Arriva a Milano, al Teatro Nazionale, un’ennesima versione de I Tre Moschettieri, stavolta un’opera pop per la regia di Giuliano Peparini; musicata da Gio’ Di Tonno è prodotta da Stefano Francioni e dal Teatro Stabile d’Abruzzo, di cui è Direttore Artistico Giorgio Pasotti.
Non musical ma opera pop, perché tra le due forme d’arte c’è una bella differenza. Qui infatti le battute recitate sono pochissime, ma è un susseguirsi di canzoni che raccontano la storia immortale di D’Artagnan e dei tre Moschettieri del Re, Athos, Porthos ed Aramis, nella Francia di Luigi XIII. “Tutti per uno, uno per tutti!”, frase simbolo di un’amicizia incorruttibile, è anche qui il cardine dello spettacolo, che inizia prima in una fabbrica di scatoloni, dove il tempo è scandito dalla monotonia delle azioni da compiere ogni giorno. Un lavoratore trova un libro dimenticato, o forse lasciato lì apposta: incuriosito, inizia a leggerne la storia, attirando anche gli altri lavoratori che si trasformano nei personaggi della storia, catapultando lo spettatore nella Parigi del’600. L’umanità non cambia mali: allora come oggi ci sono i buoni ed i cattivi, l’amicizia ed il tradimento, la brama di potere e l’ambizione, per una storia senza tempo dove al centro ci sono valori come onore, fedeltà, onestà. L’amicizia, da un lato, e l’amore, dall’altro: motore di ogni azione umana, qui allo stato puro tra D’Artagnan e Costanza, ma spezzato dalla sete di vendetta di Milady. Alla fine tornerà un po’ di equilibrio, anche se la morte rimane un mistero per l’uomo, allora come oggi.
La triade che ha funzionato, per anni, in Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante si ritrova nuovamente qui. Giò di Tonno, indimenticabile Quasimodo, oltre a firmare le musiche con i testi di Alessandro Di Zio, è Athos; Vittorio Matteucci, ex Frollo, è Porthos; Graziano Galatone, ex Febo, è Aramis. E non è la prima volta: nel 2003 è Tosca, Amore Disperato di Lucio Dalla ha visto Matteucci nel ruolo di Scarpia e Galatone in quello di Cavaradossi; del 2010 invece è I Promessi Sposi di Michele Guardì, con Matteucci come Innominato, Galatone come Renzo e Di Tonno come Don Rodrigo.
Tre voci diverse ma inconfondibili ed ognuna unica: se si aggiunge la loro pluriennale esperienza, riempiono la scena in modo incredibile e non ci si stanca mai di ascoltarli. Le loro presenze così ingombranti, in senso ovviamente positivo, mettono decisamente in ombra il D’Artagnan di Sea John, nome d’arte di Giovanni Maresca: non eccezionale, non spicca, è un moschettiere ordinario, intonato ma non con una di quelle voci che spaccano. Spacca invece Camilla Rinaldi come Milady: una voce meravigliosa, unita ad una buona interpretazione del personaggio, la perfida ex moglie di Athos che farà una brutta fine, pagando per le sue malefatte. Meno impattante ma bella voce anche per la Costanza di Beatrice Blaskovic; piacevole, garbato ed elegante Roberto Rossetti, che interpreta Alexandre Dumas, l’autore che ci narra la storia; esagerato, per quanto il suo personaggio, Planchet, il servo di D’Artagnan, lo preveda, Gabriele Beddoni: a volte è davvero troppo. Due “vecchie volpi” con un’esperienza importante alle spalle, e si vede, completano il cast: Leonardo Di Minno (Notre Dame de Paris, La Divina Commedia, Romeo e Giulietta – Ama E Cambia il Mondo) come Rochefort, lo scudiero del Cardinale Richelieu, un bravissimo Cristian Mini (Notre Dame de Paris, I Promessi Sposi).
Con tali interpreti il lavoro di un regista risulta senza dubbio più semplice, ma Giuliano Peparini fa perdere il filo con un buio alla fine di ogni canzone, spezzando il ritmo, interrompendo la linea conduttiva e facendo perdere fluidità alla narrazione, che così gestita sembra il saggio di fine anno di una scuola di danza di periferia. Gli elementi scenografici con relative scelte registiche a volte risultano perfino pericolosi, come a voler strafare quando la bravura degli interpreti fa già quasi tutto il lavoro da sola. Ma la cosa peggiore sono le coreografie di Veronica Peparini (casualmente sorella del regista) ed Andreas Muller (sempre casualmente compagno della sorella del regista): entrambi ex Amici, forse troppo abituati alla televisione, hanno prodotto una serie di movimenti inconsulti, non certo tecnici, che fanno pensare che i poveri danzatori abbiamo messo le dita in una presa elettrica prima di entrare in scena oppure soffrano di epilessia. Peccato perché con delle musiche così belle ed un cast di ballerini così numeroso si poteva fare davvero un bel lavoro, ma qui di bello non c’è nulla, come non c’è nulla di danza, ma solo qualche movimento acrobatico.
Meno male che ci sono i tre Moschettieri. Giò Di Tonno racconta così il suo spettacolo: Considero “I Tre Moschettieri” l’inizio di una nuova vita artistica che mi vedrà sempre più impegnato come compositore. Ho messo tutto me stesso in questo progetto che finalmente vede la luce. Sono felice di portare in scena la storia di amicizia più celebre della letteratura, e di farlo proprio con alcuni amici veri, a cominciare da Vittorio Matteucci e Graziano Galatone con cui ho già condiviso tante avventure, Alessandro Di Zio, autore dei testi, a Renzo Musumeci Greco maestro d’armi e di vita (…). Ed ora “In guardia!” I Tre Moschettieri sta per cominciare… E vi sorprenderà!
Uno spettacolo che merita per gli interpreti, non solo per i tre protagonisti, e per le musiche: il ricordo di Notre Dame de Paris, primo spettacolo del genere, è ancora molto vivo.
Chiara Pedretti
Teatro Nazionale
Piazza Piemonte, Milano
Fino al 23 Febbraio 2025
Biglietti da EUR 31,00 a EUR 67,00 più commissioni