Il 27 gennaio, giorno della memoria per non dimenticare, ricordare e imparare a non fare più gli stessi errori

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Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale per commemorare le vittime dell’Olocausto. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Ma nel 2025 dove la modernità e l’innovazione regnano sovrane, ci chiediamo com’è possibile parlare della Shoah e del Giorno della Memoria alle nuove generazioni che sono lontane dal periodo storico in questione. La Memoria non si insegna. Conviene partire dagli eventi della Storia e lasciare spazio alle parole dei testimoni come :Arte/ Friedl Dicker-Brandeis artista vittima della Shoah

Friedl Dicker-Brandeis (Vienna, 1898 – Auschwitz, 1944) è considerata oggi una delle pioniere dell’arteterapia. Incoraggiata dal padre, fin da quand’era bambina, a seguire la sua passione per le belle arti, ebbe l’occasione di studiare con i più grandi maestri dell’epoca: Gropius (presso la scuola del Bauhaus di Weimar), Kandinskji, Klee e si misurò con successo in diversi settori, spaziando dalla pittura alla grafica, dal design alla manifattura tessile. Fu, tuttavia, nel campo dell’insegnamento che Friedl riuscì a dare il meglio di sé, unendo quell’impegno civile che le era sempre stato a cuore con una grande competenza artistica, arricchita dallo studio di innovative strategie didattiche e pedagogiche. La stessa nel 1942 fu deportata a Terezín, il “ghetto modello” voluto dalla propaganda nazista, a 60 chilometri da Praga; lì organizzò dei laboratori creativi per i bambini e i ragazzi internati (che andavano dai sei ai quattordici anni), con lo scopo di riequilibrare, attraverso l’arte, il mondo interiore dei suoi giovani allievi, segnati dalla paura e dall’incertezza in cui vivevano quotidianamente. Per far sì che i loro disegni non andassero perduti e che la loro memoria non fosse cancellata, Friedl catalogò ogni lavoro, annotando il nome e l’età degli autori e delle autrici; conservò con cura quelle opere, quindi le nascose in due valigie che furono ritrovate alla fine della Seconda guerra mondiale. Si salvarono quasi 5000 disegni e dipinti, la maggior parte dei quali è conservata al Museo Ebraico di Praga. Trasferita a Birkenau nel 1944, morì in una camera a gas il 9 ottobre dello stesso anno. Il suo operato ha lasciato il segno e tanti spunti di riflessione. Il più importante è quello sull’uso dell’arte come terapia per approfondire la propria conoscenza e permettere la costruzione di una relazione d’aiuto mediata dall’attività creativa.

Clementina Leone

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