Improvvisamente l’estate scorsa (Suddenly, Last Summer), scritto da Tennessee Williams, andò in scena all’ Off-Broadway il 7 gennaio 1958 come secondo spettacolo di una serata che prevedeva un’altro lavoro dello scrittore, Something Unspoken; la pièce teatrale acquisì mondiale notorietà l’anno successivo quando il regista Joseph L. Mankiewicz ne trasse un’ avvincente edizione cinematografica, con un cast stellare di interpreti. Il film, basato sulla febbrile sceneggiatura di Gore Vidal, sbalzata dalla travolgente interpretazione di Katharine Hepburn, contrapposta alla magnetica Liz Taylor, valse alle due superbe interpreti la nomination agli Oscar dell’edizione 1960, per la miglior attrice protagonista. Il linguaggio di Williams, tra realismo e naturalismo dalla forte violenza, si coagula in un dramma carico di simboli e visioni che segue la falsariga di un noir psicologico in un vortice di asfissiante violenza e continua, ininterrotta tensione. Tennessee Williams, pseudonimo di Thomas Lanier, nelle sue opere attinge i motivi della sua scrittura volgendosi alla decadenza di un’America, esteriormente permeata dai tratti tipici del puritanesimo, in realtà profondamente corrotta, con un sostrato ossessivo verso il sesso che raggiunge tratti di pura patologia. La famiglia, la passione per l’arte, la malattia sono i temi dalle radici autobiografiche, in quel Sud degli Stati Uniti in cui Williams era nato, luogo elettivo delle sue opere. Il testo mette a confronto, in una battaglia senza esclusione di colpi, la giovane Catharine Holly alla zia Violet Venable. La bella Catharine, in cura in un istituto per malattie mentali, soffre di violenti disturbi emotivi dopo essere stata testimone dell’atroce morte del cugino Sebastian, durante un viaggio in Spagna. La tirannica Violet, madre di Sebastian, determinata a far tacere la nipote con ogni mezzo, cerca di influenzare il dottor Cukrowicz, giovane neurochirurgo, a porre fine alle allucinazioni della ragazza, lesive della reputazione e della memoria del figlio. Sarà lo psichiatra, tipico esempio dei ‘gentili sconosciuti’ del teatro di Williams, a fare in modo che Catharine possa raccontare, utilizzando il siero della verità, a rivivere davanti a tutta la famiglia riunita, l’atroce resoconto della morte. A detta dello stesso scrittore, Improvvisamente l’estate scorsa è forse il più poetico dei lavori scritti, ma sicuramente per quei tempi, questa storia di menzogne e omofobia era una sfida all’America puritana. Il teatro di Tennessee Williams ha goduto, in Italia, di grande attenzione e frequenza per il livello di registi e attori che l’hanno portato a notorietà. Basti citare Giorgio Strehler che porta al Piccolo Estate e fumo con Santuccio e la Brignone nel 1950, mentre Luchino Visconti in ben due edizioni (1949 all’Eliseo di Roma e 1951 al Nuovo Milano) mette in scena Un tram che si chiama desiderio, interpreti Gassman e Mastroianni, accanto alla Morelli prima e sempre Mastroianni ma con la Falk, nella seconda edizione. Doveroso ricordare le prove di Mariangela Melato diretta nel 1993 da Elio de Capitani e quella di Laura Marinoni, regista Antonio Latella del 2012. Ed è l’attrice milanese che ritroviamo in questa edizione di Improvvisamente l’estate scorsa prodotta da LAC Lugano – in coproduzione con Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano – nella traduzione di Monica Capuani, regia di Stefano Cordella. Laura Marinoni, attrice poliedrica, fa di Violet Venable una donna vibrante e volitiva ma da cui traspaiono i tratti angosciati che la minano, velati sotto una cortina di sicurezza e fermezza: il suo dire è plastico e febbrile, evocativo, declinato in mille sfaccettature di colori di voce e passionale fraseggio, stregato dalla capacità di immettersi nei panni del figlio, di quel figlio artista che le riempiva la vita. Madre dolcemente ammorbante che non vuole recidere il cordone amoroso, ancor più devastante perché ricorre ai toni di un’intransigente blandizie. Di pari eccellenza drammatica, dopo l’iniziale scontrosa scorbutichezza, Di grande livello interpretativo, Leda Kreider intensamente compresa nel ruolo di Catharine Holly: agghiacciante nell’incalzare angoscioso del rivissuto della morte di Sebastian, tiene la platea attanagliata e col fiato sospeso. Edoardo Ribatto, intenso e lucido nel distaccato osservare e obiettivo giudice degli accadimenti, è un Dr. Cukrowicz dal timbro pastoso e ben impostato. Elena Callegari, una Mrs. Holly terrorizzata dal comportamento della figlia e dalle conseguenze che ne possono venire. George giovanile e grezzo nello smaccato interesse per i soldi quello di Ion Donà. Scene di Guido Buganza, con un efficace coup de théâtre dell’apparizione di Catherine, a rimozione di quell’idea di villa e suo lussureggiante giardino tropicale che a tratti era stato ricreato, si trasforma in automobile, ferma e squassata, facile rappresentazione dell’animo di Catherine in cui è rinchiusa. Si fa poi palcoscenico della memoria per tornare, in drammatico incalzare, a rivivere la scena del trauma di quel funesto giorno, per svelare cosa sia successo l’estate scorsa…La trascinante regia di Stefano Cordella, con visionario realismo denso d’immagini, rimanda palpabili vibrazioni drammatiche e liriche al contempo, esaltate da musiche e suoni di Gianluca Agostini, luci di Marzio Picchetti, e da corpi appropriatamente rivestiti da Ilaria Ariemme. Gli spazi e le scarnificanti parole sono modulate all’unisono, generando dinamiche ossessive, tra incubo e struggimento: impossibile non esserne travolti. Accoglienza trionfale per Laura Marinoni e Leda Kreider, che ha coinvolto gli altri attori della compagnia e gli artefici della messinscena. Al Teatro Carcano di Milano, fino all’11 maggio.
gF. Previtali Rosti