C’è chi davanti a una telecamera costruisce un personaggio, e chi invece sceglie il coraggio di mostrarsi per ciò che è: autentica, senza filtri. Marta D’Addato appartiene a questa seconda categoria, e i numeri parlano per lei: con 297.000 iscritti su YouTube, 910.000 su Instagram e ben 3,1 milioni su TikTok, si conferma una delle creator più seguite e amate della sua generazione. Un risultato straordinario per una giovane artista come lei.
Nei suoi video sa divertire, coinvolgere e trascinarci nel vortice dei trend più virali, ma è quando spalanca il suo mondo interiore, quando la sua voce si fa più intima e sincera, che riesce davvero a toccare il cuore di chi la ascolta. Ed è proprio nel suo podcast, “Piccola problematica”, che ha scelto di raccontare le sue parti più personali con un coraggio disarmante. In una di queste puntate, ha detto: “Fingo di non aver bisogno di aiuto e mi voglio mostrare forte“. Una frase che racconta una generazione intera: la forza apparente, la pazienza a volte infinita, il desiderio di reggere il mondo sulle proprie spalle, anche quando sarebbe più semplice lasciarsi andare. Non è un caso che tante ragazze e ragazzi abbiano trovato nelle sue parole un rifugio, uno spazio in cui riconoscere le proprie fragilità senza sentirsi sbagliati. Marta si mette in gioco, si racconta, e nel farlo diventa una presenza vicina che cammina accanto a loro, condividendo le stesse emozioni.
La nostalgia, la vulnerabilità, il coraggio di parlare di addii, di paure e di domande che tutti ci facciamo – “Oggi sono felice?” – fanno parte del suo racconto tanto quanto i video leggeri e spensierati. È questa capacità di muoversi tra ironia e profondità a renderla speciale: Marta non è solo una creatrice di contenuti, ma una narratrice del quotidiano, capace di trasformare la propria vita in un mosaico di emozioni condivise. Autentica, spontanea, a tratti disarmante nella sua sincerità, Marta D’Addato non ha bisogno di maschere per conquistare. È proprio la sua verità ad averla resa un punto di riferimento. Perché quando Marta parla, non racconta mai soltanto sé stessa: le sue parole diventano specchio e voce per tutti coloro che sanno ascoltarla e condividere le sue identiche emozioni.
Intervista a Marta D’Addato: “La mia autenticità è la chiave dei miei contenuti”.
Quando hai iniziato a creare contenuti, ti immaginavi che saresti arrivata a un pubblico così vasto?
“Ho iniziato a 13 anni e a quell’età non avevo idea di dove potesse portarmi, non immaginavo di arrivare ad avere la fortuna di connettermi con un pubblico così grande, lo facevo solo perché mi divertiva. Col tempo ho capito che mi piaceva davvero e che volevo impegnarmi di più, così ho iniziato a dargli più attenzione e a curare ogni dettaglio, dai contenuti al rapporto con la mia community”.
C’è stato un momento preciso in cui hai capito che il mondo dei Social sarebbe stato il tuo spazio creativo principale?
“Essere me stessa e condividerlo con gli altri è sempre stato parte di me, anche prima di fare video. Il momento in cui ho deciso di puntare tutto su questo, però, è arrivato a fine 2023. Venivo da due anni di confusione dopo la scuola, mi sentivo persa, senza una direzione e non trovavo più piacere nel creare. Piano piano ho ricominciato e mi sono ricordata quanto mi facesse stare bene”.
Sei un punto di riferimento per tantissime persone. Questa responsabilità ti pesa, o ti spinge a fare sempre di più?
“Non lo vivo come un peso. A volte quasi me ne dimentico, perché non mi sento diversa da chi mi segue. Anch’io ho i miei punti di riferimento, quindi mi fa strano pensare di esserlo per qualcun altro, ma mi riempie di gratitudine.
Forse è proprio questa la magia del rapporto con la mia community: ci sentiamo sullo stesso piano e ci aiutiamo a vicenda, perché anche loro aiutano tantissimo anche me”.
Come nasce di solito un tuo video? Da un’idea improvvisa o da un piano preciso?
Un po’ entrambe le cose. Ultimamente, per YouTube, mi ritaglio dei momenti in cui mi siedo senza stimoli esterni e lascio andare la mente per far arrivare le idee.
Per TikTok invece è tutto più spontaneo: magari mi viene un pensiero/un’idea in treno, in palestra o mentre sono con gli amici e penso “su questo potrei farci un TikTok”.
Quanto tempo dedichi alla preparazione di un contenuto rispetto al montaggio?
“È un processo lungo, soprattutto per YouTube.
Dall’idea alla pubblicazione ci sono tanti passaggi, e il montaggio è quello che richiede più tempo (dai 3 ai 5 giorni). È vero che sono anche un po’ pignola… se qualcosa non mi convince, anche solo un dettaglio, preferisco rimetterci mano finché non sono soddisfatta”.
Ti capita mai di scartare completamente un video perché non ti convince?
“Certo, succede. Non tutte le idee sono vincenti, se una non funziona semplicemente passo a quella dopo”.
Qual è stato il contenuto più difficile da realizzare?
“A livello tecnico direi “quello che deve ancora uscire”, perché cerco sempre di migliorarmi.
Emotivamente invece il video “Sono solo una ragazza”. L’ho registrato dopo un crollo emotivo durato più giorni, su consiglio della mia psicologa, solo per il piacere di farlo, senza pensare di pubblicarlo. È stato semplice da girare ma molto intenso da vivere, e per me è stato un passo importante”.
E quello che invece ti ha dato più soddisfazione?
“Il video “Provo le beauty routine più assurde di TikTok”. Era fuori dalla mia comfort zone e vederlo apprezzato mi ha dato tanta soddisfazione, perché ci avevo messo davvero cura e impegno”.
Molti tuoi video giocano con i trend virali. Cosa ti diverte di più nel reinterpretarli?
“Mi diverte provarli e scoprire perché siano così virali. Che si tratti di snack strani, beauty routine o ricette”.
Come scegli quali trend seguire e quali lasciare da parte?
“Scelgo solo ciò che sento davvero mio. Che sia un video, una foto o una collaborazione, deve rispecchiarmi e piacermi davvero”.
Qual è stato il trend più assurdo che ti sei trovata a provare?
Una beauty routine in cui bisognava mettere strati e strati di prodotti e aggeggi strani sul viso prima di dormire per svegliarsi con la pelle perfetta… è stata una nottata atroce.
“Il tuo podcast si chiama “Piccola problematica”, un titolo che sembra sdrammatizzare ma allo stesso tempo racchiude tanta verità. Quanto di Marta c’è in quel nome e cosa significa per te trasformare le tue ‘piccole problematiche’ in qualcosa che diventa voce e rifugio per chi ti ascolta?”
“È un nome che ho scelto con cura, dopo centinaia di altre idee, e credo mi rispecchi al 100%. “Piccola” perché, anche se sulla carta sono adulta, mi sento ancora piccola nel modo di vedere il mondo. “Problematica” perché racchiude in modo ironico i miei sbalzi d’umore.
Registrare Piccola problematica mi ha fatto capire quanto tutti abbiamo bisogno di sentirci capiti e ascoltati. A volte mi sento sola, ma ascoltare storie simili alle mie mi fa sentire meno isolata, e se riesco a dare la stessa sensazione a chi mi ascolta per me è bellissimo”.
Nei tuoi video personale sei sempre vera. Quanto è difficile bilanciare vita privata e contenuti pubblici?
“Non la vivo come una cosa complicata. Credo che non tutto vada condiviso, bello o brutto che sia, tante cose mi piace tenermele per me”.
Di solito c’è un momento in cui bisogna confrontarsi con la famiglia riguardo alle proprie scelte di vita. I tuoi genitori hanno sempre supportato il tuo percorso artistico?
“I miei genitori, essendo di un’altra generazione, sono molto lontani dal capire ciò che faccio, ma a modo loro mi supportano, e per me è già tantissimo”.
Se dovessi dare un voto alla tua infanzia, che voto daresti e perché?
“Dieci. È stata un periodo pieno di cose semplici ma indimenticabili: le giornate a scuola, le gite, le domeniche in campagna con la famiglia, le vacanze in posti bellissimi, le arrampicate sugli alberi, la caccia alle lucertole e alle cavallette con mia sorella, la vita insieme ai miei genitori quando erano ancora insieme, i pigiama party con le amiche di classe.
Sono molto nostalgica quindi ripenso spesso a questi momenti. Mi piace ricordami com’ero prima che arrivassero paure e giudizi, e da quella me bambina continuo a prendere ancora tanta ispirazione.
C’è un’emozione che hai imparato a conoscere meglio col tempo?
“La paura. Ha sempre provato a bloccarmi e convincermi di realtà inesistenti, riuscendoci molto spesso. Crescendo sto imparando a conviverci e a fare le cose che voglio nonostante la sua presenza”.
Hai mai avuto paura del tuo successo?
“Arrivarci non mi ha mai spaventato, mi ha sempre spaventato l’idea di non arrivarci”.
Qual è il tuo “luogo rifugio” dove ti senti davvero a casa?
“Non è un posto preciso. Dipende più da come sto io. A volte mi sento a casa anche lontano da casa, altre volte faccio fatica a sentirlo anche quando sono nella mia stanza”.
Il legame con la tua community è fortissimo: ti capita di incontrare i tuoi fan dal vivo? Se sì, qual è stato l’incontro che ti ha lasciato il ricordo più bello?
“Si mi capita spesso, ed è bellissimo. Non c’è un incontro in particolare, però mi tocca sempre tanto quando le persone mi vedono e il primo pensiero che hanno è quello di abbracciarmi e poi scoppiare a piangere. In quei momenti sento davvero il legame che abbiamo e mi fa sentire davvero di aver fatto qualcosa di buono”.
Anche se sei molto giovane, questa è una domanda che faccio a tutti gli artisti che intervisto. Se potessi incontrare la Marta da bambina, quella che sognava in silenzio nella sua stanza, e stringerle le mani, che cosa le diresti oggi?
Le confermerei quello che già crede di lei e le direi di continuare a crederlo.
Grazie Marta per la bella chiacchierata è stata davvero piacevole!
Grazie a te Max e un caro saluto ai lettori del Corriere dello Spettacolo.
Gandhi diceva: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Marta, con la sua intensa energia sembra aver fatto sua questa lezione, trasformandola in un punto fermo della sua vita. Un cambiamento che prima di tutto deve nascere dentro di noi. La sua forza più grande dimora in una scelta coraggiosa: essere autenticamente sé stessi. Condividendo i suoi sentimenti diventa amica, complice e modello positivo a cui ispirarsi dimostrando che la vera potenza risiede nella gentilezza e nella capacità di restare semplicemente veri ed umani.
Dopo aver concluso l’intervista, mentre torno in macchina, mi sono ritrovato a riflettere sul profondo significato del “sentirsi a casa”. Ho capito che le sue parole non si riferivano ad un luogo fisico, ma a quel mondo interiore con il quale dobbiamo spesso scontrarci e al tempo stesso dialogare per mostrare il lato migliore di noi. “A volte mi sento a casa anche lontano da casa, altre volte faccio fatica a sentirlo anche quando sono nella mia stanza”. In questa frase semplice e onesta si nasconde una verità profonda: la nostra vera casa è dentro di noi. E Marta, aprendosi con coraggio, ci ha mostrato come riconoscerla.
Max Cavallo
