Branciaroli è l’ebreo Kaufmann

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Il caso Kauffmann è il nuovo spettacolo che, trainato dalla potente personalità di Franco Branciaroli, è in tournée nei principali teatri italiani. Una produzione del Centro Teatrale Bresciano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Fondazione Atlantide – Teatro Stabile di Verona, Il Parioli, che ha debuttato in prima nazionale a Brescia, al Teatro Sociale nello scorso ottobre. Vera la storia dell’ebreo Leo Katzenberger, ingiustamente accusato di “inquinamento della razza” per aver intrattenuto una relazione con Irene Seidel, ariana. Il caso Kaufmann è un romanzo scritto da Giovanni Grasso, cui sono arrisi diversi premi tra cui il Capalbio nel 2019, da cui è stata ricavata la trasposizione teatrale. La scena si apre sulle inferriate di una cella di massima sicurezza nel carcere di Stadelheim, a Monaco di Baviera, in cui uno straniato e pur rassegnato Leo Kaufmann attende la condanna a morte, nonostante le inconsistenti prove di colpevolezza. La Corte di Norimberga ha decretato, manipolando l’interpretazione delle leggi, l’esistenza di una relazione sessuale tra l’anziano ebreo e la giovane donna. L’ultima volontà di Kaufmann è avere un colloquio con Padre Höfer, cappellano del carcere, e far pervenire a Irene i suoi ultimi pensieri. Al sacerdote cattolico, il condannato, fa scorrere il racconto della propria vita tra considerazioni sull’ingiustizia patita, l’odio gratuito di cui è stato fatto oggetto ma anche sulla mediocrità e insignificanza della sua esistenza. Lo scrittore Giovanni Grasso sceglie, con intuito, di metterci davanti al clima che regna in Germania nel 1941 e, scorrendo a ritroso, per descriverne le temperie politiche e umane che hanno permesso l’ascesa al potere della barbarie, corroborando la tesi di Hannah Arendt sulla vocazione fondamentale dei regimi totalitari: il terrore che spezza la volontà individuale così da uniformarla al volere del sistema, per essere considerato un “leale cittadino” e non un nemico interno. Non saranno quindi mai abbastanza le occasioni di assistere a testi teatrali per ricordare la “banalità del male” sconfiggendo quell’indifferenza causa prima delle ostilità e discriminazioni che s’insinuano in ogni società, minandone il tessuto. Così una relazione caratterizzata da una comunità d’intenti, sfocia nella delazione, nella sadica immaginazione di amplessi mai avvenuti, trasformata in sovversiva storia d’amore. Franco Branciaroli riveste, o per meglio dire vive, il personaggio di Leo Kaufmann con tutta la partecipazione umana di cui lo sappiamo capace, sferra una concitata modulazione di voce che a tratti si fa stridula, a esprimere apprensione e angoscia di una vittima sacrificale che non vede la “bontà” e l’utilità del suo sacrificio, non avendo di che redimersi da una colpa che, magari! avesse compiuto. Morte insulsa, di una vita insignificante…Cambia intonazioni, accelerando all’improvviso, travolto dalle passioni che non sa più dominare: ci sguazza come se respirasse, la sua recitazione scavalca la scena per diventare e superare la realtà. Pur mostra fermezza e la tipica codardia di un vecchio, che pur ha  coscienza di appartenere al regno delle ombre. Ebreo nato e tale vuol morire, ma la fede vacilla; si fa allora febbrile nel raccontare e lucido nell’analisi degli accadimenti e nelle considerazioni della “durezza” del suo Dio in comparazione al Cristo. Tenero, e non solo dell’affetto di un padre, nei confronti di Irene, che gli ha regalato un nuovo motivo di vivere. Viola Graziosi fa di Irene Seidel una figura piena di vita e di luce; mantenendo una recitazione brillante comunica il desiderio della scoperta della vita in ogni suo aspetto, la meraviglia della conoscenza, lo stupore dell’incontro con l’altro. Profondamente cosciente della condizione di essere “superiore”, ci si veste non per vanto ma per non soggiacere alla meschinità del vivere comune. Libera nel giudizio dei sentimenti, scopre in Leo Kaufmann una miniera cui attingere per maturare la sua esistenza. Graziano Piazza efficace nei panni di Padre Höfer, cappellano che con il suo paziente ascolto scevro da giudizi o sovrapposizioni falsamente religiose, contribuisce a portare la pièce a un piano più profondo. Franca Penone la portinaia dalla voce puntuta ed espressiva, è l’esatta personificazione dell’opportunistica indifferente “mediocritas” che permise l’ascesa del potere tirannico, cui il testo mette in bocca perle di saggezza di banale qualunquismo. Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin e Andrea Bonella completavano degnamente il cast. La regia di Piero Maccarinelli pregnante quando si focalizza sulla figura del condannato, non riesce a mantenere lo stesso livello di tensione negli altri momenti, diluendosi e diramandosi quando spazia sul nazismo. Scene di Domenico Franchi, luci fascinose di Cesare Agoni, musiche pertinenti di Antonio Di Pofi
costumi di Gianluca Sbicca. Accoglienza calorosa per la compagnia, entusiastica per Franco Branciaroli. Al Piccolo Teatro Grassi di Milano, fino al 18 maggio.

gF. Previtali Rosti

Foto Umberto Favretto

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