Trasposizione in farsa grottesca e musica d’una pochade francese al Vascello

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L’ultimo weekend di marzo s’è chiuso con la consueta ripristinata ora legale, che durerà fino all’ultima domenica di Ottobre, nonché qualcosa che difficilmente ci capita di vedere a teatro quando viene programmato l’allestimento di testi classici o moderni, che ormai abbiamo conosciuto in grande mole con una certa competenza pure per la nostra cultura professionale e la larga esperienza valutativa acquisita in chiave critica. Ebbene finalmente abbiamo scoperto un felice adattamento contemporaneo della ridanciana commedia sarcastica, surreale e paradossale della briosa vena umoristica transalpina del grande Maestro George Feydeau relativa ai sospetti, gelosie, insinuazioni e tradimenti coniugali con una ricca serie di adulteri fedifraghi e corna, che si ricollegano alla boccaccesca creazione di Molière, creatore della commedia francese rimandando via i castrati italiani, quelle voci bianche guidate dal primo assoluto di questi che era Tiberio Fiorilli. Qui il marito riceve una vocina, il “venticello della calunnia”, per dispetto d’un amante respinto o o d’un marito pieno di timori d’essere reso cervo, che la moglie ha una relazione sessuale con un altro uomo per cui comincia la ricerca di appurare la verità con una ludica corsa sfrenata dei personaggi, nascondendosi, cambiando d’abito ed identità , a seconda delle situazioni con un’iperbolica invenzione di bugie, menzogne e falsità, esprimendosi in un linguaggio contorto, confuso ed addirittura incomprensibile per il cameriere afflitto da soggezione per menomazione down e che si esprime con idiosincrasie sintattico – stilistiche, espressioni coacerve e smozzicate che nessuno capisce. La sarabanda dei personaggi avviene in maniera selvaggia e sconnessa sulla scena dove le porte delle case sono simbolizzate da una gigantesca ed imponente disposizione di cartoni policromatici che le fingono insieme alle finestre da cui alla fine un protagonista si getta, ma senza finire suicida. Alcuni tipi sono sani di mente, altri ingenui e “minus habens” per cui sulla scena è un frenetico e grottesco rincorrersi ed intrecciare le voci, tanto che in qualcuno la percezione della vicenda si può solo intuire ma non afferrare del tutto. A s’aggiunga la musica elettronica e dal vivo d’un complessino per cui la freschezza, gaiezza e divertissement della rappresentazione drammaturgica di Carmelo Rifici e Tindaro Granata è ancora maggiore. Le musiche sono state curate da Zeno Gabagli, mentre l’imponenza scenografica è di Guido Buganza. I due, pur rispettando il testo originale, gli imprimono un accentuato colore ed impatto scenico, sottolineando tuttavia proprio la sfrenata ludicità ilare , che ne estrae i singoli risvolti ed esalta in libertà assoluta dal contesto borghese della società illuminista francese i personaggi , valorizzando le donne che con Sir William Shakespeare avevano assunto il loro ruolo nel “Globe Theater”. In particolare, come affermavamo sopra,il lavoro del regista s’è poggiato principalmente sugli idiomi espressivi e le loro genericità, ambiguità,suscettibili di difficile interpretazione. Pertanto la farsa più che sull’infedeltà e litigiosità coniugali, si applica a sminuzzare, sviscerare ed ironizzare i linguaggi,che sarebbe bene indagare meglio con le critiche e comparazioni glottologiche. Contano non soltanto i rapporti umani nella piece, bensì i ritmi ed il senso effettivo, semiotico e la sagacia delle dizioni recitative del copione,Rispetto alle commedie di Shakespeare con la flemma e il simbolismo, doppio senso e comicità istrionica, qui l’orologio del meccanismo satirico è più frenetico ed integrale, smaliziato ed in crescendo parabolico,per cui si sale dal camaleontismo linguistico a ad un fantastico intrattenimento evasivo come la splendida scena finale in cui la ruota del palcoscenico gira meravigliosamente ed i protagonisti, che formano un ottimo cast sinergico, svolazzano su stessi avvolgendosi quali libellule. Ne risulta uno straordinario lavoro teatrale che mette in ridicolo la fauna umana, specie nelle sue classi più alte, a partire dalla borghesia che nacque nel Settecento con la celebre risposta della regina Caterina a chi le diceva che il popolo aveva fame “Date loro le brioches”.Tutte queste lamentele della plebe e del popolo minuto sarebbero sfociate nel giacobino “Cahiers de dolence “ che avrebbe portato alla Rivoluzione francese con la decapitazione di Luigi XVI e Maria Antonietta, per finire con la ghigliottina di Robespierre che si considerava una divinità assoluta emblema della dea Ragione. Nel 1791 sarebbe nata la Costituzione Monarchica fino al secondo Impero di Napoleone e sarebbe poi entrata in vigore la Prima Repubblica dopo l’Impero franco- prussiano di Guglielmo I ed Otto Von Bismark. Dunque lo spettacolo che sarà replicato fino a domenica prossima al Vascello merita di essere visto e gustato nel suo riuscito e sorprendente adattamento.

Giancarlo Lungarini

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