“Gentiluomo in mare!” Trascinante Paiato

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Al Teatro Mina Mezzadri di Brescia è in scena Gentiluomo in mare, produzione del Centro Teatrale Bresciano, con protagonista una delle migliori attrici (rimaste) in circolazione sulla scena italiana: Maria Paiato. E’ un reading, genere in cui l’attrice rodigina eccelle, ma è “lettura” per modo di dire perché in realtà la Paiato trasforma la serata in teatro allo stato puro, ricrea con funambolica arte narrativa l’intera e variopinta carrellata di personaggi tratti dalla godibile novella di Herbert Clyde Lewis. Serata di grande suggestione, puro “teatro di parola”, capace di far vivere eccentrici e stravaganti soggetti umani, un mondo avventuroso, con un leggio e il colore dell’abito (manco a dirlo ispirato al titolo), misurati quanto espressivi interventi musicali – finalizzati a marcare momenti topici – ma soprattutto con l’uso della voce. L’attrice non si risparmia nel grande impegno, anche fisico, che il racconto le richiede, reggendo per un’ora e tre quarti d’ininterrotta, intensa quanto agita, recitazione. Gentiluomo in mare è la descrizione, tutta interiore, di Henry Preston Standish, agente di borsa newyorkese cui l’educazione aveva sbiadito i colori fino a renderlo il più noioso della terra, minato da una vaga inquietudine cui cade finalmente il velo dagli occhi, rendendosi conto di aver sempre vissuto senza rendersi conto. Trascinato da forze di là del suo controllo, riconosce che la vita era divenuta una prigione e i carcerieri quei che gli stanno accanto; gesti usuali gli danno ormai i brividi, privi di passione e forieri di una carrellata di dubbi. Una macchia d’olio, di malefica forza, e l’incidente della caduta in mare, metteranno obbligatoriamente alla prova il desiderio, trasformatosi in necessità, di esplorare nuovi “mondi”interiori e modi di intendere la vita e la morte. La dignità e la compostezza della caduta, poi dell’uomo in mare, la vergogna, la sua rovina causate dalle convenzioni umane, voce modulata per gridare alla sua salvezza, ma ne ride come a una barzelletta, lui, granello di vita in un mondo acquatico immenso. Herbert Clyde Lewis, indagatore felice dell’ottusità delle convenzioni e miserie umane, trova nella Paiato un’interprete ideale, adattandosi l’attrice al mellifluo gioco surreale dello scrittore con un’ironia squisita, rendendone i tratti sensuali della scrittura (e al tempo velatamente malinconici) con sapida espressività del viso. Anche le mani recitano, blu vestita come il mare. Regala a Henry Preston Standish grande sbalzo di caratterizzazione con spasmodica gestualità di movimenti (esibendosi persino in esilarante mimesi di “nuota menti” ritenuti salvifici), reso in tutta la sua cinica e lucida determinazione con tono da cui traspira il distacco dagli altri, in una narrazione che tiene ben desta l’attenzione dello spettatore, con punte di suspense che trova l’acme nel finale dove l’attrice, con recitazione febbrile raggiunge vette di pathos in cui accalappia lo spettatore: virtuosismo capace di dipingerci e far sorgere con ricchezza di pennellate vocali, l’atmosfera della distesa oceanica, i colori, gli impercettibili suoni. Visione estatica. Indugiando, a farcela assaporare, la poesia che sottotraccia pervade l’autore nell’insistito descrittivismo naturalistico. La Paiato sfoggia qui recitazione accuratissima e puntuta, a riflettere il cesello di scrittura elegante, sottile nello psicologismo ma felicemente variegato, dell’animo del protagonista, declinato nella complessità di comportamenti e reazioni dell’animo umano. Ma tutti i personaggi ne escono vivi e vibranti e ben sviluppati, merito della sagace resa vocale della Paiato che, con estrema disinvoltura, passa da un personaggio all’altro. Unico rammarico, in una sala tutto sommato piccola come quella del Teatro Mina Mezzadri (in verità dall’acustica manchevole) sia dovuta ricorrere all’invalsa pratica dell’uso di microfono che, se amplifica la dizione, pur la appesantisce facendola più presente e nitida, ma sperdendone il prezioso gioco di sfumature. Impeccabile nella bravura di recitare con un microfono ballerino (nemesi storica?) e destreggiarsi con i fogli in un punto scompaginati. E nella variegatissima tavolozza di colori di voce, l’entusiasmo di cui carica la recitazione, le calcolate pause, la solenne tristezza finale. Strepitosa nella descrizione del “morto” in acqua, si fa potenza evocativa stregando gli uditori riuscendo, con infaticabile spirito, a comunicare paura e spavento di annegare in un mare placido, vastità immensa. Pregnante metafora, un modo per prepararsi a morire immersi in uno straordinario senso estetico di spettacolari tramonti e del creato, accompagnati dall’ironico giudizio di Dio e con l’inserimento delle tre Parche! Silenzio definitivo, tombale. Fabulatrice assoluta. Accoglienza calorosissima per il talento della Paiato, da parte di un pubblico che non gremiva interamente (come ci si sarebbe aspettati) la sala.  Al Teatro Mina Mezzadri di Brescia, fino al 26 gennaio.

gianFranco Previtali Rosti

Credito fotografico Umberto Favretto

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