La vita è spesso strana e ci riserva delle sorprese che preferiremmo certamente non ricevere e cinicamente farne a meno per non rovinarci quella pace e serena monotona esistenza che ci siamo creati. Non vorremmo rincontrare delle persone con cui abbiamo avuto brutti screzi o discusse vicende polemiche che faremmo volentieri a meno di ricordare, litigiosi e tristi episodi che hanno provocato violenti alterchi , che si sono impressi indelebilmente con traumi e ripercussioni psicologiche nel nostro inconscio od Es, per cui non siamo in condizione di cancellarli dalla nostra memoria per la gravità che hanno avuto irrimediabilmente nel nostro “habitus vitae”.Questo è il didascalico concetto che il commediografo transalpino Alain Teulie’ ha voluto trasmetterci con la sua commedia a due personaggi apparentemente basata sull’amicizia e la fiducia tra due persone in una piece intitolata “Il cappotto di Janis”, ma che in realtà è a tinte fosche da thriller e noir che rendono la trama ricca di emozione palpitante e suspence dietro un’apparente dialettica tra uno scrittore di personalità caratteriale fragile, che all’inizio non si sa per quale motivo sieda su una carrozzella da traumatizzato agli arti inferiori che non può più muovere ed è abbastanza depresso vivendo frastornato nei suoi fantasmi o memorie d’un tempo. Egli di nome Joseph incontra una semplice, modesta come classe sociale , giovane ragazza di origine iberica e per la reciproca immediata simpatia, intuito di possibile fiducia ed empatia, la ferma e le affida il compito di “factotum” come segretaria, badante non avendo nessuno cui delegare le sue funzioni operative e di assistenza, essendo limitato nei movimenti, ma soprattutto il ruolo di detective investigatrice per ricercare una donna che ha avuto anni prima un’importanza capitale per lui per uno spirituale ed elettivo rapporto sentimentale, che l’ha segnato per sempre come un improvviso colpo di fulmine dilatatosi ad una profonda relazione sentimentale durata anni e poi finita per un sinistro evento che poi sarebbe venuto a poco a poco nel finale alla luce , alzando il livello della tensione dialettica tra i due e dando nel secondo tempo agli spettatori il modo di capire perché per la calma e tranquillità psichica i due non si sarebbero dovuti incrociare per strada ed intrecciare un legame di dipendenza che alla fine li sconvolgerà ineluttabilmente, rovesciando i loro stati d’animo. Da principio la ragazza che la splendida ed affascinante spagnola Rocio Munoz Morales, seducente moglie di Raul Bova volendo emergere nel campo teatrale,ha deciso d’interpretare per il pudore , il decoro dignitoso e l’onestà dei principi etico – civili ,di cui durante l’impatto emotivo d’avvio con il professionista della penna si rivela portatrice con raccomandazioni pratiche per lui per i capelli lunghi e lo scontro dei due temperamenti ; infatti è introverso quello del romanziere incarnato dal direttore Pietro Longhi che ogni volta si sceglie un’ottima e mirabile compagna di scena, dopo aver amato seriamente una più giovane collega che purtroppo una grave e veloce leucemia gli strappò tragicamente dal cuore ed anche noi ne sappiamo qualcosa, riconoscendoci nel personaggio de “Il Vedovo” che debutterà con Massimo Ghini in questa settimana al Parioli.Joseph dal canto suo, in parte leggibile nella perfetta recitazione misurata e calibrata negli atteggiamenti bloccati dalla carrozzella su cui è costretto a muoversi,ma affranta e talora al contrario ben determinata nei rimproveri ed ammonimenti che rivolge a Mila, che è diretta,sicura di sè e disinibita, spregiudicata nella sua esistenza anticonformista .Dunque Joseph ha avuto una lunga relazione sentimentale, con passione romantica, con la cantante Chloe Oblin e nella vacanza d’amore oltre l’Oceano Atlantico le aveva regalato uno folgorante cappotto marrone chiaro di velluto con le maniche ed il collo rifiniti in tessuto impellicciato dello stilista Janis.. Il “deus ex machina “ euripideo sarà il comportamento superficiale ed illegale di cui si macchierà la stessa Mila una mattina in un bar rubando dall’attaccapanni un indumento personale esteriore mentre la proprietaria effettiva è al bagno. Tuttavia questo reato di furto è quello che da un lato lo scrittore aspramente deplorerà per i guai in cui la ladra, con cui è nata una complice relazione confidenziale, s’è cacciata e per il fatto che riconosce il capo d’abbigliamento donato a suo tempo a Chloe in cui vi sono anche le chiavi di casa della sua passata amante di cui è rimasto struggentemente innamorato. Con tono comprensibilmente adirato in quanto i regali d’un vincolo affettivamente vissuto non si richiedono, anche se il legame finisce giacché sono la testimonianza visiva di quello che c’è stato e per lui è rimasto il rimpianto e la sofferenza non solo fisica, ma pure e soprattutto interiore , di quello che adesso sembra non ci sia più. Preso atto della sua colpevole responsabilità per lo sfrontato atto commesso,consigliata sul metodo migliore per la restituzione alla proprietaria del suo cappotto, Mila orgogliosa e pentita del misfatto compiuto, ma a cui ha potuto in tempo porre rimedio,torna dal narratore e gli confida la riuscita del comando ricevuto,che ha aperto gli occhi a chi ha ripreso quanto gli apparteneva. A questo punto si dischiudono i retroscena, l’incarico da scopritrice della persona ricercata è stato portato felicemente a termine,tuttavia solo adesso la suspence raggiunge il culmine della parabola, il vertice dell’argomentazione del copione ed i veleni, i retroscena per cui non si sarebbero dovuti incrociare per strada, vengono fuori in tutta la loro dolorosa verità.Lei deve tornare a casa dal piccolo figlio perché l’orario della vigilante bambinaia è finito, ma il bambino di chi è e per quale ragione lo scrittore ha voluto aggiungere una somma per il ragazzino come se si sentisse in colpa? Che spettro, fantasma , aleggia dietro loro due, per dirla con il norvegese H. Ibsen?Lei con disprezzo e segno di più profondo e spontaneo, sincero, fraterno spirito di riconoscenza non la vuole, pure, però, in parte per quello che è successo e che le ha rovinato la vita della sua famiglia. Crollano l’impalcature, le sovrastrutture e viene fuori la realtà dei fatti piuttosto inquietante e tremenda per due esseri umani, con lei che butta la busta per terra e gli spiega che è stato lui a causare il sinistro stradale in cui Joseph ha perso l’uso degli arti inferiori, ma il compagno di lei e padre del fanciullo, un bel driver di 30, è morto sul colpo , come i tanti motociclisti che si spengono nel traffico a Roma e spali, alberi e guardarail .Tale tristezza non l’abbandonerà più e, mentre se ne va, il campanello della porta avverte d’una visita. Chi sarà e per quale motivo scatta la legge del contrappasso come in Dante e negli indovini ellenici, alla guisa di Tiresia? .Lo spettacolo coinvolgente per la concentrazione in una fitta ragnatela di contrastanti sentimenti resterà al Manzoni fino al 9 marzo.
Giancarlo Lungarini