Menecmi e il suo doppio di Plauto-Zingaro all’Arcobaleno

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Vincenzo Zingaro è in scena da anni con la sua divertente e perfettamente funzionante “macchina teatrale” del Menecmi di Plauto che si avvale una scenografia che dal classico si “contamina” nell’avanspettacolo con tanto di luci stroboscopiche, strizza l’occhio alla Commedia dell’Arte e arriva candidamente a citare il tradizionale “vieni avanti cretino”, con gran godimento del pubblico. Ma le risate suscitate da gag, lazzi e situazioni parossistiche non sono mai fini a se stesse, piuttosto ammorbidiscono ma non celano precisi segnali tipici del “politico” Goldoni. Mi riferisco in particolare all’atavica fame della servitù, i due servi somigliano tanto a Truffaldino e Brighella, pronti a tradire e anche a bastonare il padrone che non riempie la pancia del servo. Il quale accetta malvolentieri il giogo del potere rinunciando alla libertà pur di sfamarsi, ma è pronto sempre a servire due padroni e a tradirli entrambi se necessario.
Come si può immaginare il termine “divertente” è a doppio taglio, appunto un “gioco del doppio” come recita il sottotitolo denso di contenuti ideato dallo stesso Zingaro. Se da un lato, dunque, il divertimento comporta ovviamente la presenza di una forma “leggera”, diciamo pure di “intrattenimento”, termine sempre poco gradito agli intellettuali ma necessario al funzionamento del meccanismo scenico (lo dice Italo Calvino nella seconda lezione americana sulla “leggerezza”), dall’altra la leggerezza stessa rappresenta il miglior veicolo di trasmissione e comprensione del pensiero filosofico, astratto, metafisico.
L’interpretazione del testo di Plauto che propone Zingaro, sia nelle vesti di regista che di autore di una nuova versione originale del classico, va allora senz’altro nella direzione del “di-vertimento colto”, ossia dell’intrattenimento attraverso la forma “comica” che però sottende ad una analisi filosofica attualizzata di un classico del pensiero socratico sulla condizione umana del “conosci te stesso”.
Il plot plautino dei gemelli separati dal destino che non sanno più nulla uno dell’altro e che il caso fa incontrare fino a riconoscersi come Uno solo genera, direi automaticamente, per inerzia, una serie di spassosi malintesi. Il tema è arcinoto e anche sfrutatto dalla grande drammaturgia d’ogni tempo, basti pensare a Shakespeare e a Goldoni che hanno ripreso e riadattato il Menecmi.
Tuttavia la buffa questione dei gemelli, così uguali eppure così diversi che finiscono per fondersi in una sola persona, ovvero nella maschera in cui l’individualità “per-suona” – come ne La maschera e il volto (1901) di Luigi Chiarelli o nel concetto pirandelliano delle Maschere nude – viene affrontata da Zingaro non solo come un semplice espediente comico, bensì alla stregua di un paradosso filosofico: il Caso che genera la Necessità della riflessione del Sé e della propria posizione nel mondo. Chi sono? Perché sono? Che ci faccio qui? Tutto ciò beninteso senza tralasciare il lato comico, appunto di intrattenimento, attraverso l’accentuazione dei caratteri che per caratteristiche richiamano la tradizione della Commedia dell’Arte, e volendo risalire il fiume della storia per rigore filologico anche le farse atellane da cui lo stesso Plauto attinse. In effetti i personaggi della farsa plautina sembrano vestire i panni dei vari Truffaldino, Brighella, Pantalone, Balanzone e Colombina: questo certo al fine di irretire e divertire lo spettatore ne e con i meccanismi comici del teatro all’antica italiana, per poi però richiamarne l’attenzione sulla questione pirandelliana della maschera convenzionale che ognuno di noi porta sul volto trasformando il Se stesso agli occhi dell’altro. E qui è superfluo citare il romanzo di Pirandello Uno, nessuno centomila dal momento che il titolo dell’opera ne esprime benissimo concetto e contenuto.
Siamo insomma Uno, Due o Centomila? Oppure Nessuno? O siamo uguali, con la stessa maschera sul volto come nel finale di questo Menecmi?

Enrico Bernard

 

I MENECMI
(IL GIOCO DEL DOPPIO)
 di T.M. Plauto
Adattamento e Regia Vincenzo Zingaro
con Piero Sarpa, Annalena Lombardi, Giovanni Ribò, Rocco Militano, Fabrizio Passerini, Laura De Angelis, Maurizio Casté
Musiche Giovanni Zappalorto– Costumi Emiliana Di Rubbo – Scene Vincenzo Zingaro – Luci Giovanna Venzi

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