Intervista a Marilena Sutera: artista e docente di Tecniche dell’Incisione e della Serigrafia

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Nata nelle Marche nel 1959, Marilena Sutera è un’artista e docente che dedica la sua vita alla ricerca e all’insegnamento delle arti visive. Diplomata in pittura, si è specializzata nella tecnica dell’acquarello. La sua pratica si è poi focalizzata sull’incisione ad acquaforte. Oggi è docente di Tecniche dell’Incisione e della Serigrafia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. La abbiamo incontrata per conoscere più da vicino il suo percorso artistico, le sue ricerche e il modo in cui attraversa – e fa attraversare ai suoi studenti – i confini tra tecnica, sperimentazione e visione. Il 21 giugno, parteciperà nuovamente ad “Attraversamenti”, la rassegna di eventi che includono teatro, musica, danza, teologia, arte ed economia, promossa dal Parco Archeologico dell’Appia Antica e Teatri di Pietra. Al fianco della sua collega di Scultura Alessandra Porfidia, l’intervento di Marilena Sutera sarà rappresentato dall’esposizione “Dissemin’ARTE”, realizzata in collaborazione con gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Roma.

Come è iniziato il suo percorso artistico e cosa l’ha avvicinata all’ambito della pittura, della stampa serigrafica e calcografica?

Il mio percorso artistico è iniziato nel momento in cui scelsi, a Firenze, di abbandonare gli studi universitari presso la facoltà di storia dell’arte per iscrivermi all’Accademia di Belle Arti. In questa scelta ho avuto il sostegno di mio padre che apparteneva ad una famiglia di scultori di grande valore. Avevo capito che esprimermi attraverso le arti figurative era ciò di cui avevo più bisogno. Iniziai a frequentare l’aula di pittura di un professore, molto classico, che mi ha avviato alla conoscenza delle regole della tavolozza dei grandi maestri ed anche a un disegno rigoroso. Le tecniche dell’incisione le ho conosciute in Accademia, e le ho approfondite alla Scuola Internazionale di Arte Grafica “Il Bisonte” di Firenze, specializzazione che ha segnato poi per sempre il mio percorso. Nel frattempo non ho ho mai abbandonato la pittura. La produzione di acqueforti è molto ampia ed i temi sono vari, l’Etna, i Leoni di pietra, Storie di miti e narrazioni fiabesche. Ero sempre molto affascinata dalla possibilità di incidere un segno di cui la carta ti restituisce il senso. Il rapporto tra carta e segno è ciò che più attrae nelle tecniche di stampa, anche nella serigrafia, nella quale il colore prevale sul segno e viene disteso sulla carta. Spesso unisco le due tecniche, con l’intento di far dialogare figure leggere con i segni profondi dell’incisione.

Come descriverebbe la sua ricerca espressiva a chi non ha mai visto una sua opera?

Nei temi affrontati, è andato sempre più delineandosi un racconto autoreferenziale nel quale la figura femminile è protagonista e rappresentata attraverso l’uso di varie tecniche, acquaforte tradizionale, serigrafia, pittura su tavola, e tecniche miste varie in cui segno, forme e colore dialogano insieme. E’ una donna che si relaziona con spazi ambigui. Una donna “Fuori centro”, come narra il titolo di una mia mostra personale a Milano. Spesso è sola, a volte insieme ad altre, come nell’opera “Le vestali” ma è comunque una figura sacra. Questa donna è da incoronare, come nelle “Incoronazioni” e poi diventa madre migrante, perseguitata, segno dei tempi, ma sacra. Si identifica in un simbolo, una coppa, quello del video di “Forma mater”, che accoglie, tra lamenti, goccia dopo goccia, tanta acqua fino a fuoriuscirne dai bordi.

Che cosa significa oggi insegnare le tecniche dell’incisione e della serigrafia in un mondo dominato dal digitale?

Comporta un forte senso di responsabilità. Insegnando, il messaggio che vorrei dare è di quanto sia importante conoscere queste tecniche e come la conoscenza della loro pratica arricchisca moltissimo l’esperienza del digitale. Del resto, in Accademia constatiamo come gli stessi studenti siano molto contenti di affrontare l’acquaforte, la serigrafia, la litografia e la xilografia, perché attraverso queste tecniche recuperano un piacere, direi fisico, del “fare” con le proprie mani, dovendo avere un rapporto diretto con materiali come carta, inchiostri, vernici e colori.

Che tipo di dialogo c’è tra le tecniche tradizionali e quelle contemporanee nelle sue lezioni?

C’è un dialogo costante. In particolare alcuni aspetti della serigrafia, ma anche alcuni nuovi metodi di tecniche di stampa tradizionali, sono strettamente connesse al digitale e dunque convivono integrandosi.

Parliamo della collaborazione decennale tra Teatri di Pietra e la sua produzione artistica, declinata in site specific e con progettualità aderente alla contaminazione delle arti performative.

L’incontro con Teatri di Pietra è avvenuto nel 2005 con un progetto di Federdanza sulla Danza Pittura che prevedeva una collaborazione tra un artista visivo ed un coreografo, abbiamo così presentato uno spettacolo nel Museo Archeologico di Malborghetto. Da quel momento si sono succedute altre esperienze performative nelle quali la danza s’integrava all’opera visiva tra cui Levitazioni 2010, galleria “Il Marzocco” Roma, Vestales 2012, Castelnuovo di Porto, Viriditas 2017, Separazione e ritorno, 2019 AAIE Gallery Roma, Forma mater 2023 Comune di Manciano (Grosseto).

Con quale progetto partecipa quest’anno ad “Attraversamenti” insieme agli alunni dell’Accademia?

Nella performance “Il divino labirinto, delle cause e degli effetti” interagiranno tre discipline: la scultura, la serigrafia e la danza. Nello spazio del Mausoleo di Cecilia Metella saranno collocate alcune opere degli studenti della collega di Scultura, professoressa Alessandra Porfidia. I danzatori si muoveranno tra le sculture, svolgendo alcune strisce di tessuto sulle quali sono state stampate in serigrafia immagini di labirinto, ciascuna striscia è ideata da un allievo del corso di Serigrafia.

In che modo i suoi progetti promuovono un tipo di “cultura sostenibile” fondata sul rispetto dell’ecologia?

In Accademia, ormai da diverso tempo, si cerca di promuovere una “cultura sostenibile” e credo che siano proprio gli studenti, per primi, a volerla sostenere. Essi stessi evidenziano una forte attenzione per la natura ed in generale per l’ambiente in cui vivono, sia per la scelta dei temi proposti che vanno spesso ad indagare, in modo molto approfondito, dettagli del mondo naturale, sia per l’uso di materiali spesso riciclati o di materiali fatti da componenti naturali anzichè chimici. Le sculture della nostra ultima performance sono state realizzate tutte con materiali da riciclo, così come le basi dei colori serigrafici usati per il tessuto, sono naturali.

Mi racconti della sua collaborazione con il coreografo Aurelio Gatti in performance di pittura-danza.

La collaborazione con Teatri di Pietra, ed in particolare con il maestro Aurelio Gatti, ha rappresentato sempre, un momento importante per la mia crescita artistica. Ogni incontro comportava un necessario confronto di più discipline come il teatro, la danza, la pittura, le tecniche installative. Ogni volta si richiedevano nuove soluzioni creative. Ma ciò che secondo me ha consolidato nel tempo la nostra collaborazione, è la consonanza nei temi ed anche il modo in cui questi venivano affrontati. Spesso i contenuti che riuscivo a percepire dall’arte di Aurelio, mi hanno profondamente toccato e sollecitato verso nuovi spunti. Altre volte invece i miei temi hanno ispirato le sue coreografie.

Qual è il lavoro sperimentale di un alunno che la ha particolarmente colpita durante un suo corso?

Potrei parlare del lavoro di Giulia Messina ”Un letto vuoto”, realizzato con carta fatta a mano con la fibra di una pianta e riciclando le bustine del tè sulle quali sono state serigrafate forme fetali. Le bustine poi sono state ricucite insieme ai fogli di carta, formando una composizione circolare che ricorda un grembo e l’atto della nascita.

Livia Filippi

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