Travolgenti “Supplici”

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Dopo essere comparso su ben quarantacinque spazi teatrali italiani, dal debutto del 2022, arriva finalmente a Milano al Teatro Elfo Puccini il bellissimo spettacolo SUPPLICI: un successo di pubblico e critica che gli ha meritato il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro nonché il Premio Hystrio – Twister. Produzione ATIR – realizzata in coproduzione con Nidodiragno/CMC e Teatro Due di Parma, regia di Serena Sinigaglia. Il dramma di Euripide, nella traduzione di Maddalena Giovannelli e Nicola Fogazzi, è nuovamente occasione per ricompattare in scena storiche attrici di ATIR – Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna e Sandra Zoccolan – coinvolgendo in collaborazione artistica Francesca Ciocchetti, Giorgia Senesi e Debora Zuin. Le sette attrici sono chiamate a impersonare le sette madri, coro di supplici, ma anche in fluida armoniosa plasticità di passaggio di ruolo, senza che se ne avverta la cesura, di volta in volta, i diversi personaggi che costellano la tragedia: Teseo, l’araldo tebano, Etra, Adrasto, il messaggero, il coro dei bimbi, Atena etc. Le supplici è una tragedia di Euripide rappresentata per la prima volta tra il 423 e 421 a.C. in cui si rappresentano le madri degli eroi uccisi nella guerra che Argo ha intentato contro Tebe, venute ad Atene per implorare Teseo che recuperi i cadaveri dei figli uccisi, che il tiranno Creonte non vuole restituire, impiegando ragione diplomatica, senza ricorrere alla guerra. Scrivendo in funzione patriottica questa tragedia, Euripide ricorda ai propri cittadini la grandezza di Atene confrontando la democrazia ateniese con la tirannide tebana: solo la democrazia garantisce la libertà. Ma è lo stesso Euripide, nel serrato scontro verbale tra Teseo e l’araldo tebano, a lasciar chiaramente trasparire i suoi dubbi sull’ideale sistema democratico che risulta poi, essere lontano nella reale attuazione. Pronunciando l’araldo i pensieri sulle lacune cui si presta il sistema democratico (troppe persone che comandano significa essere ondivaghi, difendendo gli interessi ora dell’uno, ora dell’altro), non ci si stupisce che il drammaturgo possa virare verso posizioni non democratiche, anche se nell’elogio funebre finale per i morti in guerra – per tutti i morti, di tutte le guerre – Euripide manda chiara indicazione di antimilitarismo. Ne le Supplici, un unicum per l’antichità, l’uomo del terzo millennio si specchia per ritrovarvi la dolorosa riflessione sull’inutilità della violenza e della guerra, lo strazio di queste madri che se pur ottengono le spoglie degli amati figli, ripetono in conclusione: è andata bene e male! Abbiamo perso tutti…Repetita non iuvant, generando un senso di scoraggiamento verso il genere umano. La regista Serena Sinigaglia, tenendo conto di tutto questo, crea uno spettacolo di pregnante attualità, mescolando intelligentemente classico e contemporaneo: ne fa un rito collettivo che si fa perpetua memoria per i viventi, operato non casualmente da donne, capaci di un’intensità di movimenti che sin dall’ingresso riescono ad annichilire lo spettatore, rendendo ragione della potenza del Teatro, quello con la T maiuscola, vivendo in scena tutta la tensione della tragedia. La regista riesce, plasmando la docile bravura delle sette attrici, a rendere all’unisono il profondo senso tragico de le Supplici utilizzando corpo e voce di ognuna di esse che si fa uno e molteplice, per tornar poi a dividersi nuovamente. Adrasto, impersonato da Francesca Ciocchetti, è di una determinata intensità nel trovar accenti di straziante preghiera, nel richiedere quello che le ragioni del cuore subito dovrebbero concedere: pietisce senza tregua, mostrando sconfitta rassegnazione. Commovente nell’esitante incipit del dolente elogio funebre, che spezza, interrompe, per la forte commozione, in toccante ricordo dell’eroe Capaneo. Matilde Facheris, imprime al suo Messaggero toni quasi trasognati e ilari di ritrovata libertà e debordante felicità per la rocambolesca fuga nella narrazione della vittoriosa battaglia che, inebriandolo, lo fa quasi dimentico del dovere pietoso di riferire alle Supplici in attesa la sorte dei corpi dei figli. Assume invece accenti profetici e ispirati nel bambino che presagisce il riscatto e la visione dell’eroico futuro di nuova generazione d’eroi. Ifi, Re di Argo, è Maria Pilar Pérez Aspa, partecipe padre per la sorte della figlia Evadne che, ammutolito dalla sua decisione irrevocabile, si ammanta di dolorose considerazioni sulla necessità di vivere due volte, per evitare profonde e dolorose perdite. In armoniosa interazione domina la scena, il Teseo di Arianna Scommegna, in cui si ritrova facilmente ”il grande politico di turno”, altisonante e cinicamente e lucido calcolatore nel conseguire un disegno, con accenti vagamente dialettali, in ponderata saggezza di toni bonari e suscitanti consenso. Pur si fa partecipe, e di grande impatto, il fraseggio nelle dolenti considerazioni su Guerra e Grecia tutta, in un potente intersecare d’espressività fra antica oratoria e moderna ricerca del consenso. Ironica nel calcare accenti di populismo – ma ribadendo la legge del più forte – sciorinandoli in una ricchissima tavolozza di colori di voce. Giorgia Senesi è Etra inizialmente, avvolta in accenti premurosi, suadentemente sottile e diplomatica nel sottoporre al figlio Teseo la ragioni della ragione e cuore (dopo aver sentito quella politica di lui) sottilmente indirizzandolo e facendovi breccia. Impersona al termine Atena imperativa negli accenti, dal bellissimo canto; ma tutte cantano bene. Evadne, moglie di Capaneo, è Sandra Zoccolan, ispirata, bruciata da una fiamma che raggiunge toni strazianti – mentre si celebra il rito funebre dell’amato – nelle ragioni che la spingono sulla pira del marito decidendo di morire insieme a lui. L’araldo tebano di Debora Zuin, puntuto e saltellante in toni di voce, sferrare satira sulla democrazia, per farsi poi profondamente lucido in riflessioni che non lascian spazio a contraddizioni. Scene di Maria Spazzi che, attorno a un masso centrale, crea suscitate ambientazioni emergenti da un indistinto e primordiale buio. Costumi fascinosi quanto evocativamente appropriati di Katarina Vukcevic, luci fondamentali di Alessandro Verazzi e musiche sferzanti e intrigante sound design di Lorenzo Crippa. Cori a cura di Francesca Della Monica, che si fanno struggente partecipazione sulla bocca dei “perdenti”. Immancabile scioglimento della tensione dell’incantato pubblico, in finale applauso liberatorio d’intensa partecipazione. Fino al 23 marzo a Milano – Teatro Elfo Puccini. In tournée: 25 marzo – Gallarate (VA), 26 marzo – Magenta (MI), 28 marzo – Recanati (MC) e 30 marzo – Maniago (PN).

gF. Previtali Rosti

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