Eugenio Finardi: la tecnologia ci farà riscoprire l’anima

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La carriera di un artista è un viaggio che non conosce soste. Non ha confini, non ha fine: è un cammino che continua a intrecciarsi con la vita stessa, con i suoi misteri, con le sue ferite e le sue rivelazioni. Dopo mezzo secolo di musica vissuta intensamente, Eugenio Finardi torna con un album che racchiude la sua visione più matura in una sola parola: Tutto.

Un titolo che richiama quasi naturalmente, il pensiero di Hegel: il Tutto, per manifestarsi, deve attraversare il mondo e calarsi nella materia, per poi riemergere più consapevole. E così accade anche a noi: la coscienza, il pensiero, l’arte sono i luoghi in cui questo “Assoluto” prende forma e diventa esperienza viva.

Per Finardi, il Tutto è la ricerca di ciò che completa l’uomo. È la certezza che gli istinti da soli non bastano, che non siamo soltanto corpo e materia. Per trovare senso dobbiamo ricongiungerci con la parte più profonda di noi stessi, quella spirituale, intuitiva, invisibile agli occhi ma essenziale.

Questo disco, allora, non è soltanto musica. È un ponte verso l’Assoluto, una riflessione sull’esistenza e sulle sue infinite sfumature. È un invito ad ascoltare il nostro silenzio interiore, a riscoprire l’essenza che ci tiene vivi. Perché, nonostante la potenza della tecnologia, ciò che conta davvero rimane immutabile: la vita autentica, la relazione con gli altri, l’amore come scelta quotidiana per resistere al caos.

In undici brani Finardi non guarda indietro con nostalgia, ma si protende in avanti. Parla di futuro, di evoluzione del pensiero, di creatività. Ci spinge a riconoscerci per quello che siamo: fragili e potenti, effimeri eppure sconfinati. Nel singolo Futuro si riallaccia alla sua celebre “Extraterrestre”, e la conclusione è ricca di consapevolezza: gli alieni non sono mai arrivati e di conseguenza non dobbiamo aspettare salvezze che vengano da fuori. Sta a noi prenderci cura del nostro mondo, con responsabilità e coraggio. La nascita di questo ultimo lavoro è stata essa stessa un’avventura. Sei mesi di lavoro ispirati dall’etica lavorativa e creativa dei Beatles, condivisi con Giovanni “Giuvazza” Maggiore, compagno di viaggio e al suo fianco da oltre quattordici anni. Il risultato non è un semplice album, ma un’opera necessaria, che diventa un atto di consapevolezza: un richiamo a ciò che ci rende davvero vivi.

Le riflessioni di Eugenio Finardi, riportate in questo testo, sono le sue dichiarazioni rilasciate in occasione della conferenza stampa per la presentazione dell’album TUTTO.

Dopo cinquant’anni di carriera, il suo universo interiore si condensa in un titolo che è un orizzonte senza confini: Tutto. È un punto d’arrivo e, al tempo stesso, un nuovo inizio. Un termine che racchiude una profonda e matura consapevolezza, perché “a 72 anni inizi a ragionare su quello che conta, su quello che succede, su tutto quello che ti accade, che hai vissuto e che naturalmente devi ancora vivere“.

In questa ricerca di se stesso, l’artista si immerge in una riflessione profonda che fa dialogare la sua vita e il suo percorso artistico con un Tutto universale. “Ti rendi conto che sei solo un piccolissimo gesto in una danza gigantesca, immensa. Duriamo un nulla, eppure abbiamo il dono di capire questa danza: è il più grande dono che l’evoluzione ci ha dato“. È da questa consapevolezza che si deve ripartire per migliorare i nostri orizzonti: “non siamo padroni del mondo ma parte di esso. Che la nostra fragilità non è un limite, ma il luogo da cui nasce la nostra forza più autentica“.

Ma come si racconta un’emozione così grande?

Per Finardi, semplicemente “non si può. Si deve accettare“. E con un riferimento alla letteratura che dimostra la sua sensibilità, ricorda che persino Dante, “principe delle parole, quando arriva davanti al divino trova vibrazione, luce, suono dei celesti… eppure perde la parola“. Ed è proprio questo il compito della musica oggi: “un tentativo continuo di andare oltre il limite del linguaggio, di dare voce a questa danza segreta che ci contiene tutti“.

La danza metaforica a cui si riferisce indica il continuo della vita, che incessante non si ferma, non si blocca a comando, ma sta a noi cercare di tenere il passo, di essere disposti a perdere qualcosa per indirizzarci verso il bene comune. È nella rinuncia all’egoismo che il nostro passo si accorda con quello degli altri, trovando un ritmo che non è più solo nostro ma è lo stesso degli altri uomini.

Le sue parole si fanno poi attuali, toccando temi che da sempre interrogano la sua musica. Parlando del singolo Futuro, racconta che “sono passati cinquant’anni dal suo celebre brano extraterrestre e gli alieni non sono mai arrivati“, e il messaggio è chiaro: “invece di attendere salvezze esterne, dobbiamo imparare a prenderci cura del nostro mondo e affrontare con responsabilità i problemi che ci affliggono.” Non c’è amarezza nelle sue parole ma solo una lucida “consapevolezza“. “Ogni volta che piove, diluvia. E noi continuiamo a perderci in lotte da condominio”. Questa è un’amara considerazione che, nella sua semplicità, biasima tristemente l’essere umano per la sua incapacità di pensare al prossimo.

Ma allora come può l’uomo ambire all’autoconsapevolezza di sé stessi?

Finardi risponde che lo scopo finale dell’uomo deve essere indirizzato “alla salvezza” e si “deve comprendere che ogni nostro gesto, ogni scelta, ogni passo che facciamo dovrebbe tendere a preservare ciò che ci rende umani, a prenderci cura di noi stessi e degli altri, a coltivare ciò che ci unisce e ci rende vivi“.

Eppure, in questo quadro, il futuro non è solo una minaccia. Finardi vede nella tecnologia un’alleata inaspettata: “Credo che la tecnologia ci aiuterà a uscire da alcuni guai in cui ci siamo infilati“. Un cambiamento che toccherà anche l’arte, dove “a un certo punto conterà il prompt. Gli artisti di domani non saranno i virtuosi, ma i visionari: quelli che sapranno scrivere i migliori prompt per creare opere digitali“. Ma anche in questa evoluzione, il compito dell’uomo è “riscoprire ciò che ci rende unici: la bellezza del contatto fisico, il potere dell’amore, la capacità di vivere le emozioni senza reprimerle. Questo è il nostro ‘Tutto‘”.

Le parole di Finardi per la presentazione del suo ultimo lavoro discografico lasciano il segno come la sua musica. Schiaccio play, e sulle note di Futuro, il mio sguardo corre istintivamente al cielo, verso le stelle, come a cercare quell’astronave aliena che prometteva salvezza portandoci su un altro pianeta. Ma non ci sono alieni, non ci sono astronavi, forse la salvezza non verrà dall’alto. Forse, come suggerisce lui, il vero salvatore sarà proprio ciò che ci costringerà a ritrovare noi stessi: la bellezza del contatto umano, la forza dell’amore, la capacità di vivere le emozioni senza reprimerle. Essere umani significa questo. E forse è lì, in quella fragile e gigantesca danza, che si nasconde il nostro “Tutto”.

Max Cavallo

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