Poche volte nel nostro lavoro di critico culturale ed in particolare teatrale lasciando da parte per la circostanza ilp iano artistico,ci capita di vedere degli spettacoli di cui non conosciamo l’autore e non sappiamo il suo orientamento politico e concettuale per cui c’ha fatto veramente contenti la possibilità di autore a noi del tutto ignoto con il suo spettacolo che fino al 17 aprile sarà programmato dallo Stabile di Roma. Si tratta di “Ho paura torero” di Pedro Lemembel che fu uno scrittore occasionale,non chiamato per vocazione naturale a questo ruolo, ma stimolato dal regime militare del generale Pinochet, che tenne il pugno duro in Cile dal settembre del 1973, quando il medico Allende per non cadere nelle mani dei militari si sparò nel palazzo de “La Moneda”, con la testimonianza epica e struggente della figlia Isabel .Il periodo brutto per il Cile, che Lemembel fotografa narrativamente a tutto campo,arrivò fino al marzo del 1990 ed in questo frangente nello Stadio di Santiago l’Italia vinse la prima Coppa Davis del tennis, rifulgendo gloriosi campioni quali Panatta, Pietrangeli e Barazzutti. La visione del narratore non è tuttavia soltanto di condanna dell’autoritarismo del generale, ma si rispecchiano anche i valori e principi che animavano la popolazione lacerata e travagliata per i criteri di vita, ma anche nei rapporti giornalieri sui posti di lavoro e nelle relazioni personali.Pertanto la scena imponente di Guia Buzzi è costruita su due livelli rialzati, due soppalchi , a guisa delle cuccette ferroviarie : sul più alto v’è il generale Pinochet disteso a prendere il sole, mentre la consorte donna Lucia lo circuisce a più riprese per indurlo a possederla e farla felice , concupendola per la sua bellezza e rispettando i doveri coniugali .Sotto si vive invece l a vicenda sentimentale de “La Fata dell’angolo”che canta ilsuoEros passionale, promiscuo e del medesimo genere omosessuale per il cubano Carlos, che è l’oggetto del desiderio per questa “queer”,che lo straordinario Lino Guanciale interpreta da par suo quale Fata istrionica e seducente. Siamo nella primavera del 1986 con la metropoli in preda alle fiamme controllata dalle forze di sicurezza che nel finale reprimono l’insurrezione popolare. Sono quattro personaggi che dominano a turno con le loro passioni la scena nel clima incandescente, languido e malaticcio di Santiago in cui, parallelamente all’Argentina dei militari Alfonsin e Videla, vigono lo stato d’assedio e la mancanza della libertà, con la legge del più forte e la dittatura .Ecco perciò il timore della Fata dell’angolo un parassita travestito, alla maniera della brasiliana dove per una trappola ordita da un gruppetto di Carabinieri che macchiarono l’onore dell’Arma fu trovato l’ex presidente della Regione Lazio il giornalista RAI Piero Marrazzo rientrato in RAI come corrispondente da Gerusalemme e che ora si gode la sacrosanta pensione. Sono un racconto cinico e spregiudicato,emotivo ed irritato,rumorose e di forte impatto visivo le pagine di”Ho paura torero che stasera il tuo sorriso svanisca” come cruda profezia tragica della Fata sulla triste sorte del matador nell’arena alle “cinque de la tarde”come l’abbrutimento assolutista dei connazionali del premio Nobel Pablo Neruda e dei musicisti Intillimani fino al marzo del 1990.Il regista Claudio Longhi ed il perfetto passionale di Lino Guanciale nei panni della maga ne fanno una perfetta trasposizione scenica di storie intrecciate tra loro come in un gioco di “matrioska” od ombre cinesi, in cui malinconicamente soccombe la Fata presaga, che si rassegna a restare in Cile e non seguire Carlos nella castrista Cuba in cui c’è la rivoluzionaria libertà. Un romanzo della letteratura del Sud – America descritta tra Storia reale, illusioni e fantasia,onirica evasione e violenza quotidiana di regime,composta dall’umore appassionato e trasognante,sarcastico, pungente e beffardo, sovversivo e quindi scandaloso, sfidando la tirannide oppressiva di quel generale Augusto Josè Ramòn Pinochet Ugarte che è perfettamente interpretato dal sussiegoso ed impettito Mario Pirrello con la moglie passionale e seducente tratteggiata da Sara Putignano. La psicologica trasposizione teatrale di fotografia d’un dato momento storico senza la “Quarta Parete” con gli attori che entrano ed escono di corsa dai corridoi del teatro, a simboleggiare la confusione ed il trambusto di quell’epoca in Cile,è stata curata dall’oculata scrupolosità di Alejandro Tantanian per 185 minuti di coinvolgente spettacolo di marca storica e visionaria. Lo scrittore Lamembel , vissuto tra il 1952 ed il 2015, è entrato a buon diritto a far parte della nostra gnoseologia culturale , arricchendo il nostro scibile letterario internazionale e classico,con il suo scritto legato all’identità queer e “pop camp” del Sud del mondo. Il testo sulla base prioritaria della lotta politica enuncia il concetto ed il fatidico istinto del piacevole desiderio passionale che trasporta il travestito di Guanciale ed il patriottico militante Carlos del Fronte Manuel Rodriguez con lo spirito di trionfale affermazione, simile a quello che venerdì è stato trasmesso nella manifestazione femminile a “La Sapienza” contro l’uccisione proditoria e maschilista, per una falsa e spietata gelosia possessiva, delle povere ed innocenti ragazze trucidate da due ragazzi immaturi e disadattati : Sara Campanella ed Ylenia, con le madri degli assassini forse responsabili di favoreggiamento verso i figli come sospetta la Procura e questo sarebbe ancor più intollerabile e grave, oltre a non aver dato loro la giusta formazione pedagogica. Il lavoro, come detto sopra,è ricco di spunti e riflessioni storico- sensitive , umanitarie e sentimentali, per cui va visto all’Argentina fino al prossimo Giovedì Santo.
Giancarlo Lungarini