indovino con i poveri analfabeti della zona dei Tribunali quando viene chiamato dalla vedova Botticella a salvare l’azienda. Il ritmo è sempre più frenetico e coinvolgente il pubblico in un primo momento, che lentamente fanno intuire i “mass media” conducendoci a spiare da vicino l’intricata matassa,che privilegia la colta aristocrazia con intuito intrigante ed astutamente operativo con criterio manageriale, aprendo Raffaele tre quote per la vedova ,il figlio Pietruccio intanto diventato realmente padre lui stesso. Qui si coglie anche un collegamento con il pavido ,incerto e mediocre Zeno che, invitato dall’amata Ada a prendersi cura del colorificio paterno che Guido, che lei gli aveva preferito come marito, aveva rovinato con spese folli, aveva incassato la rivincita sull’amore rifiutato da lei. Padre e figlio ritrovano l’intesa pacifica dopo la lotta contro l’avversità della vita ardua e tragica per loro, ma in cui l’abilità pragmatica di don Raffaele ha centrato machiavellicamente gli obiettivi ambiti Il lavoro sarà in scena fino al16 febbraio e garantisce insegnamenti didascalici ontologici ed un sano ludismo dialettale, con la foto finale della punizione fisica esemplare del padre sul figlio, che continua bruscamente a proteggere e tutelare economicamente.

Giancarlo Lungarini

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