Uno dei caratteri umani più tratteggiati dal Cavalier Carlo Goldoni, lagunare ed avvocato, ma che non esercitò mai la professione in quanto innamorato delle prime donne delle compagnie teatrali della città di San Marco, preferì scrivere commedie analizzando i tipi umani che aveva sostituito alla Commedia dell’Arte con le maschere del ‘500.L’operazione era stata compiuta nel ‘600 in Francia da Jean Baptiste Poquelin detto Molière, che aveva cacciato i castrati italiani come Fiorili, mentre in Italia nel ‘700 fu Goldoni che scrisse con il motto “utile dulci” ovvero insegnare i valori positivi e le buone maniere, che Mons. Della Casa con il “Galateo” aveva anticipato nel ‘400.La senilità per lui generalmente era negativa, aspra, ruvida, autoritaria e spregiativa di tutto, raramente subentrava la vera saggezza con un senso di generosa umanità come in “Il Burbero Benefico” scritto nell’ultimo periodo.Ecco dunque che il Teatro Stabile del Friuli ha deciso di portare in scena una delle sedici commedie che realizzò nel 1766, intitolata precisamente “Sor Todero Brontolon” prima di recarsi in Francia e comporre in transalpino, poiché inseguito dai creditori. Reduce dal trionfale successo dell’Argentina con Umberto Orsini nel duo comico esilarante “I Ragazzi Irresistibili”,Franco Branciaroli dalla verde anzianità istrionica e camaleontica si cala nei panni del veneziano “Sor Todero”, che alla stregua di Pantalon de’Bisognosi, s’aliena le simpatie della famiglia e dei servitori, che tratta con boriosa autorità dall’alto in basso non volendo concedergli nulla del suo cospicuo patrimonio fondiario. Di simili personaggi nobili al tempo di Goldoni ve n’erano parecchi e l’autore fa precedere questa commedia dalle note esplicative al pubblico, stupendosi del favore che un siffatto carattere soggettivo aveva ricevuto dal pubblico, forse in quanto la ricchezza era in mano di parecchi nobili aristocratici. Si può dire che si ricollegava ai vecchi spilorci di Plauto od alla precedente opera “I Rusteghi” perdendo , però, la minima umanità mostrata dai quattro. Branciaroli lo fa risaltare a pieno, ne dà una straordinaria, perfetta e sarcastica , grottesca e ridanciana, interpretazione grazie alla sua inarrivabile signorile postura e squisita chiarezza di scansione fonetica,percepibile e decodificabile dai convenuti alla prima. Egli s’allinea in un ideale paragone agli altri grandi attori che questo ruolo ricoprirono: Giulio Bosetti,Gastone Moschin, cui s’aggiungono piccoli cambiamenti nell’età contemporanea, come convivenze dei figli in casa più a lungo, coabitazioni con generi e nuore, assistenza economica agli eredi disoccupati e tempo al servizio dei nipotini. Il lato positivo nella commedia è riservato alle donne ed al riguardo nei confronti delle rispettive classi sociali : ognuna deve stare al suo posto e non è possibile un’ascesa piramidale, se si esclude l’affrancazione dei liberti come avveniva nel vecchio mondo romano. Saranno la nuora Margherita del vecchio avaro e misantropo Todero, ricollegandosi ad una delle principali pièce di Moliere creatore de “La comedie Francaise”, in combutta con la vedova Fortunata, quasi fossero un “deus ex machina” euripideo per sottrarre la povera Zanetta che il nonno vorrebbe dare in moglie al figlio del fattore “minus habens” Nicoletto per non pagare lo stipendio al di lui padre, che in realtà l’ha sempre derubato. Il discorso del giovane Meneghetto, avvezzo alle buone creanze e con una discreta cultura di base, figlio della dama di gran lusso e vedova Fortunata, che sa circuire e lusingare Todero brontolon con la promessa che impalmerà Zanetta senza la dote convinceranno Todero egoista ed opportunista in nome dell’affarismo a cambiare parere e consentire la felicità della nipote, mentre i due servitori Nicoletto e Cecilia si sposeranno tra di loro, osservando la gerarchia civile e sociale. IL patriarcato, che oggi non è ancora del tutto vinto per gli uxoricidi tra le mura domestiche e per il despotismo nelle famiglie degli immigrati in cui il padre è ancora quello che combina i matrimoni come nel caso di Saman a Novellara,fonde la gioia per il rispetto dei diritti dei giovani sul piano naturale ad una sottile tensione per il fatto che la questione della tutela delle coscienze e dei principi inviolabili delle persone non è stato ancora risolto. La regia di Paolo Vicario ha solcato la linea dell’insegnamento goldoniano per le rappresentazioni teatrali “utile dulci” ovvero combaciare l’analisi psicologica dei personaggi con un sano e distensivo divertimento,che il pubblico ha gradito assai. Si replica al Quirino fino a domenica. Poi il tema sarà il matrimonio con la sarcastica commedia di Natalia Ginzburg “Ti ho sposato per allegria” nell’ultima settimana di marzo e prima della nuova stagione della Primavera, dopo l’equinozio.
Giancarlo Lungarini