BERLINO, 16 FEBBRAIO – Un commovente film brasiliano, O Último Azul di Gabriel Mascaro, è stato il protagonista assoluto della quarta giornata della 75ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, imponendosi sugli altri due concorrenti della giornata grazie alla qualità dell’interpretazione di due attrici veterane, a un tema di grande attualità come quello della terza età, sempre più emarginata nella società moderna, e a una splendida fotografia che, più che essere puramente turistica, è un vero e proprio inno alla natura.
Lo stesso non si può dire del rigido La Tour de Glace della regista francese Lucile Hadzihalilovic e ancor meno del belga Reflet dans un diamant mort della coppia Hélène Cattet e Bruno Forzani, un disordinato e puerile omaggio al mondo dei fumetti.
Vedere O Último Azul a Berlino fa tornare alla mente Central do Brasil, premiato proprio qui 27 anni fa con l’Orso d’Oro per il miglior film, non solo per aver rivelato al mondo il precoce talento di un grande cineasta come Walter Salles, ma anche per aver lanciato la carriera da protagonista di una quasi sconosciuta Fernanda Montenegro.
Anche in questo caso, sebbene Mascaro non sia propriamente un esordiente – ha 41 anni, 17 di carriera alle spalle con 11 film e diversi premi in importanti festival come Venezia e Locarno – O Último Azul potrebbe rappresentare una svolta decisiva nella sua carriera, così come per la veterana Denise Weinberg, 69 anni e 44 film alle spalle, per lo più in ruoli secondari più o meno rilevanti.
Il suo personaggio, Tereza, ha 77 anni, sopravvive con una magra pensione e un lavoro di pulizia in un mattatoio di caimani, ma finisce intrappolata in un piano governativo che, con il pretesto di prendersi cura degli anziani, in realtà li esclude dalla società, internandoli in case di riposo lontane dalle loro abitazioni, da cui pochissimi riescono a uscire vivi.
Per sfuggire a questo destino obbligato, imposto a volte con la complicità dei familiari che ricevono un sussidio dalle autorità in cambio, Tereza intraprende un viaggio accidentato per sottrarsi allo sguardo vigile e spietato dei computer, scoprendo un’umanità che vive ai margini della società ma che gode della libertà degli esclusi.
Sebbene nel mondo non esista ancora un regime che elimini gli anziani in modo così indolore, non sembra lontano il giorno in cui ciò potrebbe accadere, il che conferisce al film un’impressionante carica di dolorosa attualità.
Ma questo non è l’unico valore di questa eccellente pellicola, che meriterebbe di essere tra i vincitori finali, poiché Mascaro e il suo co-sceneggiatore Tibério Azul hanno creato situazioni e personaggi tanto insoliti quanto originali, che lo spettatore scopre con sorpresa dopo sorpresa. A partire da un’altra eccellente veterana, la cubana Miriam Socarras, che insegna a Tereza il valore della libertà, fino alla colonna sonora di Memo Guerra e alla dinamica fotografia di Guillermo Garza, che rifiuta il turismo visivo per immergersi nei paesaggi quasi selvaggi di fiumi, montagne e foreste, veri e propri omaggi a Madre Natura.
La francese Lucile Hadzihalilovic, che nel 1996 aveva stupito con il suo esordio La Bouche de Jean-Pierre, ha proseguito da allora una carriera lenta ma onesta, culminata in La Tour de Glace, che racconta la storia di un’orfanella che crede di trovare una seconda madre in una celebre e egocentrica attrice, impegnata a interpretare la Regina delle Nevi in un film girato vicino a casa sua.
Ma proprio come il personaggio della celebre fiaba, che con i suoi baci congelava il cuore dei bambini che diceva di amare, la diva promette di tenerla con sé, solo per poi abbandonarla senza alcun rimorso.
La giovane esordiente Clara Pacini riesce a tenere testa a una Marion Cotillard molto concentrata nel ruolo della glaciale Regina delle Nevi, ma la regista ha scelto di raccontare il mondo fittizio di una produzione cinematografica con una narrazione statica e monotona. Se i personaggi si fossero mossi normalmente, come nella vita reale, il film avrebbe potuto durare 20 minuti in meno rispetto ai 118 che il pubblico ha dovuto sopportare.
Per non parlare di Reflet dans un diamant mort, che rappresenta finora il punto più basso raggiunto quest’anno dal concorso della 75ª Berlinale. Cattet e Forzani formano una coppia stabile di registi e sceneggiatori dediti, con alterne fortune, all’esplorazione del cinema di genere. Questo film è un dichiarato omaggio al fumetto cinematografico, pieno di supereroi mascherati, effetti speciali, pugni, sparatorie, auto in fiamme e con un un tempo celebre Fabio Testi che si aggira con passo incerto, senza avere alcuna idea di cosa stia facendo.