“Non chiamateci quote rosa”, il libro di Valentina Cristiani

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La vita delle giornaliste è diversa da quella dei giornalisti, non vi sono dubbi. Le giornaliste sacrificano la loro vita privata in misura maggiore rispetto agli uomini. Una donna che decide di avere un figlio deve mettere in stand by la propria carriera per uno o due anni, poi deve sempre in qualche modo frenarla. Le giornaliste sono maggiormente esposte a insulti, intimidazioni, diffamatori rispetto ai colleghi maschi, anche quando invecchiano e ingrassano, e non soddisfano più un immaginario standard ideale. Gli uomini invece non subiscono simili discriminazioni.
Cosa chiedono le giornaliste. Semplicemente le “pari probabilità”, ovvero le stesse possibilità previste per gli uomini di fare carriera, stessi stipendi e arrivare a ricoprire determinate posizioni apicali per meriti e senza l’ausilio delle quote rosa.
Progettualità legate al libro. Sto lavorando – insieme alla collega giornalista e attivista in campo sociale contro la violenza di genere, Stefania Secci – ad un format. Partendo dal libro, per poi ampliarla a tutti i settori, abbiamo studiato un talk televisivo in cui dare voce alle storie di donne che sono riuscite ad infrangere il «soffitto di cristallo» spezzando le catene di genere nel mondo del lavoro, mostrando il loro dietro le quinte, i loro sacrifici e le sofferenze dietro ai loro successi. In questo salotto la nostra mission vuole essere quella di creare un legame tra le protagoniste di tutte le nostre storie e il pubblico lì fuori, siamo certe possano essere di ispirazione per tutti quanti perché ogni donna e ogni uomo su questa terra ha diritto di sognare in grande, di lavorare sui propri sogni e smuovere mari e monti per tramutarli in concretezza reale.

Mi è stato chiesto se mi sono riconosciuta nello spaccato che è venuto fuori dal libro. Assolutamente si. Quando ho iniziato a seguire il calcio in un campo di provincia, intervistando un allenatore mi sono sentita dire: ‘Per essere una donna ne capisci di calcio!’ Lui era convinto di farmi un complimento: questo era l’emblema del modo di ragionare degli uomini del calcio. Nel libro scoprirete che la stessa cosa è capitata a diverse colleghe..
Noi possiamo batterci, essere tante, ma il punto è che la parità non è sovrapposizione. Noi non vogliamo essere come gli uomini, ma desideriamo avere le stesse opportunità. Ma il cammino lo si deve fare insieme”.
Curiosando in Serie A nei quadri dirigenziali.  In base agli organigrammi delle 20 società di Serie A si nota come le donne occupino appena 7% dei suddetti ruoli. In Serie A risulta dunque che 1 solo dirigente su 14 è donna. Sono 5 le quote rosa che occupano un ruolo dirigenziale nel massimo campionato, in Serie B invece sono 3. Curiosando tra gli organigrammi delle squadre di Serie A e prendendo in esame tutti i ruoli dirigenziali (dal presidente al responsabile dei collegi sindacali) fatta eccezione per il team puramente tecnico (allenatore, preparatore atletico e così via), il dato emerso che su 562 ruoli attivi solo 71 sono ricoperti da donne.In Serie A abbiamo solo tre vicepresidenti donna: Jacqueline De Laurentiis nel Napoli, Rebecca Corsi nell’Empoli e Veronica Squinzi nel Sassuolo. Cristina Rossello è nel CDA del Monza, mentre Simona Gioè è il Direttore Generale del Verona.
Gli esempi positivi vengono dall’estero. Una bella notizia arriva dall’Olanda, che profuma di futuro inclusione. Stiamo parlando della decisione presa dalla Federcalcio olandese (Knvb) di introdurre le squadre miste uomo-donna anche nella serie A. Un progetto pilota che auspichiamo arrivi anche in Italia, chiedendo di rivedere il regolamento. Occorre che le ragazze e le donne trovino un posto adatto nel panorama calcistico in base alle loro qualità e alle loro ambizioni.
La chiave per superare i pregiudizi. Lo studio, la preparazione, il farsi trovare pronte. Non dobbiamo aspettare e pretendere che cambi il mondo attorno a noi, ma dobbiamo essere noi le prime a portare avanti il cambiamento con il nostro esempio.
Nel libro viene riconosciuto che ad acuire il problema c’è anche il fatto che le donne molte volte sono invidiose le une delle altre. Tantissimo. Dovremmo imparare dai maschi a fare squadra. E quando abbiamo davanti una collega brava ammetterlo ed essere stimolate ad essere ancora più brave”. Ma non solo. Molte donne si adeguano al sistema che le fa sentire “corpi estranei” e all’ennesimo episodio discriminatorio accettano il ruolo della “vetrina” o, peggio ancora, mollano tutto. In generale, se sei donna e vuoi fare una cosa da uomo, perché ancora ci sono le cose da uomo, devi dimostrare continuamente qualcosa, cioè qualcosa in più. Purtroppo però quello che dimostri evapora e se ogni giorno non rinnovi e imponi la tua presenza, il valore aggiunto non è utilizzato semplicemente perché non è riconosciuto”.
Esistono ovviamente delle eccezioni meritevoli, certo. Ma solo quando il caso non sarà più un’eccezione potremo smettere di discutere di maschilismo nel giornalismo. 
Alcuni passaggi degni di nota del libro:

  • A molte giornaliste viene detto o fatto capire che, se sei donna e segui il calcio, lo fai perché sei innamorata dei calciatori
  • Nei salotti alle giornaliste vengono spesso chiesti giudizi sull’estetica di giocatori/arbitri/allenatori
  • Mascolinità nell’uso dei termini (quarto uomo quando si parla di arbitri..)
  • Gli arbitri donna, vengono chiamate “signore” e non con il loro specifico ruolo
  • Allenatori che, contestati da una giornalista, rispondono chiamandola “signorina”
  • A Gaia Brunelli (telecronista Sky) i primi anni, durante la prova microfono, dalla regia chiedevano di passare il telecronista uomo che avrebbe fatto la telecronaca
  • A Chiara Sani, che durante Forum faceva i servizi in esterna, chiedevano più volte e con insistenza chi avrebbe fatto poi il montaggio del servizio e non credevano che sarebbe stata lei stessa.
Il libro contiene la prefazione di (giornalista, conduttrice Dazn), l’introduzione di (giornalista, conduttrice Rai) e la postfazione di (giornalista, Presidente della Divisione di Calcio Femminile FIGC). Nel manoscritto sono presenti oltre 40 interviste a note giornaliste che raccontano la loro esperienza tra pregiudizi, discriminazioni e molestie.
Una mia breve presentazione:
Valentina Cristiani, giornalista pubblicista e scrittrice, classe 1981. Ha due amori martellanti che formano un’unica colonna sonora: le parole e lo sport. Scrivere è parte del suo dna fin dalla tenera età, ed il suo miglior talento è la capacità di trasmettere fedelmente al lettore le sensazioni che lei stessa percepisce dalle storie, dai fatti e dalle persone che il mestiere le fa incontrare. Calciofila incallita. Ama fotografare con la penna le emozioni che colorano lo sport. Lavora per la Federvela, è Responsabile di un portale calcistico, scrive articoli di giornale per quotidiani, e ha esperienze in TV e in Radio, come redattrice, conduttrice e/o opinionista. Questa è la sua terza fatica letteraria, dopo Calciatori? No,grazie!, e “Goal a 4 zampe” presentati a La vita in diretta, La Domenica Sportiva, TG3, 7Gold, Sportitalia, Rai Radio1 e con interviste dedicate sui settimanali GENTE e VISTO.
https://www.lafeltrinelli.it/non-chiamateci-quote-rosa-libro-valentina-cristiani/e/9791255231684

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