Mariano Rigillo è Ezra Pound. Quella figura così fragile e così maestosa, la sua testa incorniciata da una corona di capelli selvaggi sotto cui si cela una mente libera, libera di creare, di pensare, ma di farlo con la sua testa, libera di credere e poi ritornare sui suoi passi, accorgersi di essersi sbagliato, su qualcosa, su qualcuno. Ma sempre prendendosi le proprie responsabilità. E la sua libertà l’ha pagata a caro prezzo.
Mariano Rigillo è Ezra Pound richiuso dentro una gabbia “è disumano…è disumano” sono le prime parole a uscire dalla sua bocca di vecchio stanco ma indomito, il grande poeta nato nell’Idaho nel 1885 ma che passò molti anni della sua vita a Rapallo e a Venezia, dove si spense nel 1972 e fu sepolto all’Isola di San Michele.
“Tocca a voi giudicare Ezra Pound” e ci chiede di farlo senza pregiudizi, quelli che hanno offuscato gli occhi della gente e forse continuano a farlo, e sono stati la causa delle sue sofferenze, prima imprigionato con l’accusa di essere fascista, e nel fascismo, è vero, ha creduto fino alla caduta della Repubblica di Salò, di avere tradito gli Stati Uniti, e alla fine della guerra dichiarato insano di mente e rinchiuso nella gabbia di un manicomio per dodici anni, anni in cui non ha smesso di pensare, di mandare a memoria i “Cantos”, quella maestosa opera di letteratura che si può definire la risposta americana alla Divina Commedia dantesca.
Mariano Rigillo è Ezra Pound nello spettacolo “Ezra in gabbia” scritto e diretto da Leonardo Petrillo, uno spettacolo denso, originale, coraggioso, non facile, perché Pound è ancora in parte tabù, come se lo si giudicasse ancora e soltanto per le sue idee, per quel cognome pesante che gli Italiani conoscono per altri motivi, per le sue teorie economiche, i suoi discorsi alla radio, i presunti saluti romani.
Come se tutto questo, noi, che senza alcun pregiudizio crediamo fatto in buona fede, sia sufficiente per non leggere le sue poesie, le sue traduzioni, e quella sovrumana opera che sono i “Cantos”.
Cosa dobbiamo aspettarci da questo momento storico in cui sta prendendo piede la “cancel culture”, forse che venga messo al bando, che non lo si faccia conoscere nelle scuole, che non lo si celebri per il grande poeta che era, che lo si cancelli senza possibilità di replica? E allora che dire di D’Annunzio, di Croce, di Marinetti, Malaparte, Pirandello e altri cosiddetti simpatizzanti di un regime che non c’è più? E che dire, per essere giusti, degli intellettuali, certo più numerosi, che si schierarono dall’altra parte? Come sappiano bene, sia il comunismo che il fascismo si sono trasformati in regimi totalitari, criminali e Dio non voglia che risorgano mai più dalle loro ceneri.
Ma noi non giudichiamo né condanniamo gli artisti in base alle loro preferenze politiche. Giudichiamo però le lore opere, se siano in grado di trasmetterci qualcosa, se abbiano il potere di aprirci la mente, se siano, semplicemente, belle.
Petrillo offre al pubblico, e si prende un bel rischio, uno spettacolo in cui Mariano Rigillo, con il supporto della brava Silvia Siravo che legge brani da i “Cantos”, incarna un uomo dalla cultura vastissima, non sempre capito, come la sua storia ci insegna, ma in fondo quale artista non ha in sé una vena di follia, di stravaganza, di esagerazione, preferendo la solitudine delle idee alla massa codina o audace a seconda di quello che gli fa comodo?
Uno spettacolo non facile ma pieno di input, di rimandi, che non può non suscitare la curiosità e la voglia di leggere l’opera di Pound, per chi non lo avesse ancora fatto. Sì, ogni tanto bisogna sforzarsi se vogliamo arricchire il nostro bagaglio culturale e fare di questo mondo un posto migliore dove vivere.
E a fine spettacolo, sul palco illuminato, Rigillo, affiancato dalla graziosa Silvia, si rivolge al pubblico, ora svestito dei panni di Ezra, e ci dice: “Perché non venite a teatro?”.
Un brivido mi è corso lungo la schiena e mi sono vergognata per gi assenti, per chi preferisce incollarsi a un cellulare, per chi non ha più alcuna curiosità, per chi non ragiona più con la propria testa, per chi ha il coraggio di lasciare cinema e teatri vuoti.
L’arte salverà il mondo? La speranza è l’ultima a morire. Ma i tempi, purtroppo, non possiamo cambiarli.
Ma nemmeno esserne tacitatamene complici.
Daria D. Morelli Calasso
Piccolo Teatro Grassi (via Rovello 2 – M1 Cordusio), dal 19 al 23 febbraio 2025
Ezra in gabbia
o il caso Ezra Pound
scritto e diretto da Leonardo Petrillo
liberamente tratto dagli scritti e dalle dichiarazioni di Ezra Pound
con Mariano Rigillo e Silvia Siravo
scene Gianluca Amodio
costumi Lia Francesca Morandini
disegno luci Enrico Berardi
musiche Carlo Covelli
aiuto regia Mario Rinaldoni
foto di scena di Pino Le Pera
produzione TSV – Teatro Nazionale, OTI – Officine del Teatro Italiano
nell’ambito del progetto VenEzra promosso dalla Regione Veneto